Sagiv Jehezkel (Ahmad Mora/DeFodi Images via Getty Images)

Il deprimente silenzio sul calciatore israeliano arrestato in Turchia

Giulio Meotti

Niente fasce, mani in bocca e ginocchia a terra per Sagiv Jehezkel, attaccante dell'Antalyaspor, fermato e poi rispedito in Israele da Ankara per aver espresso solidarietà agli ostaggi israeliani di Hamas

Va da sé che a nessuno in Europa o alla Uefa venne in mente di colorare uno stadio quando la Turchia giocava agli Europei di calcio, per giunta nei giorni in cui il governo Erdogan usciva dalla Convenzione per la difesa dei diritti delle donne. E il campionato europeo di calcio ospitato dalla Germania nel 2024 sarà “il campionato più politico” di tutti i tempi. La Uefa esorterà i padroni di casa a “combattere ogni forma di discriminazione e garantire che i diritti di tutti siano tutelati”, poiché Euro 2024 “celebra la diversità e l’inclusione”. In linea con questa strategia, i bagni “per tutti i sessi” saranno accessibili negli stadi, tutti gli stadi offriranno opzioni alimentari “culturalmente diverse” e tutti gli arbitri saranno istruiti in modo che siano più “consapevoli degli atti discriminatori che si verificano negli stadi o sui campi da calcio”. L’establishment politico a Berlino era andato di matto dopo che la Fifa aveva vietato la fascia pro-Lgbt "One Love" ai Mondiali di calcio in Qatar. Il ministro dell'Economia tedesco, Robert Habeck, aveva invitato la nazionale tedesca a indossare comunque la fascia. Il ministro dell'Interno Nancy Faeser aveva persino indossato la fascia “One Love” alla partita di apertura a Doha.


Nell’esibizionismo morale di fasce, mani in bocca e ginocchi a terra, anche il calciatore israeliano cacciato e arrestato in Turchia per aver espresso solidarietà agli ostaggi israeliani di Hamas, qualcosina se lo meriterebbe. Sagiv Jehezkel indica “100 giorni” scarabocchiato sul polso mentre giocava con il club turco Antalyaspor. Dopo aver segnato un gol contro i rivali del Trabzonspor, Jehezkel ha festeggiato mostrando alle telecamere e al pubblico il suo polso fasciato, su cui era scritto "100 giorni", una piccola stella di David e "7.10", in riferimento al numero di giorni che Hamas ha tenuto prigionieri ostaggi israeliani dopo l'attacco terroristico palestinese contro Israele del 7 ottobre.

 

Il ministro della giustizia turco, Yilmaz Tun, ha accusato Jehezkel di “incitamento all’odio”. L’israeliano è stato arrestato e ieri, dopo 24 ore di fermo, rispedito in Israele. Il calciatore, membro della nazionale israeliana, aveva un contratto fino al 2026. L'Antalyaspor ha rilasciato una dichiarazione sui social per cui Jehezkel aveva "agito contro i valori nazionali del nostro paese" e sarebbe stato escluso dalla squadra. La Federcalcio turca (TFF) ha condannato il “comportamento del tutto inaccettabile” di Jehezkel e detto di ritenere “appropriata” la decisione dell’Antalyaspor di cacciarlo.

 

Il calciatore turco Kerem Akturkoglu del Galatasaray, autore del pareggio contro il Manchester United nella Champions League, pochi giorni prima aveva dedicato un gol ai bambini palestinesi. “Dedico questo gol a tutti i bambini della Palestina che meritano un futuro pieno di speranza e di pace", aveva detto il calciatore. Va da sé che a nessuno è venuto in mente di riprenderlo. E quanto chiasso per Mohammed Salah del Liverpool che chiede la fine dei “massacri a Gaza”.

 

Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ieri ha commentato che “la Turchia è diventata un’oscura dittatura, che lavora contro i valori umanitari e i valori dello sport”. L’ex primo ministro israeliano Naftali Bennet ha condiviso il suo sostegno al calciatore israeliano. “Vergognati, governo turco”, ha scritto Bennett su X. Ma peggio, forse, è il silenzio del mondo della palla rotonda se non ci saranno sanzioni della Uefa e della Fifa alla squadra turca, alla federazione turca e al suo governo.

  
Per gli europei in Germania sono già pronte le fasce colorate da indossare e forse anche qualche ginocchio a terra su “Palestina libera dal fiume al mare”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.