Editoriali
Il Labour vince ancora. La trasformazione voluta da Starmer piace
I laburisti inglesi hanno il vento in poppa e soffiano due seggi ai Tory alle suppletive. Guai per il premier Sunak
Il Labour ha il vento in poppa. Giovedì ha fatto la storia delle elezioni suppletive soffiando due seggi ai Tory e polverizzando la loro granitica maggioranza: a Mid Bedfordshire era di 25 mila preferenze, diventate 1.192 per gli avversari, e a Tamworth di 20 mila, trasformate in 1.316 per il Labour. Le oscillazioni superiori al 20 per cento – era già successo a giugno – fanno pensare che Keir Starmer abbia azzeccato davvero il tono. Anche l’uscita da una lunga fase di immobilismo solo apparente, trascorsa a riformare in silenzio il partito senza esporsi troppo, non sta spaventando: anche se vuole mettere mano alla Brexit, anche se non taglierà le tasse, Starmer il moderato piace.
Secondo l’Economist il più “sottile e intrigante tributo alla Thatcher” tra quelli che si sono visti ai congressi di partito è venuto da Rachel Reeves, cancelliera ombra del Labour tutta protesa a dare una scossa all’economia con misure decise, tanto più che il 63 per cento dei britannici pensa di essere in recessione anche se non è vero. Mentre Rishi Sunak, che proprio in questi giorni compie un anno a Downing Street, non ha convinto con la sua cautela fiscale e politica. Qualcuno si è fatto tentare da Reform Uk, la nuova reincarnazione dell’Ukip, e in molti non sono proprio andati a votare. L’ideale, per il Labour, sarebbe che il governo prendesse atto di essere al capolinea e fissasse una data per le elezioni: i sondaggi lo danno al 44 per cento, contro il 28 dei Tory. Insomma, tutto fa pensare al 1997 e all’ascesa irresistibile di Tony Blair, preceduta però, vale la pena ricordarlo, da una storia ben diversa: Neil Kinnock nel 1992, dopo la stagione thatcheriana, era forte nei sondaggi, ma fece sfoggio di un’eccessiva sicumera in un discorso che il Sun salutò con lo storico titolo: “L’ultima persona che lascia il paese spenga la luce per favore”. A Downing Street rimase John Major, noioso, affidabile, sottovalutato.
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