Vladimir Putin (LaPresse)

“Les aveuglés”

Sylvie Kauffman ci racconta l'Europa “accecata” da Putin che ora però può essere una potenza

Mauro Zanon

"I principali errori sono stati commessi da Germania e Francia". La corrispondente da Mosca del Monde ai tempi della fine dell'Unione sovietica racconta in un saggio gli errori che ci hanno impedito di guardare in faccia la realtà della Russia

Parigi. “Aveuglés”, accecati. Dall’idea che la fine della Guerra fredda avrebbe aperto una nuova èra, segnata dal trionfo incontrastato della democrazia liberale, che avrebbe contagiato tutti i paesi dell’est sotto l’orbita sovietica, e la stessa Russia. Tre decenni dopo, eccoci qui a fare i conti con Vladimir Putin e una Russia sempre più aggressiva, che lo scorso anno ha invaso l’Ucraina riportando la guerra nel cuore dell’Europa, e martedì, tramite una risoluzione approvata all’unanimità dai 412 deputati della Duma ha revocato la ratifica del Trattato sulla messa al bando degli esperimenti nucleari (Ctbt). Ma quali segnali abbiamo ignorato? Perché l’Europa si è risvegliata soltanto il 24 febbraio 2022, quando Putin ha deciso di lanciare l’offensiva contro l’Ucraina di Volodymyr Zelensky?

Attraverso le testimonianze di alcuni dei protagonisti degli ultimi trent’anni, e con l’esperienza di chi ha raccontato sulle pagine del Monde la fine dell’Unione sovietica da corrispondente a Mosca e in seguito dall’Europa centrale, Sylvie Kauffmann racconta in un saggio intitolato “Les aveuglés” (Stock) gli errori che ci hanno impedito di guardare in faccia la realtà della Russia di Vladimir Putin: dal ripiegamento americano all’accecamento della Germania riunificata prigioniera della sua storia e dei suoi risultati economici, dalla russofilia obsoleta di una parte delle élite francesi ai sogni irrealistici dei presidenti Sarkozy e Macron, convinti di poter ridefinire con la Russia putiniana una nuova architettura europea di sicurezza.

“Quando Barack Obama salì al potere erano già evidenti le ambizioni di Vladimir Putin e il fatto che non avesse alcuna intenzione di cooperare con l’occidente. C’era bisogno di fermezza nei confronti del capo del Cremlino, e da parte di Obama non c’è stata. Un esempio. Durante la guerra in Siria, ci sono stati gli attacchi chimici. L’allora presidente americano, nel 2012, aveva fissato una linea rossa che non doveva essere superata, l’utilizzo delle armi chimiche appunto. Se fosse stata superata, promise, ci sarebbe stata una reazione degli Stati Uniti: ma all’ultimo momento decise di rinunciare. Quel segnale fu interpretato da Putin come una specie di porta aperta a superare le linee rosse”, spiega al Foglio Sylvie Kauffmann, editorialista del Monde e tra le massime esperte francesi di relazioni internazionali. Il sottotitolo di “Les aveuglés”, uscito ieri in Francia, è “Comment Berlin et Paris ont laissé la voie libre à la Russie”.

“Per quanto riguarda l’Europa, i principali errori sono stati commessi da Germania e Francia. Berlino si era impegnata in una politica di cambiamento attraverso il commercio, secondo l’idea che con sempre più cooperazioni commerciali con Mosca, quest’ultima si sarebbe avvicinata alle nostre belle democrazie liberali: è stato un abbaglio, perché non corrispondeva al progetto di Putin per la Russia”, dice al Foglio Kauffmann. “L’altro grave errore della Germania è stato rendersi sempre più dipendente dal gas russo, dipendenza che si è accentuata ai tempi di Gerhard Schröder. Subito dopo aver lasciato la cancelleria, Schröder ha accettato la nomina di Gazprom a capo del consorzio Nord Stream AG, che si è occupato della costruzione dell’omonimo gasdotto tra la costa russa nella regione di Vyborg e la costa tedesca nella regione di Greifswald, passando per il Mar Baltico. Lo ha fatto pochi giorni dopo l’abbandono del suo ruolo politico e nessuno in Germania lo ha criticato. Il progetto di Nord Stream 1 è stato seguito dal progetto Nord Stream 2, finalizzato nel 2015 dopo l’annessione della Crimea. E anche questo, a mio avviso, è stato un errore fondamentale, perché ha mostrato ai russi che l’Europa non accordava tanta importanza a questa annessione. Sotto il regno di Angela Merkel la dipendenza tedesca dal gas russo ha registrato un’ulteriore impennata”, dice l’editorialista del Monde. La russofilia di una parte delle élite francesi, che risale ai tempi di Charles de Gaulle, ha contribuito al  “déni de réalité”, alla negazione della realtà di una Russia, quella di  Putin, impermeabile ai valori liberali dell’Europa dell’ovest.

Ma ci sono stati anche altri sbagli. “La Francia, come la Germania, aveva naturalmente degli interessi commerciali ed economici in Russia, ma il vero errore è legato alla sua ambizione di sicurezza, ossia alla volontà di costruire con la Russia putiniana una nuova architettura di sicurezza per l’Europa. E’ stato un accecamento”, dice Kauffmann, e aggiunge: “L’altro grave errore è il contratto di vendita delle due portaelicotteri Mistral alla Russia sotto Nicolas Sarkozy, poi annullato durante la presidenza di François Hollande per via della situazione in Ucraina”. 

Dalla reazione coordinata contro la pandemia di Covid-19 alla compattezza nel condannare Putin dopo l’invasione dell’Ucraina, è nata però una nuova Europa, una nuova coscienza europea. “L’idea di ‘Europa puissance’, dell’Unione europea come potenza geopolitica non è più soltanto un desiderio di Emmanuel Macron”, secondo Kauffmann. “Dopo la guerra in Ucraina, a Bruxelles, aumenta il numero paesi membri convinti del bisogno di un’Europa come spazio di potenza: non è più soltanto una battaglia francese. Penso che l’‘Europe puissance’ sia una necessità, per essere più autonomi e per riprendere il nostro destino in mano, dinanzi agli squilibri geopolitici che si stanno palesando, a partire dal riacutizzarsi della crisi israelo-palestinese”.
 

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