Il voto in Russia

Scrivete Navalny sulla scheda, dice Kara-Murza ai russi, e presentatevi a mezzogiorno

“I proiettili, il veleno, le prigioni non possono fermare il futuro”

Paola Peduzzi

Le indicazioni del dissidente contro le elezioni di Putin. C'è una campagna per la sua liberazione che parte da Londra, dove il ministro degli Esteri Cameron mostra quanto distante è il conservatorismo-cugino in America dalla protezione del dissenso

Il giorno delle elezioni in Russia, a metà marzo, presentatevi a mezzogiorno al seggio e scrivete sulla scheda “Navalny”, ha detto Vladimir Kara-Murza, dissidente di 42 anni condannato a 25 anni di carcere formalmente per aver disobbedito agli ordini della polizia e aver screditato i militari: è la condanna più grave per un dissidente dopo il crollo dell’Urss. Nel 2022, Kara-Murza aveva denunciato il regime di Putin in un discorso in America: commette crimini di guerra in Ucraina.

Oggi il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, incontrerà la moglie di Kara-Murza, Evgenia, ascolterà le ultime notizie che lei ha di suo marito – notizie smozzicate e spaventose – e rinnoverà l’appello al Cremlino: liberatelo. Ma per quanto per Evgenia questa sia la prima occasione che le è stata concessa di incontrare un ministro degli Esteri britannico (i Kara-Murza hanno la cittadinanza britannica) nonostante ci avesse provato più volte con i predecessori, l’appello non le basta. Il governo inglese continua a escludere la possibilità di negoziare uno scambio di prigionieri con il Cremlino, dice che è un canale che non vuole aprire perché contribuisce alla pretestuosità degli arresti e delle condanne da parte di Vladimir Putin, ma le pressioni sono tante e bipartisan (anche al Parlamento europeo): si deve fare di tutto per liberare i dissidenti, la morte di Alexei Navalny ha levato anche l’ultima delle sciagurate illusioni su Putin, quella secondo cui una volta che i dissidenti politici erano stati mandati nelle colonie penali siberiane, silenziati e debilitati, il dittatore russo non avrebbe più avuto interesse all’accanimento. Per questo molti chiedono a Cameron: apri un negoziato, altrimenti muore anche Kara-Murza, che è stato avvelenato due volte e che ha gravi problemi di salute – nel Regno Unito lo chiamano “l’erede di Navalny”.

Questa eredità è fragile e potente assieme, chi può, quando può, la prende e la rilancia per tenerla in vita. Kara-Murza ha indicato cosa fare quando si voterà, si fa per dire, alle elezioni dall’esito scontato. Ha ripreso la campagna “Mezzogiorno contro Putin”, che è stata inventata da Maxim Reznik, un oppositore di San Pietroburgo agli arresti domiciliari da un anno per possesso di marijuana: presentarsi tutti ai seggi a mezzogiorno, il 17 marzo, formare delle file, farsi vedere mentre si esercita un diritto che poi sarà negato nei conteggi. All’inizio di febbraio, Navalny aveva appoggiato l’iniziativa superando le perplessità iniziali: “Cosa possono fare? Chiudere i seggi a mezziogiorno? Organizzare una controprotesta ‘alle 10 per Putin’? Scrivere i nomi di tutti quelli che si sono presentati a mezzogiorno e metterli sulla lista dei cittadini sleali? Questa sarà una campagna di protesta nazionale contro Putin che avverrà  accanto a tutte le vostre case. E’ accessibile a tutti ovunque. Milioni di persone possono prendervi parte. E decine di milioni ne saranno testimoni”. Kara-Murza riprende questa idea e aggiunge un altro pezzetto: sulla scheda, scrivete il nome di Navalny, “così questo nome, che era vietato pronunciare quando era in vita e lo è dopo la sua morte, e da cui gli anziani usurpatori, superstiziosi, sono impauriti, potrà risuonare in migliaia di seggi elettorali in tutto il paese”.

Non si sa se il ministro Cameron avvierà qualche negoziato per lo scambio, ma intanto si fa portavoce di una campagna in sostegno dei dissidenti russi di pari passo con l’impegno costante a difesa dell’Ucraina e, visto che di eredità stiamo parlando, diventa anche portavoce di un’idea di conservatorismo liberale che era anche americana e che non lo è più. Kara-Murza, che si oppone a Putin dal 2000, quando aveva vent’anni, e che nel 2005 ha pubblicato un documentario in quattro parti sui dissidenti sovietici che si intitola “They chose freedom”, ha lavorato e scritto molto in America costruendo una rete di dissidenti per sensibilizzare l’occidente sulla minaccia putiniana: convegni, audizioni al Congresso, articoli, una grande amicizia con il senatore repubblicano John McCain, il quale, quando scoprì di avere un tumore al cervello, chiese che Kara-Murza portasse la sua bara. Nel 2017, Evgenia rilasciò un’intervista all’Abc: era appena tornata dall’ospedale a Mosca in cui suo marito era ricoverato dopo il secondo avvelenamento e chiese all’allora presidente americano Donald Trump di rendersi conto che i dittatori come Putin non sono amici, non vanno trattati come amici. Poco prima, Trump aveva risposto alla domanda: Putin è un assassino?, così: “Ce ne sono tanti di assassini, tanti. Davvero pensi che il nostro paese sia così innocente? Pensi che siamo innocenti?”.

Nel suo appello a scrivere il nome di Navalny sulla scheda, a mezzogiorno del 17 marzo, Kara-Murza conclude dicendo: “I proiettili, il veleno, le prigioni non possono fermare il futuro”.
 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi