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Il senso della storia

Una Nikki Haley sgangherata sulla schiavitù e il termometro dell'America conservatrice

Stefano Pistolini

La sfidante repubblicana di Trump l'ha fatta grossa rispondendo a una domanda sulle cause della guerra civile americana. Per essere credibile dovrà decidere fino a che punto giocarsi la carta identitaria

La domanda è: a quanto corrisponde una ragionevole percentuale di saggezza nell’America conservatrice del 2024? O meglio, quanto è autenticamente conservatrice, e non istericamente, rabbiosamente vendicativa, la corposa parte d’America che si pone comunque in contrasto con molti dati della contemporaneità? Se ci fosse un’accettabile prevalenza, in vista delle primarie repubblicane la risposta potrebbe essere Nikki Haley, con Donald Trump sbaragliato dai giudici e Ron DeSantis naufragato nel caos delle sue posizioni. Poi è possibile che Haley raffredderebbe la corsa repubblicana e che alla fine la Casa Bianca resterebbe a Joe Biden, in attesa di tempi migliori. Tutto ciò se la ex governatrice della Carolina del sud e ambasciatrice alle Nazioni Unite, nella sua campagna, non supererà il quoziente consentito di gaffe. Adesso, per esempio, ne ha fatta una grossa. “Qual è stata la causa della guerra civile degli Stati Uniti?” gli ha chiesto un cittadino (che lei avrebbe successivamente identificato come un “provocatore democratico”), nel corso di un dibattito pubblico presso il municipio di Berlin, New Hampshire, stato che rappresenta un affidabile termometro del voto. La Haley ha risposto: “Penso riguardasse il funzionamento del governo, le libertà e ciò che le persone potevano e non potevano fare”. Aggiungendo: “Credo che il governo abbia lo scopo di garantire i diritti delle persone. Non di dirti come vivere la tua vita”. L’uomo ha espresso stupore per la risposta: “Nel 2023 mi sorprende che non si menzioni la schiavitù’”. “Cosa vuole che dica sulla schiavitù?”, ha ribattuto la Haley. Ma quello s’è seduto: “Ha risposto, grazie”. 

Le lacunose parole della candidata sono state subito criticate dai democratici, ma anche dai rivali repubblicani.  “Naturalmente la guerra civile riguardava la schiavitù”, s’è affrettata a precisare la Haley: “Lo sappiamo: questa è la parte facile. Parlavo di cosa significhi per noi oggi. E credo riguardi il concetto di libertà”. Concludendo: “Lo dico da sudista e come la governatrice del mio stato che ha rimosso la bandiera confederata dal Campidoglio”, offrendo una versione addomesticata dei fatti, in quanto la Haley in un primo momento aveva permesso che il compromettente vessillo restasse al suo posto, salvo ordinarne la rimozione dopo che nel 2015 un suprematista bianco si rese responsabile del massacro nella chiesa afroamericana di Charleston. Dunque parole stravaganti, tanto più se pronunciate da una donna che è stata solamente la terza governatrice di uno stato del sud non di razza bianca: il vero nome di Nikki è infatti Nimrata Randhawa, famiglia indo-americana sikh, figlia di una professoressa e di un accademico che ha servito presso il Voorhees College, università afroamericana. Dunque un’appartenenza razziale e un’esperienza educativa che nel corso della carriera le hanno permesso di ottenere i migliori risultati proprio sul fronte internazionale. 

Ora, per sostenere le proprie aspirazioni presidenziali, Haley si è messa in cerca dei voti degli elettori centristi e indipendenti, presentandosi come un’efficiente equilibrista di destra, anti abortista ma non ostile alle politiche Lgbtq e non estrema sulle questioni dell’immigrazione. Dunque una figura valutabile per il fronte di elettori repubblicani iscritti alle montanti posizioni del “Non Trump Di Nuovo”. A patto di non inciampare in errori come quello appena commesso. E decidendo fino a che punto giocare la carta identitaria, proponendosi come prodotto della nuova America che, tra le altre cose, può avere sangue misto o radici culturali lontane. E soprattutto consapevolezza delle reali motivazioni che spinsero Lincoln e parte del suo paese a intraprendere lo scontro fratricida per abbattere la schiavitù. Non limitandosi a commentarlo, come Haley ha fatto anche in un’altra occasione, come una sfida tra “tradizione e cambiamento”. Perché quella sanguinosa guerra civile esplose in uno scenario in cui, prima di ogni altra cosa, le innegabili polarità erano la civiltà e l’inumanità.

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