il progetto

La Via dei microchip di Taiwan e la vittoria tedesca in Europa

Giulia Pompili

Sarà la città di Dresda a ospitare la fabbrica Tsmc da 10,2 miliardi di euro che produrrà semiconduttori e microchip principalmente per il mercato dell’Unione europea, che ne ha estremo bisogno

La Via della seta cinese ha un competitor sempre più forte e necessario: la via dei microchip di Taiwan. La Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc), una delle più grandi compagnie di produzione di microchip al mondo, asset strategico del governo di Taipei, ha annunciato ufficialmente l’altro ieri la destinazione del suo primo investimento in Europa: non sarà l’Italia, come a lungo sperato dall’esecutivo di Roma, e nemmeno la Francia. Come previsto, sarà la città tedesca di Dresda a ospitare la fabbrica da 10,2 miliardi di euro che produrrà semiconduttori e microchip principalmente per il mercato dell’Unione europea, che ne ha incredibile bisogno. L’operatività dell’industria è prevista per il 2027, e impiegherà circa duemila persone. La Tsmc, fondata a Taiwan nel 1987 dall’influente imprenditore ormai novantaduenne Morris Chang, avrà il 70 per cento della proprietà dell’impianto, mentre le tedesche Robert Bosch e Infineon Technologies e l’olandese NXP Semiconductors avranno rispettivamente il 10 per cento. L’investimento taiwanese in Europa è il quarto fuori dai confini nazionali per la Tsmc (oltre a quello in Arizona e due in Giappone), e fa parte di una strategia di diversificazione degli investimenti all’estero sostenuta dal governo di Taipei per alleggerire la dipendenza economica dell’isola con la Cina continentale. Ma è anche una grande vittoria per la Germania del cancelliere Olaf Scholz, che mira a trasformare il paese nel più importante produttore europeo di componenti essenziali per la tecnologia, dalle auto agli smartphone fino ai pacemaker cardiaci, attraendo le industrie internazionali con ingenti sussidi – l’americana Intel riceverà dieci miliardi di euro, per l’impianto di Dresda la Tsmc ne riceverà 5 miliardi dal governo di Berlino.

 


Due settimane fa il Consiglio europeo ha approvato il regolamento per il cosiddetto “Chips Act”, cioè l’ultima fase della procedura decisionale per rafforzare i fondi che mirano a sviluppare l’autonomia europea nel settore dei semiconduttori, attraendo investimenti da paesi “amici” e preparando l’Europa a eventuali future crisi di approvvigionamento. Anche il “decreto Asset” approvato l’altro ieri dal Consiglio dei ministri italiano va in questa direzione, perché anticipa alcune misure del più vasto Piano nazionale per la microelettronica che vedrà un investimento di circa 700 milioni di euro da parte del governo, ma ci sono anche 30 milioni stanziati dal ministero dell’Università e della ricerca per contribuire al Chips act europeo. Per ora però il paese in prima linea nel settore resta la Germania, che con l’investimento della Tsmc si avvicina sempre di più a Taiwan mettendo un freno alle politiche di dipendenza dalla Repubblica popolare cinese attuate finora. La ministra dell’Economia di Taiwan, Wang Mei-hua, ha detto ieri in conferenza stampa a Taipei che “l’investimento di Tsmc in Europa contribuirà a una cooperazione ancora più stretta tra Taiwan e l’Unione europea. Proprio come Taiwan e Stati Uniti stanno continuando a rafforzare la loro cooperazione, la presenza dell’azienda di chip in Europa rafforzerà sicuramente le relazioni bilaterali in futuro”.

 


L’isola di Taiwan, che la Cina rivendica come proprio territorio, anche se il Partito comunista cinese non l’ha mai governata, è costantemente minacciata da una eventuale aggressione da parte di Pechino, ma nonostante le pressioni da anni costruisce la sua rete strategica di rapporti economici con il resto del mondo. E con la crisi dei microchip iniziata ormai da tre anni è diventata sempre più importante. L’adesione dell’Italia nel 2019 alla Via della seta cinese ha reso Roma più distante da Taipei, una distanza che il governo Meloni ha cercato di colmare intensificando le missioni diplomatiche non ufficiali e con l’apertura di un ufficio di rappresentanza taiwanese a Milano. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.