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Differenze

L'art. 99 rende il “segretario generale più politico”. La strana precipitazione di Guterres

Maurizio Crippa

L’ex segretario dell’Onu Kurt Waldheim non era apprezzatissimo da Israele, ma non ha mai attivato l'art. 99 della Carta delle Nazioni Unite. Lo ha fatto qualche giorno fa il suo successore

La buonanima di Kurt Waldheim non era probabilmente un’anima candida, non a caso gli diedero il tormento del setaccio per lungo tempo, da quando prima delle elezioni presidenziali in Austria che poi vinse, nel 1986, circolarono notizie che accusavano l’ex segretario generale dell’Onu (in carica dal 1972 al 1981) di aver taciuto sul suo ruolo nell’esercito tedesco (e anzi peggio nelle SA) tra il 1938 e il 1945. Lui si difese affermando che erano “menzogne e atti malvagi”, ma dopo lunghe polemiche e imbarazzi il governo di Vienna nominò un comitato internazionale di storici per far luce sul passato del soldato Waldheim. Non si trovarono prove di una sua partecipazione ad azioni criminali di guerra, ma Simon Wiesenthal non accettò questa versione “per mancanza di prove”, né soprattutto le scuse minimizzanti di Waldheim, che divenne comunque persona non grata negli Stati Uniti. Oscure ombre a parte, non risulta però che l’ex segretario dell’Onu, per quanto ex soldato tedesco e non apprezzato da Israele – fu la sua risoluzione, la 338, a imporre il cessate il fuoco dopo la guerra del Kippur mentre Israele stava ormai vincendo – abbia mai fatto dichiarazioni anche solo sospettabili di voler mettere lo stato ebraico sul banco dei cattivi. Insomma non fece mai dichiarazioni come quelle del suo successore António Guterres, il mese scorso, secondo cui “è importante riconoscere anche che gli attacchi di Hamas non sono avvenuti dal nulla”. Una “minimizzazione”, diciamo, che a pochi giorni dal 7 ottobre, e mentre parte dell’opinione pubblica e dell’Assemblea generale già faceva spallucce, spinse l’ambasciatore di Israele all’Onu a chiedere le sue dimissioni. Negli anni 70 anche Kurt Waldheim era molto preoccupato della situazione mediorientale, in Libano, e fece appello al Consiglio di sicurezza, senza però fare riferimento al famoso (improvvisamente diventato famoso) articolo 99 della Carta dell’Onu: “Il Segretario generale può richiamare l’attenzione del Consiglio di Sicurezza su qualunque questione che, a suo avviso, possa minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”. Mossa che invece ha fatto qualche giorno fa Guterres, così mettendo ancora una volta sotto accusa Israele. 

 

    

Ha scritto nella sua lettera al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite Guterres, attivando uno dei suoi poteri: “Siamo al punto di rottura. Esiste il rischio elevato di un collasso totale del sistema di sostegno umanitario a Gaza, che avrebbe conseguenze devastanti”. Chiedendo con ciò di imporre manu diplomatica il cessate il fuoco. E a parte la cervellotica, o semplicemente ipocrita, idea di chiedere un voto sul cessate il fuoco in un Consiglio di sicurezza in cui c’è la Russia, che il fuoco non intende cessarlo in Ucraina da quasi due anni, a colpire è la politicizzazione che Guterres ha voluto imporre a livello internazionale. Perché l’articolo 99, non a caso così poco spesso utilizzato dai segretari generali, è uno strumento politico. Lo disse con chiarezza Kofi Annan, che pure fu aspramente criticato per non averlo usato per il Ruanda: “L’articolo 99 trasforma con evidenza il Segretario generale in un ruolo politico, più che in una figura puramente istituzionale”. L’articolo 99 fu invocato nel 1960 dallo svedese Dag Hammarskjöld durante la crisi del Congo post coloniale, poi nel 1989 da Pérez de Cuellar nella fase finale della guerra civile in Libano che durava da molto più di un mese e vedeva coinvolti i Caschi Blu), ed è stato evocato, solo evocato, o citato in dossier riservati, un’altra manciata di volte. La cosa che ha stupito o irritato di più nella drammatizzazione di Guterres è che in precedenza al Segretario generale non era mai venuto in mente di invocare l’articolo 99 per le decine di migliaia di civili morti in Ucraina, o per i milioni di rifugiati scacciati dalle bombe di Putin. Così come negli anni passati l’Onu non l’aveva usato per la Siria, il Darfur e altre crisi umanitarie certo non inferiori a quella provocata dalla attuale guerra. Ma per Gaza, Guterres si è sentito obbligato a utilizzare uno strumento usato per decenni con molta, o fin troppa, se preferiamo, prudenza. Finendo ancora una volta col mettere sullo stesso piano l’attacco genocida che Israele ha subìto e la guerra che sta conducendo per eliminare la mortale minaccia di Hamas. Un tantino precipitoso. O prevenuto.

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  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"