In soli due anni, con la guerra in Europa e la ricomparsa dell’antisemitismo si sono infranti due grandi tabù. Eppure nessun catastrofismo ha un vero valore profetico. Le aperture restano, basta esercitare la mente senza abusare del cuore e dei sentimenti
Il segreto dell’ottimismo di Claudio Cerasa e di questo giornale, apparentemente incongruo come visione del reale, è nel suo essere volitivo, oltre che generazionale. In punto di fatto bisognerebbe essere tristi, dolorosamente consapevoli, si dovrebbe considerare la nostra storia, attraverso diverse età dalla fine della guerra mondiale a oggi, un’esperienza fallita. Certo non nell’avanzamento scientifico e tecnologico, nella sfera dell’utile, dell’apertura globale, della riduzione di povertà e diseguaglianze: gli strumenti che consideriamo ormai parte del patrimonio comune, che pratichiamo con nonchalance da casa, hanno qualcosa di prodigioso, investono la memoria e l’intelligenza, avvolgono la coscienza e la conoscenza in un’aura di sogno dove ogni sorpresa è possibile e la vita è un romanzo di connessione come voleva E. M. Forster nella sua bella intuizione (only connect).
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