Editoriali
Musk tra libertà di parola e antisemitismo
Netanyahu chiede al patron di X di fermare l'odio collettivo contro Israele nel social. L'equilibrio da garantire quando "qualcuno che non ti piace dice qualcosa che non ti piace"
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto a Elon Musk, il proprietario di X, precedentemente Twitter, di adottare misure per frenare l’antisemitismo sulla piattaforma. Musk all’inizio di questo mese ha minacciato di citare in giudizio l’Anti Defamation League, accusando l’organizzazione di “tentare di uccidere” X dopo che il gruppo aveva segnalato un picco di incitamento all’odio sulla piattaforma in seguito al ripristino di account bannati. Nell’incontro, Netanyahu ha elogiato Musk per quello che ha definito il suo sostegno alla libertà di parola e ha detto di sapere che il proprietario di X è contrario all’antisemitismo. “Spero che troverete, entro i confini del Primo emendamento, la capacità di fermare l’antisemitismo o di reprimerlo nel miglior modo possibile, ma anche qualsiasi odio collettivo verso un popolo come quello che l’antisemitismo rappresenta, esorto e incoraggiarvi a trovare l’equilibrio”, ha detto Netanyahu. “Sono contro l’antisemitismo e contro tutto ciò che promuove l’odio e il conflitto”, ha risposto il patron di Tesla. Tuttavia, Musk ha sottolineato che “la libertà di parola a volte significa che qualcuno che non ti piace dice qualcosa che non ti piace”.
Qui Musk dovrà trovare la quadra: garantire la libertà di parola, ma evitando che X diventi il ricettacolo di liquami antisemiti. Musk ha aggiunto che ci sono tra i 100 e i 200 milioni di post al giorno su X e “alcuni di questi saranno pessimi”. Netanyahu ha risposto che ciò non dovrebbe impedire a Musk di condannare l’antisemitismo.
Netanyahu ha suggerito a Musk che un modo per combattere l’antisemitismo è impedire l’uso dei robot. “Bibi” ha poi definito Musk “l’Edison del nostro tempo” e il “presidente non ufficiale degli Stati Uniti”. Per questo Musk ha una responsabilità maggiore nell’evitare che l’agorà digitale sia usata da chi non dovrebbe neanche starci.
Isteria migratoria