Glenn Youngkin (foto Ansa)

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I repubblicani corteggiano Youngkin, il nome che piace a Murdoch

Giulio Silvano

Il governatore della Virginia sta attirando l'attenzione dei big donors e delle figure più moderate del partito. Un trumpiano light che sa tenere i piedi in più scarpe. A novembre la sua decisione sulla candidatura 

Il 23 agosto i candidati repubblicani condivideranno il palco a Milwaukee, in Wisconsin, per il primo dibattito delle primarie. Donald J Trump sarà il grande assente. Ha snobbato l’evento, che sarà in diretta su Fox News, dicendo che tanto lui è in testa, e di parecchio. Trump, nonostante le quattro incriminazioni, nei sondaggi è dato al 54 percento mentre il governatore Ron DeSantis, al secondo posto, è in discesa libera con un 14 percento. Nessun altro – Pence, Christie, Ramaswamy, Scott, Haley, Burgum – raggiunge la doppia cifra. Chi cercava nel governatore della Florida un’alternativa a Trump è stato deluso. “Chiunque ma non Trump”, era il mantra di una parte dei conservatori delusi dal quadriennio 2017-2021, e ora il nuovo motto è diventato “Chiunque ma non Trump, ma nemmeno DeSantis”. Non si può basare una campagna sull’antiwokismo scavalcando tutti a destra. E il carisma del “Trump intelligente” si è rivelato un mito. Così l’establishment del GoP e i big donors sono ancora alla ricerca di una soluzione, di un modo per togliere lo scettro a Trump, prima che a farlo sia il dipartimento della giustizia. Il trumpismo ha allontanato le figure più moderate, i figli del neo conservatorismo bushiano, i Mitt Romney, gli estimatori di John McCain, dando spazio ai prodotti del Tea Party. E chi prima chiamava Trump buffone e poi si è convertito alla setta MAGA, non ha un vero appeal. A quel punto, per l’elettorato, è meglio l’originale.  Dove cercare questo anti Trump, questa figura che possa prendere le redini di un partito imbizzarrito, dove il populismo catastrofista ha sostituito ormai l’ottimismo reaganiano? Alcuni stanno guardando alla Virginia e al suo governatore, Glenn Youngkin. Cinquantasei anni (21 meno di Trump), Youngkin ha giocato a basket mentre era al college poi ha studiato business ad Harvard. Ha vissuto in Virginia quasi tutta la sua vita. Ha lavorato nell’asset management arrivando al vertice del Carlyle Group e poi nel ‘21 si è candidato governatore del suo stato, usando diversi milioni personali per la campagna. Ha battuto il clintoniano Terry McAuliffe, riuscendo a portare via ai dem i voti nei sobborghi. Youngkin, nonostante si sia brandizzato come il businessman che parla alla middle class, è riuscito a essere un trumpiano light, senza attirare troppa attenzione su di sé. Non ha mai dichiaratamente preso le distanze dai cospirazionisti ma non ha nemmeno mai fatto dichiarazioni da vichingo del 6 gennaio. Ha riconosciuto la vittoria di Joe Biden alla presidenza, ma non ha mai detto se le elezioni siano state legittime o meno. Si è fatto sostenere da Trump, ma senza diventarne un leccapiedi esagitato. Durante il Covid ha tolto l’obbligo di mascherina, ma ha mantenuto alcuni precetti sanitari che i MAGA consideravano fascisti. Ha eliminato lo studio della critical race theory nelle scuole ma ha difeso l’aborto in alcuni casi. Insomma, Youngkin sa come tenere i piedi in più scarpe, senza ricevere un’etichetta da estremista, e sa come battere i democratici guardando alla classe media. Questo è uno dei motivi per cui Rupert Murdoch avrebbe personalmente contattato il governatore per chiedergli di candidarsi e provare a sfidare Biden l’anno prossimo. Sul New York Post di Murdoch è uscito questo mese un profilo apologetico del governatore definito un “felice guerriero conservatore”, dipinto come “geniale” e capace di unire il partito. Il kingmaker novantaduenne non è l’unico ad aver adocchiato Youngkin. Anche i miliardari Ronald Lauder, figlio di Estée, e Thomas Peterffy, fondatore di Interactive Brokers, sono pronti ad aprire il portafogli per il governatore della Virginia, dopo aver trovato deludente quello della Florida.  Secondo alcune fonti Youngkin vorrebbe aspettare novembre per decidere un’eventuale scesa in campo nazionale, dato che ci saranno le elezioni locali in Virginia per rinnovare il Parlamento, oltre a quelle speciali per un posto senatoriale. Entrambi i senatori dello stato al momento sono democratici e, vista la sottilissima maggioranza, un nuovo senatore repubblicano potrebbe cambiare gli equilibri di Washington e mettere Youngkin sotto i riflettori nazionali come responsabile della vittoria. Ma aspettando novembre, Youngkin non potrebbe qualificarsi per le primarie del Nevada e del South Carolina. L’entusiasmo congelato per il governatore della Virginia dimostra che il partito repubblicano e i suoi supporter sono ancora alla ricerca di un candidato forte che possa aprire una nuova stagione, con un aspirante presidente senza mire autocratiche e senza troppi impegni tra i tribunali di mezza America.