L'arsenale delle democrazie

Biden rilancia l'alleanza delle democrazie con un abbraccio largo a Israele e all'Ucraina

Paola Peduzzi

L’impunità di Hamas e di Vladimir Putin è un pericolo per tutti. Una nazione indispensabile non può non avere le risorse per gestire due crisi – o una crisi con un fronte ampio e unico – nello stesso tempo

Milano. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha unito l’abbraccio che ha dato mercoledì a Tel Aviv al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, con quello che aveva dato al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a Kyiv il 24 febbraio scorso, a un anno dall’invasione russa in Ucraina: non vincerà Hamas che ha massacrato Israele e non vincerà Vladimir Putin che massacra l’Ucraina. In un discorso agli americani – chiaro, caloroso – Biden ha spiegato che la minaccia contro Kyiv e contro Gerusalemme è la stessa – l’annientamento di un popolo, gli ebrei in quanto ebrei, gli ucraini in quanto ucraini – e che un’inazione, un ritiro da parte dell’America del proprio sostegno, ideale e militare, darebbe a Hamas e alla Russia la possibilità di esercitare ancora la propria brutalità, e costituirebbe un pericolo per la sicurezza dell’America e di tutto il mondo. 

 

Perché queste minacce interessano anche gli Stati Uniti?, ha chiesto Biden, e ha dato una risposta che ha il suo fondamento nella difesa della libertà e della democrazia in nome dei popoli aggrediti e di tutti quelli che non lo sono fisicamente, non ora almeno, ma che nel caos finirebbero anch’essi per essere un bersaglio. Come Hamas non riconosce l’esistenza di Israele così la Russia non riconosce l’esistenza dell’Ucraina: Hamas ce l’ha scritto nel suo statuto del 1988, la Russia di Putin ha deciso di rimangiarsi la storia e di negare la nazione ucraina e con essa il suo popolo. Le ragioni possono essere diverse, il risultato è simile ed è pericoloso per tutti, per le persone che hanno subìto e subiscono una violenza oscena già oggi e per quelle che potrebbero subirla se l’America con i suoi alleati abdicasse al suo ruolo di “nazione indispensabile”, ai valori liberali cui si ispira. Biden restaura ancora una volta quell’alleanza delle democrazie indispensabile per respingere il caos e lo stravolgimento che la Russia, Hamas e i loro alleati – cita l’Iran – perseguono su scala globale. Voltarsi dall’altra parte significa farli vincere: non è per Biden un’ipotesi contemplabile. Dice che non si ritirerà, dice che questa determinazione a garantire una vita in pace ai popoli in guerra – compresi i palestinesi – non si esaurirà e che l’impegno americano è duraturo oltre che necessario.

 

Biden parla ai nemici, parla agli alleati, parla a Israele e all’Ucraina, ma parla soprattutto agli americani. E’ da quando è stato eletto, nel 2020, che il presidente parla di unità: all’inizio del suo mandato aveva detto che gli sembrava quasi più fattibile unire gli alleati internazionali che il suo stesso paese. Non aveva tutti i torti: l’allineamento occidentale in difesa dell’Ucraina è stato costruito con metodo e con forza; su Israele è tutto più complicato, lo è da sempre, e gli alleati europei sono molto più riluttanti di quanto non lo siano stati per la difesa di Kyiv, ma Biden è riuscito a imporre un paradigma nuovo, molto meno irrefutabile, sulla difesa di Israele: dice che Hamas deve essere sradicato, ma che il popolo palestinese, che subisce l’offesa quotidiana della leadership di Hamas, deve essere protetto. E’ un equilibrio nuovo, anche spiazzante, che mette anche l’Unione europea di fronte alle proprie responsabilità, scarnificando un’impostazione ideologica di lunga data. Soprattutto Biden ribalta la falsa scelta che il Partito repubblicano all’opposizione continua a riproporre e che vede il sostegno a Israele a detrimento di quello all’Ucraina. Il presidente ha presentato al Congresso – un Congresso imploso a causa dell’assedio dei trumpiani che hanno bloccato i lavori – di stanziare 105 miliardi di dollari per rifornire l’Ucraina e Israele di armi e aiuti senza perdere tempo e senza interruzioni.

 

Una nazione indispensabile non può non avere le risorse per gestire due crisi – o una crisi con un fronte ampio e unico – nello stesso tempo: si tratta di risorse valoriali ma anche di risorse materiali. “Siamo seduti sulle scorte nei nostri arsenali”, ha detto Biden, non venitemi a dire che rischiamo di essere sguarniti: l’alleanza delle democrazie si fonda su un arsenale delle democrazie che gli americani costruiscono senza sosta. Non ci sono scuse, dice Biden: aiutiamo gli alleati, annulliamo le distinzioni, combattiamo l’odio, ne va dell’ordine globale, ma soprattutto del futuro delle persone, che tutte indistintamente ambiscono a un futuro, a un’opportunità – alla vita. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi