Il piano a lungo termine di Kim Jong Un riguarda la figlia e una eventuale guerra a Taiwan

Giulia Pompili

I colpi d'artiglieria contro l'isola di Yeonpyeong e una nuova fase aggressiva di Pyongyang. In Corea del sud in molti sono convinti che in caso di conflitto nello Stretto di Taiwan, il dittatore nordcoreano potrebbe cogliere l'occasione per attaccare davvero

L’unico occidentale ad averla tenuta in braccio almeno una volta, per quel che ne sappiamo, è il cestista dell’Nba Dennis Rodman, amico personale del dittatore Kim Jong Un. E’ grazie a lui che conosciamo il nome della figlia di Kim, che è Ju Ae. E adesso, grazie a una informativa al governo dell’Agenzia di intelligence della Corea del sud, sappiamo anche che è molto probabile che sia questa bambina di una decina d’anni (non sappiamo con certezza nemmeno quando sia nata) a essere stata designata erede ufficiale al regime di Pyongyang. L’intelligence di Seul ha sbagliato molte volte in passato le previsioni sulla Corea del nord, e quindi nella stessa informativa sottolinea il fatto che siano ancora aperte diverse ipotesi – compresa quella della sorella del leader, Kim Yo Jong, già da tempo addestrata al potere dittatoriale con ruoli di estrema e delicata responsabilità. Quel che è certo però, secondo gli analisti, è che il leader Kim Jong Un sta preparando la sua successione, e probabilmente “ha iniziato presto a farsi accompagnare dalla figlia giovanissima perché non vuole che succeda a lei quello che è successo a lui: essere precipitato giovane e inesperto all’improvviso, alla morte del padre, nel ruolo massimo di potere”, spiega al Foglio Cho Yun-young, docente di Relazioni internazionali alla Chung-Ang University di Seul. Del resto, la Corea del nord ha un regime ereditario, e solo il sangue dei Kim è legittimato a governarla: “Kim Il Sung fece lo stesso con il figlio Kim Jong Il, e lo preparò alla successione per ben vent’anni: aveva visto l’esempio di Mao, in Cina, e le lotte di potere dopo la sua morte, e aveva capito che la successione doveva essere dinastica, sicura, ben preparata”. Kim si mostra sempre più spesso sui media al fianco di sua figlia Ju Ae, ed è un segnale importante soprattutto in questa fase della Corea del nord, aggressiva come in pochi momenti della storia recente. 

Sabato scorso la potente sorella del leader, Kim Yo Jong, ha fatto sapere che la Corea del nord aveva tecnicamente “fregato” le Forze armate sudcoreane, facendogli credere che gli attacchi di venerdì e sabato scorso contro l’isola di Yeonpyeong, che hanno costretto all’evacuazione di gran parte dell’isola sudcoreana, non erano d’artiglieria ma semplici esplosioni come parte di un’esercitazione. Il giorno dopo, lo stato maggiore di Seul in conferenza stampa ha fatto sapere che l’esercito sudcoreano è perfettamente in grado di distinguere colpi d’artiglieria da esplosioni, e ha annunciato che il governo di Seul ha deciso di sospendere la “zona di non ostilità” nel Mar giallo, quella che era stata introdotta nel 2018 come parte di un accordo di distensione tra i due paesi. Secondo la Corea del sud le parole di Kim Yo Jong sono parte di una strategia di disinformazione volta a spaventare i cittadini sudcoreani e fargli credere che l’esercito non sia in grado di difenderli. E del resto l’isola di Yeonpyeong è un tema estremamente sensibile in Corea del sud, a causa del suo bombardamento nel novembre del 2010. All’epoca ci furono quattro morti e diciotto feriti, ma quell’episodio avvenne otto mesi dopo l’affondamento della Cheonan, una corvetta della Marina sudcoreana, a opera di un missile sottomarino nordcoreano che uccise 46 marinai. 

Anche dal punto di vista della retorica politica, il leader Kim Jong Un sta tornando a una aggressività inedita, e questo, secondo gli esperti, ha a che fare con la fase internazionale particolarmente delicata. Cho Yun-young dice al Foglio che per capire le mosse di Kim si deve partire dalla sua prospettiva, per cui ogni azione ha come obiettivo la protezione e la sopravvivenza del regime stesso. Per questo “anche la cooperazione con la Russia durerà solo fino a quando durerà la guerra d’invasione contro l’Ucraina”, e cioè un sistema di vantaggio per entrambi i paesi. Il rapporto tra Pyongyang e la Cina è ancora più complicato, perché senza gli aiuti economici informali di Pechino il regime collasserebbe. Ma c’è un’idea che in Corea del sud sta circolando sempre più insistentemente: “All’inizio i sudcoreani non davano molta attenzione alla questione di Taiwan. Poi hanno capito che anche il Giappone sarebbe coinvolto, e che l’America, in caso di crisi nello Stretto, sarebbe costretta a concentrare i suoi mezzi militari lì, distraendoli dalla penisola coreana. Kim Jong Un a quel punto potrebbe cogliere l’occasione per attaccare il Sud”. Di mezzo quindi c’è la leadership cinese di Xi Jinping, e un altro regime di cui nessuno può anticipare le mosse, in una fase d’incertezza permanente. La competizione strategica tra America e Cina è alla base di tutte le relazioni internazionali di oggi, specialmente nell’area dell’Indo-Pacifico, dice il docente coreano. Nel frattempo, la Corea del nord non attenuerà la sua aggressività – in attesa del suo settimo test nucleare – fino a quando non riuscirà a ottenere un vantaggio economico direttamente da Washington. La giovanissima Kim Ju Ae nel frattempo studia per i prossimi decenni di propaganda anti occidentale. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.