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Editoriali

La confusione della missione anti houthi nel Mar Rosso riguarda anche l'Italia

Redazione

Tutte le stranezze dell'iniziativa a guida americana contro gli attacchi dei ribelli yemeniti. Pure Crosetto si sfila

Col passare dei giorni emergono alcune anomalie a proposito della neonata Prosperity Guardian, la missione a guida americana per difendere le navi cargo nel Mar Rosso, minacciate dagli attacchi degli houthi dello Yemen, in “solidarietà” con Hamas a Gaza. La prima anomalia è che chi ha deciso di farne parte – una ventina di stati – non vuole che si sappia e solo nove hanno fatto dichiarazioni pubbliche favorevoli alla missione. La confusione, che non agevola il ruolo di pivot dell’America, nasce anzitutto da una questione di comunicazione: Prosperity Guardian è un nome da supereroe che serve soprattutto alla deterrenza, ma è in sostanza una missione di una task force internazionale che in realtà esiste già da più di un anno e mezzo, la 153, e di cui fa  parte anche l’Italia. Dopo una riunione del segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin con diversi partner, anche col ministro Crosetto, martedì scorso, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, aveva elencato Italia, Francia e Spagna fra chi aveva detto sì alla missione. Poi però sono arrivate le precisazioni, le note stampa, le smentite. La Francia ha detto che vuole operare nella zona in  autonomia. L’Italia ha inviato la fregata Fasan, ma al momento non partecipa alla missione a guida americana (mentre l’Italia è già nell’area attraverso l’operazione europea “Atalanta”). Nessuno sembra in grado di chiarire però la differenza tra l’operare sotto al cappello della neonata Prosperity Guardian e la già esistente task force 153. Confusione dettata dalla volontà dei paesi occidentali di non esporsi troppo pubblicamente su questo fronte. A questo si aggiunge la seconda difficoltà dell’iniziativa per la sicurezza del Mar Rosso a guida americana, che riguarda i paesi arabi. Di questi, solo il Bahrein – che  ospita il quartier generale della 153 – parteciperà. Egitto, Arabia Saudita, e persino gli Emirati per ora  hanno detto no, nonostante aderiscano  alla  153 e siano favorevoli a parole a una risposta decisa contro gli alleati dell’Iran. Gli Stati Uniti avevano chiesto più coordinamento anche ai cinesi, che hanno una flotta nell’area, ma Pechino ha declinato. Volenterosi sì, ma con qualche imbarazzo.