Terry Gou (foto ansa)

presidenziali 2024

Chi è il tycoon del tech che vuole diventare presidente di Taiwan

Stefano Pelaggi

Terry Gou, fondatore dell'azienda Foxconn, correrà come indipendente alle prossime elezioni presidenziali. I due obiettivi principali sono: sconfiggere il Partito democratico e migliorare le relazioni con la Cina (anche se la Cina non vuole)

L’annuncio di lunedì in cui Terry Gou si è candidato alle presidenziali taiwanesi del 2024 era stato ampiamente anticipato. Si presenterà come indipendente, dopo essere stato respinto come candidato dal partito Kuomintang e dopo aver tentato, inutilmente, di cercare di formare un’alleanza nel campo pan-blu, ossia tra i partiti che orbitano intorno al Kuomintang. Gou ha ripetuto che la sua scelta nasce dalla necessità di sconfiggere il Partito democratico progressista attualmente alla presidenza, che nella sua interpretazione avrebbe trascinato Taiwan sull’orlo della recessione economica e danneggiato gravemente le relazioni con Pechino mettendo in pericolo il futuro dei taiwanesi. Terry Gou scende in campo quindi, ma il suo nome è già molto noto non solo a Taiwan: è infatti il fondatore della Hon Hai Precision, la più grande azienda di elettronica di produzione per conto terzi al mondo. La Hon Hai, conosciuta in occidente con il suo nome commerciale, Foxconn, impiega più di un milione di persone, la stragrande maggioranza nella Cina continentale, e praticamente tutti i marchi tecnologici – Apple, Microsoft, HP e IBM tra gli altri – si affidano ai suoi servizi per la produzione. La società ha anche acquistato prestigiosi marchi come Sharp e Nokia negli scorsi anni, ma l’attività principale dell’azienda resta quella dell’Original equipment manufacturer, ossia la realizzazione di prodotti, parti o componenti utilizzati poi da altre società, la cosiddetta “casa madre” che lo commercializzerà con il proprio logo. 

Foxconn è leader mondiale tra le Oem e la sua forza deriva dalla capacità di ottimizzare i processi di produzione, un risultato conseguito con metodi di gestione aziendale derivati da elementi del taylorismo e del fordismo portati agli estremi e implementati all’interno dell’approccio confuciano alla disciplina e alla gerarchia. Le fabbriche sono descritte come delle città completamente autosufficienti – la più grande arriva a ospitare più di 250.000 dipendenti – in cui regole e comportamenti sono stabiliti dai vertici aziendali. Nel 2010, 14 dipendenti di Foxconn si sono suicidati nel disperato tentativo di protesta contro le condizioni di lavoro, e di vita all’interno delle fabbriche. Nel 2012 più di 150 dipendenti minacciarono di lanciarsi dal tetto della fabbrica a Wuhan per protestare contro le inumane condizioni di lavoro. Negli anni successivi le fabbriche di Foxconn sono state raccontate da giornalisti e lavoratori con toni che richiamano le città della fantascienza apocalittica. 

La conferenza con cui Terry Gou ha annunciato la candidatura è stata incentrata sui suoi successi economici e sulla decennale esperienza nella gestione aziendale. Il primato industriale di Gou è un elemento certo ma, come la blogosfera taiwanese ha sottolineato, a Taiwan nessuno vuole vedere applicato il modello Foxconn alla democrazia dell’isola. L’approccio di Gou rispetto alla relazione con Pechino è ambiguo, il neocandidato ha promesso, con le consuete premesse sulla difesa dello status quo di Taiwan, di garantire 50 anni di pace nello Stretto, gettando solide basi di fiducia reciproca tra Taiwan e Cina. Una possibilità che appare complessa alla luce dell’approccio di Pechino alla questione taiwanese. Terry Gou non ha ufficialmente coinvolgimenti nella gestione di Foxconn, dopo la scelta di dimettersi da ceo nel 2019, ma resta il principale azionista dell’azienda che mantiene la maggior parte degli stabilimenti nella Repubblica popolare cinese. Il possibile conflitto di interessi con il governo cinese e i tanti lati oscuri della gestione aziendale di Foxconn sono i punti deboli per Gou. La sua candidatura, però, indebolisce il candidato del Kuomintang, Hou Yu-ih, e pure Ko Wen-je del Taiwan People’s Party: gli elettori di Gou verranno, secondo i principali sondaggisti, proprio dalle file di questi due partiti considerati conservatori. La clamorosa vittoria del Partito democratico progressista di Chen Shui-bian, nel 2000, avvenne proprio in conseguenza di una netta divisione del campo pan-blu. 

Mancano ancora quasi 5 mesi prima delle elezioni presidenziali di gennaio 2024 e il successo del candidato del partito alla presidenza, William Lai, appare sempre più vicino. A meno che i tre candidati non trovino una soluzione per una campagna congiunta e un percorso politico condiviso. Una possibilità a oggi remota visto l’approccio imprevedibile e autoreferenziale di Ko Wen-je e l’incompatibilità della personalità di Terry Gou con posizioni non legate a una leadership assoluta.

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