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Lisbona

Un'inchiesta fa cadere Costa, il premier che aveva risollevato il Portogallo

Marcello Sacco

Il primo ministro si dimette dopo che la sua residenza ufficiale è stata perquisita dalla polizia, nell'ambito di un'inchiesta sui progetti portati avanti dal governo socialista nel settore dell’energia green

Lisbona. Quando il 30 gennaio del 2022 António Costa vinse le elezioni portoghesi con maggioranza assoluta, il timore generalizzato era che il primo ministro governasse con la mano sinistra, accarezzando con la destra le sue ambizioni europee e guardando più a Bruxelles che a Lisbona. Invece Costa si è dimesso per altri motivi, e con queste dimissioni vanno perlomeno in stand-by anche le sue ambizioni europee, oltre a una legge di Bilancio 2024 che il Parlamento discute in questi giorni e un Pnrr da circa 16 milioni di euro da portare avanti.

La doccia fredda è arrivata di primo mattino, con gli agenti di Pubblica sicurezza (una stranezza che più di un osservatore ha subito fatto notare: la Polizia giudiziaria non è stata coinvolta nell’operazione) che perquisivano la residenza ufficiale del presidente del Consiglio, due ministeri (Ambiente e Infrastrutture) e le stesse case private di João Galamba (ministro alle Infrastrutture, ma già sottosegretario con delega all’energia in quello dell’Ambiente) e João Pedro Matos Fernandes, ministro dell’Ambiente nei due esecutivi precedenti, tutti guidati dal premier che dal 2015 governa il paese, il socialista António Costa, l’uomo che, con l’appoggio esterno delle sinistre al suo primo esecutivo, aveva tirato fuori il Portogallo dalle secche della crisi dell’euro. 

 

Al momento, almeno tre dei cinque indagati messi in stato di fermo dal pubblico ministero sono uomini del presidente: il capo di gabinetto Vítor Escária, l’imprenditore Diogo Lacerda Machado, che del premier era consulente e uomo di fiducia in molti affari governativi. Il terzo uomo vicino a Costa è il sindaco socialista di Sines, cittadina portuale sull’Atlantico da cui passa il presente e il futuro energetico del Portogallo, ma anche un po’ dell’Europa intera. 

A destare i sospetti della magistratura ci sarebbero proprio i progetti del governo socialista nell’energia green, in particolare l’idrogeno verde a Sines e lo sfruttamento della miniera di litio di Montalegre, nella regione del Trás-os-Montes, dove ci sarebbe uno dei giacimenti più grandi d’Europa di questo minerale fondamentale per le batterie dell’auto elettrica. Per João Galamba il Pubblico ministero ha già formulato un’ipotesi di reato di corruzione, traffico d’influenze e abuso d’ufficio. Già ai primi di maggio il chiacchieratissimo ministro si era dovuto dimettere dall’incarico per il sospetto che stesse nascondendo informazioni alla Commissione parlamentare d’inchiesta, ma lì si trattava della compagnia aerea statale Tap. Le dimissioni erano poi state respinte da Costa, che per salvare il suo ministro si dimostrò disposto a ingaggiare un vero e proprio duello istituzionale con il presidente della Repubblica, guastando una coabitazione che finora era stata piuttosto pacifica. Ora cadono insieme, premier e ministro. Su Costa indagherà la Corte suprema. I sospetti dipenderebbero da una telefonata con l’altro ministro, Matos Fernandes, che era intercettato sull’affare dell’idrogeno verde. 

Secondo quanto riporta il settimanale Expresso, un’intuizione ambiziosa di un impresario olandese residente da anni in Portogallo, Marc Rechter, aveva spinto alla creazione di un consorzio con le grandi aziende energetiche portoghesi (la petrolifera Galp e l’elettrica Edp), nonché alla candidatura del progetto presso la Commissione europea per ottenere lo statuto di Ipcei (acronimo per “Progetto importante di interesse comune europeo”). Alla fine, però, le grandi aziende nazionali hanno portato avanti un progetto diverso e un altro cartello da cui l’olandese era stato escluso. Nell’altro caso, quello del litio di Montalegre, sarebbero poco chiari i procedimenti che hanno attribuito l’appalto per lo sfruttamento di una miniera a una ditta creata solo tre giorni prima. 

L’unica cosa certa, oltre la nebulosa dei sospetti, è che sul piano politico tutto fa pensare che a beneficiarne saranno le destre. Ma la destra liberale del centro conservatore, Partito socialdemocratico e Iniziativa liberale, stando ai sondaggi sembrerebbero troppo deboli per governare senza l’estremista André Ventura, del partito Chega. Forse però è troppo presto per fare  questi calcoli elettorali, ci sono ancora quelli del Bilancio 2024 da completare.
 

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