◉ I PRINCIPALI FATTI DI OGGI

Hamas annuncia il rilascio di due ostaggi americani. Biden: gli aiuti a Gaza attraverso Rafah "entro le prossime 24-48 ore"

a cura della Redazione e di Priscilla Ruggiero

Guterres sui convogli fermi: "Fanno la differenza tra la vita e la morte". Il discorso alla nazione di Biden: gli Stati Uniti preparano un pacchetto di aiuti da 60 miliardi per Kyiv e da 14 per Gerusalemme. Attacchi da Yemen e Iraq contro Israele e basi americane

Il rullo del Foglio: tutto quello che è utile sapere – e niente di più – per capire cosa succede dopo l'attacco di Hamas a Israele


Hamas annuncia la liberazione di due ostaggi americani "per motivi umanitari"

Le due cittadine americane rilasciate da Hamas sono Judith e Natalie Raanan di Chicago. Erano in visita di famiglia al Kibbutz Nahal Oz per festeggiare il compleanno della madre di Judith, quando sono state rapite il 7 ottobre.  Sarebbero già in Egitto e il loro rilascio è stato confermato da funzionari israeliani. "In risposta agli sforzi del Qatar, le Brigate Al-Qassam hanno rilasciato due cittadini americani (una madre e sua figlia) per motivi umanitari e per dimostrare al popolo americano e al mondo che le affermazioni fatte da Biden e dalla sua amministrazione fascista sono false e infondate. ", ha affermato in un comunicato il portavoce di Hamas, Abu Obaida. 

Il comitato delle famiglie degli ostaggi e degli scomparsi ha risposto all'annuncio ricordando al mondo che le Raanan sono solo due degli oltre 200 ostaggi tenuti da Hamas. "La continua detenzione di ostaggi è un crimine di guerra", scrive il comitato in una nota. "Molti leader degli stati arabi hanno un'enorme influenza  e devono agire per rilasciare immediatamente tutti gli ostaggi e i dispersi detenuti a Gaza. Chiediamo ai leader mondiali e alla comunità internazionale di esercitare tutto il loro potere per il rilascio".

 


 

Biden: gli aiuti umanitari dovrebbero entrare a Gaza attraverso il valico di Rafah “entro le prossime 24-48 ore”

Mentre l'apertura del valico di Rafah per introdurre gli aiuti umanitari a Gaza continua a tardare, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato ai giornalisti alla Casa Bianca di aver "ottenuto l'impegno da parte degli israeliani e del presidente egiziano che il valico  verrà aperto entro le prossime 24-48 ore”. "L'autostrada ha dovuto essere riasfaltata perché era in pessime condizioni, e credo che, entro le prossime 24-48 ore, arriveranno i primi 20 camion con gli aiuti", ha detto.

 


 

Il ministero degli Esteri egiziano accusa Israele di bloccare gli aiuti a Gaza

“Il valico di Rafah è aperto e l’Egitto non è responsabile di ostacolare l’uscita di cittadini di paesi terzi”, scrive su X il ministero degli Esteri egiziano. In un tweet successivo conferma che “Domani ci sarà l’opportunità di cambiare rotta e risvegliare le coscienze”. Il portavoce di Sameh Shoukry ha accusato i “media occidentali” di prendere di mira l'Egitto per la crisi umanitaria di Gaza mentre in realtà, dice, questa sia dovuta agli "attacchi mirati israeliani e al rifiuto di Israele di fare entrare gli aiuti”.

 

 

 


Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres al valico di Rafah: questi camion fanno "la differenza tra la vita e la morte"

Guterres è arrivato in Egitto, al confine con la Striscia di Gaza, per ribadire l'importanza dell'apertura del valico e degli aiuti umanitari dentro la Striscia. Dice di aver visto "tanti camion carichi di acqua, di carburante, di medicinali, di cibo", aggiungendo che questi sarebbero "un'ancora di salvezza" e farebbero "la differenza tra la vita e la morte per tante persone a Gaza". "È impossibile essere qui e non sentire il cuore spezzato", ha detto, davanti a una folla di manifestanti e giornalisti davanti alla porta egiziana. “Stiamo assistendo a un paradosso: dietro queste mura abbiamo 2 milioni di persone che soffrono enormemente, che non hanno acqua, cibo, medicine, carburante. Da questa parte, abbiamo visto tanti camion, carichi di acqua, di carburante, di medicine, di cibo – esattamente le stesse cose che sono necessarie da questa parte del muro”, indicando dietro di sé.

 


 

Biden parla alla nazione: “Sostegno a Ucraina e Israele cruciale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. 

Nel discorso tenuto dallo Studio Ovale della Casa Bianca alle 20 locali di ieri il presidente americano Joe Biden ha sostenuto la necessità di un investimento “che andrà a beneficio della sicurezza nazionale”. Dopo aver ribadito che non invierà truppe a sostegno di Israele, il presidente ha dichiarato che nella giornata di oggi chiederà al Congresso di approvare un pacchetto di aiuti per gli alleati con l’obiettivo di realizzare quello che ha definito “l’arsenale della democrazia”. Nella richiesta di bilancio ci sono 105 miliardi di dollari in finanziamenti supplementari, di cui 60 miliardi per l'Ucraina, in linea con uno stanziamento annuale di aiuti a Kyiv e 14 miliardi di dollari per Israele,  in linea con quanto richiesto dagli israeliani.

Abbiamo tradotto sul Foglio il discorso in cui presidente americano ricorda i valori e gli obiettivi per i quali anche gli Stati Uniti sono affianco a Israele e all'Ucraina.

 


 

Secondo Medici senza frontiere la carenza di servizi pubblici a Gaza “ucciderà molte persone”

Avril Benoît, direttore esecutivo di Medici senza frontiere, ha detto alla Cnn che la gente a Gaza è “esausta, comprese le équipe mediche che lavorano 24 ore su 24. Sono tutti disidratati, malnutriti, affamati”. Benoît ha aggiunto che l'arrivo o meno degli  aiuti umanitari è una "questione di vita o di morte. Siamo profondamente preoccupati per il destino di tutti coloro che si trovano a Gaza in questo momento, dove nessun posto è sicuro”. 

Yasha Reibman sul Foglio scrive che negli ultimi giorni l'organizzazione umanitaria sta facendo da grancassa ad Hamas: dal missile sull'ospedale di Gaza al silenzio sull'attentato terroristico del 7 ottobre. Una finta imparzialità che rischia di diffondere odio verso gli ebrei e lo stato ebraico. 


 

La maggior parte degli ostaggi israeliani nella Striscia di Gaza sono vivi, afferma l'Idf

Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno fornito nuove informazioni sullo stato degli scomparsi e degli ostaggi di Hamas in seguito al brutale attacco terroristico del 7 ottobre: la maggior parte sarebbero vivi, oltre 20 avrebbero meno di 18 anni, mentre 10-20 oltre 60 anni. Il numero preciso degli ostaggi a Gaza non è preciso. L'Idf ha affermato che il numero dei dispersi sarebbe compreso tra le 100 e le 200 persone, mentre un portavoce dell'ala militare di Hamas, le Brigate Al-Qassam, ha affermato in un video che il numero sarebbe compreso tra le 200 e le 250.

Intanto le proteste delle famiglie degli ostaggi in tutto il paese continuano. Stanotte un edificio di Tel Aviv che funge da quartier generale del Likud in città è stato deturpato  con del sangue finto. All'ingresso è stato attaccato un collage con le foto degli ostaggi a Gaza e  l'impronta di due mani insanguinate sul volto del primo ministro Benjamin Netanyahu. 

Sul Foglio raccontiamo come stanno lavorando in Israele attraverso un Comitato le 800 famiglie degli ostaggi di Gaza per creare un coinvolgimento internazionale sui fronti della diplomazia e dei media. Si legge qui.

 

 


 

Secondo le Nazioni Unite la prima consegna di aiuti nella Striscia  dovrebbe avvenire “non prima di domani”

Il portavoce del capo umanitario delle Nazioni Unite Martin Griffiths ha detto a Ginevra: "Siamo in trattative approfondite e avanzate con tutte le parti interessate per garantire che un'operazione di aiuto a Gaza inizi il più rapidamente possibile... una prima consegna dovrebbe iniziare nei prossimi giorni". Il capo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha espresso su X la "speranza" che il valico venga aperto oggi. "Continuiamo a chiedere l’accesso per fornire beni di prima necessità. Più ritardi si tradurranno in più sofferenze e più morti".

Daniel C. Kurtzer, ambasciatore americano in Egitto dal 1997 al 2001 e ambasciatore in Israele dal 2001 al 2005, scrive in un editoriale sul New York Times perché l'Egitto non può risolvere i problemi di Gaza. Per tre motivi. Primo, il pericolo di sicurezza per il Cairo nella penisola del Sinai. In secondo luogo, molti palestinesi si oppongono all’idea di lasciare Gaza. Il terzo motivo è che l’Egitto è un paese con una vasta popolazione in condizione di estrema povertà: ospita già centinaia di migliaia di richiedenti asilo e rifugiati.

 


 

Il valico di Rafah non aprirà oggi

Il valico di Rafah tra Gaza e l'Egitto, chiuso da oltre dieci giorni, non aprirà oggi, come era invece atteso dopo l'accordo raggiunto mercoledì tra Stati Uniti, Israele ed Egitto. Secondo la Cnn ci sarebbero ancora alcuni "problemi strutturali" sulle strade da risolvere: l'apertura dovrebbe slittare a domani. Anche se secondo le Nazioni Unite ne servirebbero circa cento al giorno, in base agli accordi potranno entrare nella Striscia solo venti camion con cibo, acqua e medicinali (non carburante, che pure sarebbe vitale anche per operare gli ospedali della Striscia). 

  

 

Il varco di Rafah era stato chiuso nei primi giorni del conflitto tra Israele e Hamas, dopo che Israele ne aveva bombardato il lato palestinese. Dall'inizio di questa settimana, sul versante egiziano sono stati rimossi gli sbarramenti che ostruivano il valico. Un centinaio di camion con le prime tremila tonnellate di medicinali, cibo e acqua sono in coda dal lato egiziano, mentre altre derrate attendono nei magazzini di ad al Arish, a meno di cinquanta chilometri di distanza. Khaled Zeid, il responsabile della Mezzaluna Rossa egiziana, l'equivalente locale della Croce Rossa, riferisce di "un coordinamento" con la Mezzaluna palestinese per far entrare "un ospedale da campo e tende". Aspettano al valico anche centinaia di volontari egiziani di varie Ong, riunite nell’Alleanza nazionale per lo sviluppo civile.
   

    

Il confine egiziano di Rafah è l'unica via d'accesso a Gaza non controllata da Israele e ora è l’unica strada possibile per entrare e uscire dalla Striscia. Il valico si trova al confine con la penisola egiziana del Sinai, una regione desertica scarsamente popolata. L'Egitto ha strettamente limitato l'apertura del valico, anche perché i suoi rapporti con Hamas sono molto tesi. Da giorni si attende l'apertura di Rafah: l'avevano annunciata sia il Segretario di stato Antony Blinken sia il presidente americano Joe Biden, durante le loro visite in Egitto o in Israele. Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry invece ha detto che è il governo israeliano a rallentare l'apertura: il Cairo ha accusato Israele di bombardare le zone vicine al valico e di rendere quindi inaccessibile, di fatto, il collegamento con la Striscia. Al momento i bombardamenti israeliani nella zona sono stati interrotti, ma è l'Egitto a tenere chiuso il valico sia per il timore che se farà entrare i convogli possaano riprendere sia per evitare l'ingresso di profughi nel suo territorio.

 

Diversi palestinesi con doppio passaporto sono in attesa al confine, ma non pare sia valida l'ipotesi di consentire la loro uscita dala Striscia verso l'Egitto nè quella di cittadini stranieri presenti a Gaza (Il dipartimento di stato americano, per esempio, stima che nella Striscia ci siano ancora 5–600 persone con cittadinanza degli Stati Uniti). L’Egitto - così come la Giordania del resto - è stato intransigente nel ribadire che non accetterà profughi palestinesi. Il Cairo non ha i mezzi e le infrastrutture per l'accoglienza, e teme anche che accada come nel 1948, quando a centinaia di migliaia di palestinesi fuggiti in Giordania e Libano fu impedito da Israele di ritornare alle loro terre. C'è poi il tema sicurezza: l'Egitto teme l'ingresso, tra i profughi, di mikliziani dei gruppia rmati palestinesi e terroristi di Hamas. Se Hamas usasse l'Egitto come base per lanciare attacchi a Israele andrebbe in frantumi la pace tra i due paesi, stipulata con gli accordi di Camp David del 1978.
   

    


 

Da Yemen e Iraq missili e droni contro Israele e le basi militari americane

Mentre continua il lavoro della diplomazia occidentale per tentare di evitare che il conflitto tra Israele e Hamas si allarghi, l'agenzia Reuters riporta che in Iraq alcune basi militari americane sono state colpite da razzi e droni. All'interno della base aerea di Ain al-Asad sono state sentite numerose esplosioni e l'esercito iracheno ha chiuso l'area. Non è chiaro se ci siano state vittime in questi attacchi, aggiunge Reuters. Già giovedì scorso, il Pentagono aveva fatto sapere che le forze statunitensi in Iraq e Siria hanno subito numerosi attacchi con i droni, alcuni dei quali avevano provocato ferite non gravi. 

L'altro fronte da cui si sono registrati attacchi è lo Yemen. Come ha riferito il Pentagono, qui una nave da guerra americana ha abbattuto missili da crociera e droni lanciati dalle forze Houthi, puntati “potenzialmente verso obiettivi in ​​Israele”. Una versione confermata anche dall'intelligence israeliana, sempre secondo quanto riportato in conferenza stampa dal portavoce del Pentagono Pat Ryder.

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