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il viaggio

Meloni celebra l'amicizia con Tokyo senza parlare mai di Cina. Però manda il Cavour in Asia

Giulia Pompili

Il messaggio del governo italiano, un po’ implicito ma rassicurante per gli alleati, è arrivato oggi, durante le dichiarazioni alla stampa con il primo ministro Fumio Kishida, quando la presidente del Consiglio ha ufficializzato una notizia di cui si chiacchierava da mesi. La portaerei sarà in missione nell'Indo-Pacifico

Amicizia, sintonia, cooperazione strategica. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Tokyo è a suo agio, dice che c’è “una forte convergenza di vedute” con il primo ministro giapponese Fumio Kishida, che è “un elemento di base della nostra salda amicizia”. Pare meno a suo agio quando nel mezzo di una nevicata record, con tanto di trasporto pubblico bloccato e traffico in tilt, le viene organizzata una visita nel jinja più importante di Tokyo, cioè il santuario Meiji, luogo di culto della religione tradizionale giapponese, lo shintoismo. Lì Meloni esegue l’intero rito: fa l’abluzione prima alla mano destra e poi alla sinistra, s’inchina davanti all’altare dedicato ai kami, batte le mani due volte in segno di rispetto. Nella tradizione della destra italica per un lungo periodo di tempo c’è stata una certa fascinazione nei confronti del Giappone e dei suoi riti più legati all’impero: lo shintoismo faceva parte di quella cultura, insieme agli scritti di Yukio Mishima, entrambi interpretati come espressione di un nazionalismo militante dai fanatici occidentali, che spesso tralasciavano, sbagliando, elementi fondamentali della complessità giapponese. Tutto quel mondo però è stato sempre molto lontano da Meloni.

 


Anche nei suoi anni di formazione, la presidente del Consiglio non ha mai avuto il mito del Giappone, e infatti oggi  a chi le chiedeva se avesse detto qualche parola in giapponese ha risposto: io a parte arigatò… Il primo ministro Kishida, però, è attento a certi dettagli, e ha regalato non a caso alla figlia Ginevra un dizionario italiano-giapponese formato Hello Kitty – una strategia che somiglia quasi a quella che l’ufficio del primo ministro giapponese ebbe con la figlia di Donald Trump, Ivanka, quando Shinzo Abe si ritrovò nel 2016 a recuperare un rapporto con il presidente-eletto americano che non aveva mai conosciuto, e passò appunto dalla sua consigliera informale che sussurrava alle orecchie del tycoon. Kawaii, direbbero i giapponesi, operazione di soft power carina, simpatica, lusinghiera, e anche molto simbolica sul rafforzamento dell’asse tra Roma e Tokyo. 

E’ stata Meloni infatti a elevare un anno fa le relazioni con il Giappone al rango di strategiche – un atto dovuto, si dice negli ambienti diplomatici, per poter rivitalizzare allo stesso tempo quel “partenariato strategico” con la Cina che ha, di fatto, sostituito la Via della seta con Pechino. Ed è stata sempre Meloni a tornare in visita a Tokyo per una missione bilaterale dopo l’ultima di Matteo Renzi nel 2015. Ma né con la stampa, né a fianco del premier nipponico, Meloni pronuncia pubblicamente l’unica parola che forse si aspettavano dal lato giapponese: la parola Cina. 

 


E’ un’omissione voluta. La strategia di Palazzo Chigi è quella di accontentare i partner del G7 nel bilanciamento verso l’Indo-Pacifico, l’area che confina con il Mediterraneo allargato, senza però provocare eccessivamente le reazioni di Pechino, lasciando una porta aperta al commercio. Anche al commercio nel settore della Difesa, tra gli elicotteri di Leonardo e l’aerospazio. 

 

E così il messaggio di Meloni, un po’ implicito ma rassicurante per gli alleati, è arrivato oggi, durante le dichiarazioni alla stampa, quando la presidente del Consiglio ha ufficializzato una notizia di cui si chiacchierava da mesi. Meloni ha confermato che la portaerei della Marina militare italiana Cavour, la nave ammiraglia della nostra flotta, sarà in estate nella regione dell’Indo-Pacifico, in una missione della durata complessiva di circa sei mesi. Poi arriveranno gli F-35, sempre in estate, ha detto Meloni, e la nave scuola Amerigo Vespucci per un tour simile a quello fatto lo scorso anno dal pattugliatore Morosini. Per la prima volta l’Italia parteciperà anche alle esercitazioni biennali a guida americana Rim of the Pacific (Rimpac) 2024, come confermato qualche settimana fa a Naval News dall’attaché militare dell’ambasciata italiana a Washington, il comandante Marco Bagni. E questo perché quella dell’Indo-Pacifico, ha detto Meloni, “è un’area strategica di rilevanza globale che deve fare i conti con importanti  nodi  regionali”. Una frase che diplomaticamente omette la Cina e la Corea del nord, che hanno smesso già da un pezzo di essere nodi soltanto regionali. Oggi tutti i giornali giapponesi aprivano con l’attacco cibernetico subìto dal ministero degli Esteri giapponese nel 2020 da un gruppo di criminali informatici legato al governo di Pechino che avrebbe reso accessibili numerosi cablogrammi riservati e comunicazioni dell’ufficio del primo ministro con le sedi diplomatiche. Sabato scorso delle navi della Guardia costiera cinese hanno intimato ad alcuni pattugliatori aerei giapponesi di allontanarsi dallo spazio aereo delle isole Senkaku, rivendicate da Pechino ma amministrate dal Giappone. La scorsa settimana sono iniziate le esercitazioni militari congiunte tra Giappone e America “Keen Sword”, e secondo i media giapponesi per la prima volta il nemico fittizio con cui si addestreranno giapponesi e americani è la Cina.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.