il caso

Senza volerlo, il Piccolo coro dell'Antoniano è diventato un pezzo di propaganda cinese

Giulia Pompili

Il coro nato con lo Zecchino d’Oro è presenza fissa in Cina dal 2016. Quest'anno, però, le autorità hanno deciso di censurare la canzone simbolo dell’amicizia musicale con Pechino, una canzone che si chiama “Forza Gesù”

Sui profili social di alcune delle figure istituzionali cinesi più popolari all’estero, come la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying e il consigliere culturale dell’ambasciata cinese in Pakistan Zhang Heqing, domenica scorsa è apparso un video rilanciatissimo su tutti i canali – pure quelli censurati ufficialmente nella Repubblica popolare. Le immagini mostrano dei bambini italiani di un coro che cantano in cinese con “voci celestiali riempiendo l’aria di gioia e speranza”, ha scritto Hua, tutti con spilletta rossa appuntata sul cuore. E’ il Piccolo coro “Mariele Ventre” dell’Antoniano, fondato nel 1963,  presenza fissa in Cina sin dal 2016.

 

Il coro nato con lo Zecchino d’Oro, composto da bambini tra i 4 e gli 11 anni che studiano regolarmente il mandarino per esercitarsi nelle canzoni in lingua, è uno degli esempi più classici di uno strumento di diplomazia culturale che si avvicina scivolosamente, e in modo inconsapevole, in strumento di propaganda. Ad ammettere il coinvolgimento delle istituzioni e della politica è lo stesso direttore del coro, frate Giampaolo Cavalli. In una conversazione col Foglio, fra’ Cavalli sottolinea l’importanza della condivisione e dell’esperienza, anche per i bambini, ma spiega di essere ben consapevole dei limiti della collaborazione: in Cina “tutte le attività con pubblico devono essere approvate dagli uffici pubblici”, dice, “non esiste un’attività indipendente dallo stato”. 

 


Quest’anno però l’ingerenza della politica si è avvertita più forte: a gennaio i quaranta bambini, più gli accompagnatori e lo staff del coro, sono tornati a Shanghai per sei spettacoli, e poi sono andati a Nanchino per due date, a cavallo di Capodanno. Quando è stato presentato il programma dei concerti, però, le autorità hanno deciso di censurare la canzone simbolo dell’amicizia musicale con la Cina, un pezzo che si chiama “Forza Gesù”. “A essere rimasti delusi sono stati soprattutto i fan”, dice Cavalli al Foglio. Perché in realtà tutto nasce proprio da quella canzone, cantata dalla piccola Francesca, che nel testo dice: “Forza Gesù, non ti preoccupare / Se il mondo non è bello visto da lassù / Con il Tuo amore si può sognare / E avere un po’ di Paradiso / Quaggiù”. Nel 2015 l’Antoniano di Bologna scoprì che “Forza Gesù” era diventata una canzone incredibilmente popolare in Cina. Due anni dopo, durante la visita di stato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla scuola elementare del Popolo di Chongqing, i bambini cinesi accolsero il capo dello stato italiano cantando quella canzone. Poco più di un mese prima fra’ Cavalli aveva accompagnato il piccolo coro dell’Antoniano a Shanghai, “e in tutta la città c’erano i cartelloni pubblicitari del concerto con su scritto a caratteri cubitali in cinese Forza Gesù, una cosa che mai avremmo immaginato”. Da allora ogni anno, all’inizio dell’anno solare, il coro bolognese fa qualche tappa cinese, soprattutto a Shanghai dove ha sede l’associazione di musica e  promozione culturale che li invita e che sostiene gran parte delle spese di viaggio. 

 


Sul Global Times, tabloid in lingua inglese del Partito comunista cinese, l’articolo sui primi concerti dell’Antoniano dopo lo stop del Covid durato tre anni esalta il ruolo di piccoli ambasciatori dei bambini del coro, e aggiunge: “Grazie alle esibizioni in Cina, molti dei membri del coro si sono innamorati della lingua e della cultura cinese. Luca, 10 anni, è uno di loro. Studia il cinese da due anni e la sua famiglia sperimenta spesso il cibo e la cultura asiatica in Italia”.

In realtà, le attività del Piccolo coro a Bologna vanno ben oltre le tournée in Cina e il rapporto con la Cina: esiste un’intera galassia di attività che fra’ Cavalli e la sua squadra svolgono a Bologna, e che riguardano l’assistenza per le persone in difficoltà, per i migranti, il volontariato. E dunque l’eventuale strumentalizzazione politica diviene ancora più meschina.        

 

D’altra parte, è molto complicato capire quale sia il limite fra la partecipazione a manifestazioni puramente culturali che coinvolgono anche i bambini e l’uso strumentale da parte della propaganda di quelle stesse collaborazioni. Secondo Cavalli le attività tra il coro dell’Antoniano e la Cina sono un messaggio di convivenza possibile, e servono anche a rafforzare la conoscenza reciproca: “C’è l’opportunità di approfondire, di conoscere il loro punto di vista, nel rispetto di una cultura e di una mentalità che è radicalmente diversa dalla nostra”. Ma ci sono alcune situazioni al limite, per esempio “le uniche volte in cui abbiamo preso in mano la bandiera cinese è stata quando loro hanno preso la bandiera italiana”. Perché i bambini e il loro istinto sociale sono una cosa, altro è quello che poi la politica fa di loro. 

Diversi media cinesi nei giorni scorsi hanno pubblicato articoli e notizie sul tour cinese del piccolo coro dell’Antoniano, ma la canzone cantata dai bambini italiani era sempre una, in mandarino: “China in the Light”, composta nel 2018 da Shu Nan su richiesta e sostegno del Dipartimento di propaganda del Partito comunista municipale dell’area di Shenzhen. E chissà cosa direbbe di questo il Mago Zurlì. 

Di più su questi argomenti:
  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.