Ansa 

A Buenos Aires

Rivolta contro il peronismo. Le ragioni del trionfo di Milei

Loris Zanatta

Non c’è populismo che non plasmi il populismo che lo sconfiggerà. In Argentina i Kirchner raccolgono quel che hanno seminato

Le elezioni argentine hanno fugato ogni dubbio: la rabbia verso il peronismo era molto maggiore della paura di Milei. Di più: la campagna di terrore scatenata per fermarlo, i richiami fobici alla dittatura, la minaccia d’esiliarsi degli intellettuali progressisti, hanno alimentato la rabbia e attenuato la paura. Un salto nel vuoto è parso ai più preferibile all’attuale palude. Chiunque frequenti l’Argentina è preoccupato, non certo stupito: che sbando, che decadenza! Perfino io, che per Milei non provo alcuna simpatia, sarei stato tentato di votarlo. Suvvia: il peronismo baluardo della democrazia? In trincea per difenderla? Ne abbiamo viste tante, ma questa le supera tutte, è il pompiere che incendia i boschi, Dracula che dirige l’Avis. Dove porta la prostituzione delle parole! A chiamare difesa della democrazia la delegittimazione antidemocratica dell’avversario.


Oggi raccoglie quel che ha seminato. Perché no? Non c’è populismo che non plasmi il populismo che lo sconfiggerà. Milei è incomprensibile senza peronismo, senza i vent’anni di presidenzialismo matrimoniale dei Kirchner e dei loro lacché. Il governo Macri fu nel 2015 l’occasione per chiuderne in pace e ordine il ciclo. Macché. Un po’ fallì lui, debole e timoroso, un po’ l’impallinarono i nemici, da Cristina Kirchner che gliela giurò al Papa che gli scatenò contro i “movimenti popolari”. Preclusa la via moderata, oggi incassano quella radicale. Che se la siano cercata? Che il gioco sia sfuggito loro di mano? Si sa che il peronismo contribuì all’ascesa pubblica di Milei: chissà non spezzi il fronte oppositore, fu la scommessa. Scommessa vinta al primo turno, una débâcle al ballottaggio. Come tutti gli eccessi, anche quello di scaltrezza è pericoloso. 

La stampa mondiale definisce Milei un “ultraliberista”. Corretto. Onestà intellettuale vorrebbe che il kirchnerismo fosse chiamato “ultrastatalista”. Mai letto. Scrive che Milei è di “ultradestra”. Vero. Mai sentito però che i Kirchner fossero di “ultrasinistra”. Ammira Trump e Vox! Orrore. Ammirare Maduro e Putin era meglio? Ma è matto! Matto duro! Non sarò io a smentirlo. Era equilibrata Eva Perón? E la Kirchner? Maradona, Guevara, gente a modo, gente serena? Le icone argentine tendono al profetico, puntano sul carisma, promettono redenzioni. La storia aiuta a spiegarlo, ma lasciamo stare: per vincere in quel paese il fanatismo aiuta, il populismo è d’obbligo. Dopo quello popolare, ecco il populismo liberale, un ossimoro non meno manicheo, altrettanto messianico. Come spiegare un fenomeno così bizzarro? Che una figura così eccentrica, spesso aggressiva, sempre borderline, trionfi in tal modo? Che spopoli nella capitale cosmopolita e nei feudi peronisti, nelle baraccopoli e nelle università d’élite? Guai a cercare “la” chiave dove ci sono molte serrature. Diciamo che Milei ha incanalato le energie di una tempesta perfetta, è l’imbuto di un’immensa mole di frustrazioni. L’ideale per vincere le elezioni, non saprei dire se per governare. 


Prendiamo l’economia, ossessione degli argentini, abituati alle montagne russe, tra bancarotte e svalutazioni, recessioni e iperinflazioni. È ferma al palo da un decennio. Nemmeno il rimbalzo postpandemico l’ha ravvivata. Quando nel 2019 Macri lasciò il governo, gli elettori lo misero in croce: il dollaro valeva 40 pesos. Oggi si scambia a 1.000, l’inflazione sfiora il 150 per cento, i prezzi al mercato s’aggiornano giorno a giorno. Chi risparmia nella moneta nazionale? Non certo i notabili peronisti, i funzionari kirchneristi, ricchi e potenti, eleganti e arroganti. Perché perdere i risparmi? Conti esteri e materassi, cassette di sicurezza e sottoscala: dove possono, dove riescono, gli argentini nascondono i dollari . Questione di sopravvivenza. Stupisce che Milei scaldi i cuori promettendo di dollarizzare l’economia? Che raccolga ovazioni quando minaccia di chiudere la Banca centrale,  stampamonete compulsiva al servizio del governo peronista? Il quale non trova di meglio che candidare presidente il ministro dell’Economia, il timoniere del Titanic! Chi descrive Massa – caudillo senza scrupoli, affarista navigato e cinico voltagabbana – come un saggio statista è in mala fede o non sa di cosa parla: artefice del disastro, sarebbe la soluzione? La sua campagna elettorale è stata un inno agli abusi di potere, un omaggio all’inveterato costume peronista d’impiegare come suoi i denari di tutti. Gli argentini hanno votato contro di lui.         


Per un decennio, fino al 2013, il peronismo kirchnerista vinse al tavolo verde: il boom delle materie prime trasformò la soia in oro e ne colmò le casse. Fu l’epoca del “miracolo”, quello cui risalgono i nodi che oggi intasano il pettine. Che uso ne fece? Spendi e spandi, sovvenziona e tassa, nazionalizza e assumi, spreca e corrompi. Non era sostenibile? Dio provvederà, sul buon senso veglia l’ideologia, sull’economia la teologia. La globalizzazione? No pasará! Il liberalismo? A morte! La produttività, la competitività, l’innovazione? Paradigma tecnocratico! Risultato? Autarchia e guerra al capitale, protezione degli amici e botte da orbi ai nemici. Nel ranking della libertà economica nel mondo l’Argentina occupa il posto 144, tra Uganda e Bielorussia. La spesa pubblica raddoppiò, l’impiego statale la seguì, assistenzialismo puro, clientelismo duro, il deficit statale lievitò, l’inflazione esplose. Svanito l’effetto soia, il castello crollò all’istante, la fabbrica della povertà partì a pieno regime, la decadenza si mostrò senza veli. Prevedibile? Previsto! Ma nulla arrestò la crociata peronista: colpa del neoliberalismo, colpa del Dio denaro, colpa del Fondo monetario. Un disco rotto. Il paradiso antiliberale imputava al liberalismo le sue piaghe. 


Di nuovo: stupisce in tali circostanze che Milei faccia il pieno di voti impugnando una motosega? Promettendo di demolire lo stato parassita, decurtare sussidi, tagliare sovvenzioni, eliminare privilegi? Dividendo il mondo in chi lavora e chi scrocca, gli onesti e la casta? E’ rozzo, demagogico, semplicista. Ma se il sale brucia è perché la ferita sanguina. Come, se no, spiegare il boom di un furente anarco-capitalista innamorato di Friedrich von Hayek in un paese infarcito di atavici tabù cattolici contro il mercato e la concorrenza, il commercio ed il denaro? E la disfatta del peronismo, partito social cristiano, movimento nazional cattolico, cresciuto a pane ed encicliche sociali, che di quei tabù ha fatto abuso politico e mercimonio morale? Quel che vale per l’economia, vale per ogni altra cosa. Milei rivendica la dittatura militare? Nega la violazione dei diritti umani? Non è del tutto esatto, ma dà i brividi. Se miete consensi, tuttavia, non sarà perché il kirchnerismo ne ha fatto un lucroso business, un manganello ideologico, un’arma illegale? In Uruguay, paese democratico, si marcia in silenzio e senza insegne politiche in ricordo delle vittime, di tutte le vittime, anche le guerriglie uccisero. In Argentina se ne sono impossessati i kirchneristi, dei guerriglieri hanno fatto dei beati. Quanto lucro su quei morti! Quanti processi trasformati in show mediatici! Quanti imputati vecchi e malati lasciati a morire in carcere! Giustizia o vendetta? Intanto abbracciano i gerarchi cubani e venezuelani, di diritti umani noti campioni. Chi non ricorda Hebe de Bonafini celebrare Osama bin Laden? Che dire? A forza di lanciare il boomerang, capace ti ritorni sul grugno. È accaduto domenica scorsa. 


Ma Milei è una minaccia per la democrazia! Non so. Non mi piace il suo liberalismo pre democratico, libresco e dogmatico, molto normativo e poco persuasivo. Economista dalla testa ai piedi, mi domando se oltre l’economia sa cosa vi sia. La sensibilità istituzionale non è il suo forte, la complessità politica gli è estranea. Eppure l’ha votato il fior fiore dei liberal democratici argentini! Come si spiega? Semplice: per inquietante che sia l’anatroccolo libertario, la democrazia liberale è il suo habitat naturale. Quale, se no? L’opposto del peronismo! Comunismo di destra per i suoi ideologi e fascismo di sinistra per tanti studiosi, il peronismo non è mai andato a Bad Godesberg, non sa dove sia la Bolognina. Si considera il “movimento nazionale”, la fede della patria, il ritratto del popolo. Il suo popolo, popolo eletto, elevato a tutto il popolo, a monopolista della virtù. Di liberale non ha un pelo, il liberalismo è il suo nemico eterno! Vuole una democrazia organica e funzionale, popolare e sociale, partecipativa e solidale, mai liberale. La divisione dei poteri, Cristina Kirchner dixit, è una “remora” della rivoluzione francese. Infatti se n’è fatta beffe: assalti al potere giudiziario, pressioni sui media, abuso deviato dei servizi segreti, occupazione partitica dello stato, uso patrimonialista del denaro pubblico.  Ancora: perché sorprendersi di Milei? 


Ma vuole privatizzare la scuola e la sanità pubbliche! E’ un loco! Un delirio, in effetti. Una sterile sparata iconoclasta che partorirà un topolino. Ma ci risiamo: se funziona, c’è un motivo. Gli argentini che pagano le tasse, il sempre più esiguo ceto medio, non ne ottengono in cambio servizi decenti. Per forza! La scuola pubblica è un feudo dei sindacati peronisti, i giorni di sciopero gareggiano con quelli di lezione, i programmi scolastici li scrive il Minculpop kirchnerista, la qualità è infima. Idem la sanità. Nessuno ha distrutto la credibilità dello stato quanto il più statalista dei movimenti! Mica per caso i mandarini peronisti mandano i figli alle scuole private e privati sono gli ospedali dove si ricoverano. Si capisce così l’enorme astio che cova nei loro confronti, l’empatia con Milei di chi dallo Stato si sente derubato.
Converrò almeno che Milei è un troglodita machista, omofobo, moralista, reazionario! Che attenta ai successi dei movimenti femministi, ai progressi della comunità LGBTQ+. Convengo. Ma solo in parte. Milei ha molti sostenitori di quel tipo. Ma sono minoranza, sia nella sua coalizione sia nel paese, dove la secolarizzazione dei costumi ha fatto passi da gigante. Su questi come su altri temi il kirchnerismo vanta un monopolio che non gli appartiene e l’aggressività con cui lo pretende non giova alla causa. Tanto più che al peronismo secolare s’affianca il peronismo tradizionale, non meno trinariciuto dei trinariciuti di Milei. Dal matrimonio gay alla legge sull’aborto, infatti, le maggioranze sono state trasversali. Oppure ondivaghe: contraria a depenalizzare l’aborto durante il governo Macri, la Kirchner cambiò idea durante il governo peronista. Coscienza ballerina. In breve: non credo che Milei si ficcherà in questo ginepraio.


Ma il Papa! Almeno il Papa poteva lasciarlo in pace! Milei l’ha definito “l’inviato del maligno”, un sodale ha proposto di rompere le relazioni col Vaticano! Se non sono deliri questi! E deliri sono, infatti: ha chiesto scusa, ma la Chiesa gli ha fatto campagna contro. Deliri nei modi, però, più che nella sostanza. Se nemmeno attaccare il Papa nel paese del Papa gli ha impedito di vincere a man bassa, ci sarà un perché! L’impressione è che attaccarlo gli abbia portato voti, che in nessun posto come l’Argentina papa Francesco generi rigetto. I dati parlano chiaro: il 68 per cento della popolazione si definisce cattolica, soltanto il 23 per cento apprezza il ruolo della Chiesa. Si capisce: troppo politica, troppo peronista, troppo antiliberale, troppo pauperista, anticapitalista, antioccidentale. “Non si può andare a messa ed essere un Chicago boy”, diceva Bergoglio scomunicando i “neoliberali”  mentre il kirchnerismo li cancellava dalla mappa. Oggi se ne trova uno al potere, eletto dal popolo, il popolo di cui ha sempre esaltato la “cultura cattolica”. Se c’è uno sconfitto, è lui. Chiamava “classe coloniale” i ceti medi? Stanchi d’essere stranieri in patria, si sono ribellati. Chiamava “popolo mitico” i poveri fedeli al peronismo? I poveri hanno votato Milei, più Messia di Massa.    

   
E ora? Nessuno sa cosa accadrà. Disastro economico, polarizzazione politica, aspettative salvifiche: un cocktail esplosivo. Il peronismo mediterà sulla sconfitta o cercherà vendetta agitando la piazza? Probabile che il peronismo provinciale, più moderato, trovi intese con Milei. Sicuro che il peronismo kirchnerista cercherà la scontro: pessimo a governare, è bravissimo a non far governare gli altri. E Milei? Non ha esperienza, né equilibrio psichico. Non si direbbe leader da camminare sulle uova, rifiuta vie graduali. Comprensibile: il gradualismo fu la tomba di Macri. Ma ci sono altre vie? Rischia d’illudersi che abbia vinto il liberalismo, mentre a vincere è stato l’antiperonismo, che liberale spesso non è. Ad ogni colpo di motosega, una corporazione insorgerà indignata: imprenditori protezionisti, lavoratori tutelati, professori raccomandati, movimenti sociali sovvenzionati. Come, d’altronde, immaginare che il paradiso antiliberale sia di colpo diventato un paradiso liberale? Per governare la barca, dovrà annacquare il programma, accettare compromessi, diventare quel che non è: un politico. Soddisferà chi voleva un Messia? O cadrà vittima del suo personaggio?