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Dall'Ungheria migliaia di migranti nell'Ue. Chiudono le frontiere Schengen

David Carretta

Mentre Italia e Germania tirano un sospiro di sollievo per l’intesa sul Patto su migrazione e asilo, si delinea un nuovo problema: il sospetto su Orbán e il suo muro che non regge

Bruxelles. I governi dell’Unione europea ieri hanno trovato un’intesa sul “regolamento crisi” del nuovo Patto su migrazione e asilo, sbloccando lo stallo provocato dallo scontro tra Italia e Germania sulle ong. I negoziati con il Parlamento europeo possono riprendere e i vertici di oggi e domani a Granada sono salvi. Ma l’Ue è di fronte a un nuovo problema: il domino di Schengen provocato da Viktor Orbán. La sua politica dei muri non funziona. Così il premier ungherese sta spingendo i migranti verso altri paesi, che hanno deciso di reintrodurre i controlli alle frontiere. 

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha definito l’intesa sul regolamento crisi “un successo per l’Italia”. La sua omologa tedesca, Annalena Baerbock, ha rivendicato di aver “combattuto duro e con successo” per far prevalere “umanità e ordine”. In caso di afflusso eccezionale, il regolamento prevede solidarietà obbligatoria (sotto forma di ridistribuzione dei migranti o contributi finanziari) e una serie di deroghe per i paesi sotto pressione (dai tempi più lunghi per le registrazioni a un prolungamento della detenzione). Le garanzie per le ong sono scomparse dal dispositivo del regolamento (una concessione all’Italia), ma sono rimaste nel testo tra i considerando (una concessione alla Germania). Con Roma e Berlino che possono cantare vittoria e fare pace, dovrebbe essere disinnescato il rischio che il vertice informale dei leader di domani a Granada diventi teatro di scontri sui migranti. L’intesa sul regolamento crisi – a cui si sono opposte Ungheria e Polonia – permette anche di rilanciare i negoziati tra i governi e il Parlamento europeo su tutto il Patto su migrazione e asilo. Il tempo stringe. Per approvarlo prima della fine della legislatura, è necessario un accordo su tutti i regolamenti entro febbraio. La direzione è chiara: “Europa fortezza”. La bozza di conclusioni di Granada, oltre a impegni già ribaditi più volte, include il nuovo slogan in voga: “Non permetteremo ai trafficanti di decidere chi entra nell’Ue”. Ma cosa succede se la fortezza non regge? L’interrogativo si pone nel momento in cui il paese che più di tutti si è trasformato in fortezza, l’Ungheria di Viktor Orbán, vede i migranti superare i suoi muri e fili spinati e li spinge verso altri stati membri, che sono costretti a chiudere i confini.

In un domino dell’Europa senza frontiere di Schengen, negli ultimi giorni cinque paesi hanno annunciato misure per contenere i flussi ai loro confini. La scorsa settimana la Germania ha annunciato controlli di polizia vicino a Polonia e Repubblica ceca. Martedì Polonia, Repubblica ceca e Austria hanno reintrodotto i controlli alle frontiere con la Slovacchia. Ieri è stata la Slovacchia ad adottare un decreto per ristabilire i controlli alla frontiera con l’Ungheria. Perché è da lì che decine di migliaia di migranti – probabilmente centinaia di migliaia – stanno affluendo nell’Ue, malgrado la politica di fermezza attuata e propagandata da Orbán. I muri e i fili spinati costruiti negli ultimi anni lungo la frontiera meridionale ungherese non impediscono ai migranti di attraversare il confine dalla Serbia. Da gennaio ad agosto Frontex ha registrato più di 70 mila ingressi irregolari attraverso la rotta dei Balcani occidentali. L’Ungheria cerca di effettuare respingimenti ma, quando non ci riesce, poi non rispetta gli obblighi dell’Ue di registrazione e accoglienza. Al contrario, favorisce il transito incontrollato di migranti verso i paesi vicini. La Slovacchia ha visto gli ingressi irregolari moltiplicarsi per undici quest’anno: da gennaio quasi 40 mila migranti, in prevalenza da Siria e medio oriente. Solo nel corso del mese di settembre, gli ingressi sono stati tanti quanti tutti quelli del 2022. Durante la recente campagna elettorale, alcuni politici slovacchi hanno accusato la polizia ungherese di “inazione” e Orbán di spingere i migranti oltre confine per “aiutare Robert Fico”. 

Il sospetto è grave, ancor più a pochi mesi dalle elezioni europee. Come Aljaksandr Lukashenka, Orbán userebbe i migranti come arma ibrida per destabilizzare governi e favorire alleati. E’ possibile che i motivi dell’Ungheria siano più banali: liberarsi del fardello dei richiedenti asilo in barba alla legislazione europea ed estorcere altri fondi all’Ue. Da anni Orbán chiede alla Commissione di finanziare i suoi muri e il controllo della frontiera. In maggio l’Ungheria ha deciso di liberare dalle sue carceri i trafficanti di esseri umani per il rifiuto dell’Ue di pagare per la loro detenzione. La Commissione ha aperto una procedura di infrazione, ma il totale dei trafficanti liberati da Orbán ad agosto ha raggiunto quota 1.468.