La wild card nordcoreana è perfetta per Putin e Xi Jinping

Giulia Pompili

Russia e Corea del nord sempre più vicine per uno scambio d'armi. Ma già da tempo Mosca e Pechino hanno cambiato metodo con Pyongyang

Qualche giorno fa durante una conferenza organizzata da NK Pro a Seul, nella capitale sudcoreana, uno dei massimi esperti israeliani di programmi missilistici e spaziali, Tal Inbar, ha detto che il governo sudcoreano sta minimizzando troppo la minaccia dell’arsenale sempre più tecnologico della Corea del nord. I missili balistici intercontinentali camuffati da razzi lanciatori per mettere in orbita un satellite – il secondo lancio è fallito, come il primo, solo una settimana fa – dovrebbero allarmarci di più rispetto alla minaccia posta dal regime di Pyongyang. Non solo:  Inbar ha fatto riferimento all’expo della Difesa che si è tenuto il mese scorso in occasione del 70° anniversario dalla fine della Guerra di Corea, che in Corea del nord chiamano “il giorno della Vittoria”, e al quale hanno partecipato anche il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, e Li Hongzhong, membro del Politburo del Partito comunista cinese. In quell’occasione sono stati mostrati al pubblico, e agli amici russi e cinesi, dei sorprendenti droni di nuova generazione made in Corea del nord, chiaramente costruiti sulla base di tecnologie e dati iraniani. 

 


La triangolazione nel settore della Difesa con Iran, Russia e Cina è uno dei motivi di preoccupazione maggiori per chi segue l’evoluzione della minaccia nordcoreana. Lo è da sempre, ma da quando è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia lo è ancora di più. Il periodo di chiusura al mondo, con i confini bloccati, che andava avanti sin dall’inizio della pandemia da Covid-19 è quasi finito e secondo diversi esperti è servito al regime nordcoreano a riorganizzarsi anche dal punto di vista dell’autosufficienza. Russia e Cina continuano a bloccare ogni proposta di nuove sanzioni contro Pyongyang dentro al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il risultato è che il regime guidato da Kim Jong Un è sempre più una minaccia concreta: attorno alla mezzanotte di ieri la Corea del nord ha lanciato due missili balistici a corto raggio “con lo scopo di inviare un chiaro messaggio ai nemici”, riporta l’agenzia di stampa statale Kcna, “che ci sfidano con minacce militari come il dispiegamento di risorse nucleari strategiche nonostante i nostri ripetuti avvertimenti”: due missili contro le esercitazioni militari congiunte tra America e Corea del sud che si svolgono ogni anno nell’area e che sono una conseguenza delle attività belliche della Corea del nord. Martedì scorso Kim Jong Un ha presieduto a un’altra esercitazione militare che mirava ad addestrare i soldati alla guerra d’invasione del Sud. 

 


L’anno scorso Pyongyang ha lanciato un numero record di missili, che ogni volta provocano l’attivazione del sistema di allarme in alcune zone del Giappone. Quest’anno, tra gli altri, ha lanciato anche un missile balistico intercontinentale, nell’ennesima violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Questa belligeranza, ormai sistematicamente protetta da Russia e Cina, mostra che Pyongyang è disposta ad alzare il livello di tensione e a usare Mosca e Pechino in modo dinamico e alternativo per garantire la sua sopravvivenza. E’ la tradizione della sua diplomazia: sin dalla fine della Seconda guerra mondiale la leadership nordcoreana sfrutta la competizione tra i suoi due maggiori protettori per i suoi interessi. Ma ora che lo scontro con l’occidente si è consolidato, sia la Russia sia la Cina hanno tutto l’interesse di tenere in piedi una wild card che nessuno, settant’anni dopo, sa ancora come gestire. 

 


Il livello di allarme sulla Corea del nord inizia però a tornare esplicito anche alla Casa Bianca – ancora impantanata tra i tentativi azzardati di Donald Trump e la politica della “pazienza strategica” di Barack Obama – adesso che sembra sempre più chiaro, come per l’Iran, il suo coinvolgimento nella guerra russa contro l’Ucraina. Già il mese scorso il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americano, John Kirby, sottolineava l’esistenza di negoziazioni per la vendita di armi alla Russia da parte della Corea del nord, che nelle prime fasi della guerra aveva fornito munizioni alla Wagner di Evgeni Prigozhin. “Ciò che è diverso ora”, ha detto ieri Kirby in un’intervista a Npr, “è che stiamo assistendo a contatti tra Russia e Corea del nord, di alto livello, fino a Putin e Kim Jong Un. Stiamo assistendo a uno sforzo per garantire un accordo sulle armi tra due stati-nazione da utilizzare da parte delle forze militari russe. Questo fa la differenza”.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.