Biden-Trump, il sequel

Che cosa faranno gli elettori che finora non hanno votato Trump (né Biden)?

Come si sposta ora la campagna elettorale, i risultati del Super Tuesday, i "double haters" e una sorpresa

Paola Peduzzi

Le primarie del 2024 sono politicamente chiuse, la sfidante repubblicana Nikki Haley si è ritirata e non ha dato il suo sostegno a Trump. I suoi risultati mostrano le vulnerabilità dell'ex presidente, che non vanno enfatizzate ma comprese

Nikki Haley si è ritirata dalle primarie dei repubblicani americani, che quindi politicamente si chiudono dopo il Super Tuesday meno eccitante della storia. Le presidenziali degli Stati Uniti del 2024, il 5 novembre, saranno un sequel del 2020, il presidente Joe Biden contro l’ex presidente Donald Trump, di fatto la sfida tra due incumbent ottantenni. I commentatori si industriano per trovare degli elementi di novità, perché temono che dibattiti televisivi e convention quest’anno siano un deserto d’attenzione, ma a parte che sono passati quattro anni, che le ostilità tra democratici e repubblicani non sono diminuite, che i processi a Trump si sono moltiplicati ma sono anche stati posticipati, per ora la domanda principale è: chi non ha votato Trump alle primarie lo voterà a novembre?

Nikki Haley si è ritirata senza dare il suo endorsement al candidato repubblicano: ha vinto soltanto in due stati, Washington DC e Vermont, ma ha racimolato più voti di quanto ci si aspettasse anche negli stati in cui lo schiacciasassi trumpiano ha avuto successo. Probabilmente ci sono stati errori nelle attese – in Vermont Trump era dato al 61 per cento e ha perso – e in alcune primarie non serviva essere iscritti ai registri repubblicani per votare, ma in ogni caso è emerso, anche al netto delle sciatterie statistiche, quello che Peter Spiegel sul Financial Times ha definito “l’elettore segreto non trumpiano”.

Non è del tutto una sorpresa la sua esistenza, visto che alle elezioni di metà mandato del 2022 i trumpiani persero – accadeva diciassette mesi fa, non tantissimo, ma allora resisteva l’illusione di un Partito repubblicano che volesse mettere un argine a Trump, ancor più a un Trump perdente, oggi no. Ma la presenza di Haley alle primarie ha permesso di vederlo in modo più nitido, non soltanto per le sue caratteristiche più conosciute – vive nelle aree urbane, è istruito, ha un reddito medio – ma anche nelle periferie, dove in particolare il voto femminile sembra quello più reticente a votare per Trump, anche se non ci tiene a farlo sapere troppo.

Il caso della Carolina del nord è portato come esempio: qui, nel 2020, Trump vinse contro Biden di 75 mila voti, ma un sondaggio della Cnn dice che l’80 per cento degli elettori della Haley (che ha preso il 27 per cento dei voti) non è deciso a votare per Trump e il 66 per cento considera l’ex presidente non adatto alla presidenza, né mentalmente né fisicamente. I democratici stanno reindirizzando i loro investimenti sullo stato.

Il Washington Post ha fatto una lunga inchiesta tra gli elettori di Haley, partendo da un sondaggio della Quinnipiac University secondo cui: la metà degli elettori di Haley voterà per Trump; il 37 per cento per Biden; il 12 per cento è indeciso. Non c’è un quadro chiaro, ma negli stati contesi questi elettori saranno quelli più monitorati. Assieme alla categoria che gli esperti considerano la più negletta, a rischio e pericolo di entrambi i candidati. Il nome affibbiatole è terrificante: “Double haters”, sono quelli che non considerano né Trump né Biden candidati votabili. Secondo la sondaggista dei democratici Celinda Lake, i “double haters” sono “prevalentemente blue collars, tendono a essere più donne e più anziani”. Quanto sono convincibili? Questa è la domanda che si devono porre i candidati.

Anche Biden ha ricevuto qualche segnale, soprattutto dal Minnesota dove il movimento degli “uncommitted” (una specie di scheda bianca) che non vota il presidente soprattutto per la sua posizione su Israele ha raggiunto il 19 per cento (in Michigan, l’altro stato in cui il movimento è forte, era all’11 per cento). Poi c’è stata anche una sconfitta per il presidente, nelle Samoa americane: ha vinto a sorpresa Jason Palmer, un imprenditore di 52 anni di Baltimora che ha puntato tutto sull’età. Ora dice che si concentrerà sull’Arizona, dove si vota il 19 marzo e dove Palmer presenterà un piano in dodici punti per la riforma dell’immigrazione – la questione che rende l’Arizona uno stato conteso e che blocca il Congresso da mesi. Nel 2020, Biden aveva perso le primarie nelle Samoa: qui vinse la sua unica primaria Mike Bloomberg.
   

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi