sprezzo del pericolo in Yemen

Il capo degli houthi vuol essere il nuovo paladino della lotta all'occidente

Cecilia Sala

Abdul Malik al Houthi vuol fare l’alleato-eroe e spicca tra i partner dell'Asse della resistenza, con Hezbollah e Teheran che invece scelgono la prudenza e la "pazienza strategica". Non è probabile che basti un raid anglo-americano per fermare lo spericolato capo yemenita

Abdul Malik al Houthi, il capo degli yemeniti di Ansar Allah, sta usando questa guerra per diventare il nuovo paladino indiscusso della lotta violenta anti israeliana e anti occidentale in medio oriente. Dopo il 7 ottobre, gli alleati di Hamas che fanno parte dell’Asse della resistenza o lo dominano – Hezbollah in Libano e i pasdaran a Teheran – hanno scelto la prudenza e la “pazienza strategica”, per evitare di portarsi la guerra in casa. Al Houthi invece ha risposto all’ultimatum degli Stati Uniti scatenando martedì il più massiccio attacco nel Mar Rosso in tre mesi, e dicendo: “Io vi aspetto”.

Prova a fare l’eroe distinguendosi dai pragmatici, a metà tra un pirata dotato di un arsenale iraniano di missili di precisione e un Che Guevara jihadista. Il capo degli houthi ha fatto qualcosa  che nessun nemico di Israele osava fare da più di trent’anni: ha sparato tre missili balistici contro lo stato ebraico. Non c’è un precedente dal 1991, all’epoca i missili erano partiti dall’Iraq di Saddam Hussein – per la scena internazionale: una vita fa, un altro mondo e un altro medio oriente. Dopo il 7 ottobre, il primo partner di Hamas a unirsi alla guerra contro Israele non sono stati i miliziani sciiti di Hassan Nasrallah in Libano, come si aspettavano gli analisti e gli israeliani. I primi a sparare un colpo aggiungendosi al conflitto sono stati gli houthi di Ansar Allah: un proiettile di fabbricazione iraniana diretto verso il porto di Eilat, nel sud di Israele. 

Da quando è cominciata la guerra a Gaza, i combattenti di Ansar Allah –  in italiano: “I partigiani di Dio” – hanno dimostrato il maggior sprezzo del pericolo   rispetto a tutti i loro soci, all’Iran alla Siria di Bashar el Assad, a Hezbollah e alle milizie sciite in Iraq. Per Abdul Malik al Houthi il 2024 non è un anno qualsiasi, ma un doppio anniversario. Il decennale dalla conquista militare della capitale yemenita Sanaa e i vent’anni dalla morte di uno dei suoi sette fratelli, Hussein, la vecchia mente del movimento e il fondatore della milizia-partito ucciso nel 2004 dai sauditi. Ora i piani del gruppo per il prossimo futuro sono ambiziosi: diventare gli eroi della lotta contro Israele e l’occidente nel mondo arabo, approfittando anche della relativa timidezza dei colleghi libanesi, i figli prediletti di Teheran, e scalare posizioni nella compagine dell’autoproclamato Asse della resistenza – dove c’è un po’ di competizione interna per chi occupa i posti migliori nei cuori degli ayatollah e dei pasdaran iraniani. 

Negli ultimi tre mesi Hezbollah ha colpito con frequenza il nord di Israele (quasi mai in profondità rispetto alla zona di confine), ma non si può dire che la deterrenza esercitata in questo modo  sia riuscita a fermare o rallentare la distruzione di Hamas e della Striscia di Gaza. Lo stesso vale per le milizie sciite in Iraq e per quelle ospitate in Siria da Assad.  Così Ansar Allah si è rivelato lo strumento più utile di cui disponga Teheran per esercitare la sua deterrenza adesso. E’ riuscito a costringere i giganti globali della logistica come Msc, Maersk e Hapag-Lloyd a evitare il canale di Suez e a fare giri più lunghi e costosi per collegare l’Asia al Mediterraneo e all’Europa. E’ notizia di ieri che Tesla, la casa  di auto elettriche di Elon Musk, sospenderà la produzione in Germania dal 29 gennaio all’11 febbraio come conseguenza del blocco delle merci nel Mar Rosso imposto dal capo yemenita Abdul Malik.

Gli houthi sono musulmani sciiti che seguono la corrente dello zaidismo. Hanno una concezione  guerresca della fede e una venerazione assoluta per il concetto di ribellione. Gli zaiditi, dopo i quattro, hanno considerato il proprio leader anche spirituale chiunque guidasse una lotta contro un oppressore reale o percepito. Oggi sulla bandiera di Ansar Allah campeggia la scritta: “Allah è grande. Morte all’America. Morte a Israele. Maledizione agli ebrei. Vittoria dell’islam”. Non è probabile che basti un raid anglo-americano per fermare lo spericolato Abdul Malik al Houthi.

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