(foto EPA)

l'intervista

Quanto conviene a Macron una politica muscolare contro i golpisti nigerini

Mauro Zanon

“Un intervento militare della Francia per riportare al potere Mohamed Bazoum sarebbe suicida, perché offrirebbe un pretesto ai burkinabé e ai maliani per creare disordini e intervenire a sostegno di Niamey”. Parla lo storico Jauffret

Parigi. Un intervento militare in Niger per reinsediare il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, rovesciato dal golpe del generale Abdourahmane Tiani, sarebbe “una dichiarazione di guerra”, hanno detto lunedì in un comunicato congiunto i governi del Burkina Faso e del Mali, all’indomani della minaccia di un uso della “forza” da parte dei dirigenti della Ecowas (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale) riuniti nella capitale della Nigeria. Il comunicato è anche un messaggio alla Francia, accusata dai golpisti a Niamey di voler “intervenire” con l’esercito. Le due giunte al potere a Ouagadougou e Bamako, a loro volta figlie di un colpo di stato, hanno minacciato  di “adottare misure di legittima difesa in sostegno alle forze armate e al popolo del Niger”. E di ritirarsi dalla Ecowas nel caso in cui scattasse un’operazione militare: operazione che per ora viene negata da Parigi, nonostante il presidente Emmanuel Macron abbia dichiarato domenica che “non tollererà alcun attacco contro la Francia e i suoi interessi”, e che in caso ci sarà una risposta “immediata e inflessibile”. “L’unica priorità della Francia è la sicurezza dei suoi cittadini (…). Le misure che stiamo prendendo sono destinate esclusivamente a garantire la sicurezza dei nostri compatrioti”, ha affermato lunedì la ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna. Ieri, intanto, la Francia ha annunciato l’inizio delle operazioni di evacuazione dei propri connazionali ma anche dei “cittadini europei che desiderano lasciare il paese”, secondo una nota del Quai d’Orsay, con voli speciali. “Un intervento militare della Francia per riportare al potere Mohamed Bazoum, eletto democraticamente lo scorso febbraio, sarebbe suicida, perché offrirebbe un pretesto ai burkinabé e ai maliani per creare disordini e intervenire a sostegno di Niamey”, spiega al Foglio Jean-Charles Jauffret, professore emerito di storia contemporanea a Sciences Po-Aix-en-Provence. Anche se le vicende recenti ci raccontano un Mali e un Burkina Faso dove gli eserciti locali faticano anche a controllare soltanto il proprio di territorio. “In compenso, Macron ha ragione a far capire ai militari golpisti in Niger che se saranno attaccati soldati o cittadini francesi ci sarà una risposta muscolare. Come nel 1978 durante la battaglia di Kolwezy, quando i paracadutisti francesi del tenente colonnello Philippe Erulin intervennero per salvare alcuni cittadini europei tenuti in ostaggio dai guerriglieri del Fronte nazionale di liberazione congolese, la Francia sarebbe costretta a intervenire qualora ci fossero tali attacchi. Ma solo ed esclusivamente in questo caso si tratterebbe di utilizzo della forza come legittima difesa. Alla minaccia di un uso della ‘forza’ sventolata dalla Ecowas, invece, non credo molto. L’aspetto positivo, tuttavia, è che i militari di Niamey non hanno ricevuto alcun sostegno a parte quello russo. L’Unione africana ha manifestato la propria opposizione, e la nazione più potente del continente, l’Algeria, ha espresso apprensione e inquietudine per quanto sta accadendo, condannando con fermezza il colpo di stato”.

 

Il timore dell’Algeria, che confina con il Niger, è che la crisi politica si trasformi rapidamente in crisi umanitaria nelle prossime settimane. “E dopo l’Algeria sarà l’Italia il primo paese a subire l’ondata migratoria che rischia di prodursi. Come in Mali dopo il colpo di stato e l’arrivo dei contractor di Wagner, il Niger rischia di sprofondare in un incubo economico che aggraverà il fenomeno migratorio verso l’Europa”, spiega Jauffret. Le proteste davanti all’ambasciata di Francia a Niamey, al grido di “À bas la France!” e “Vive Putin!”, hanno posto al centro del dibattito il tema del sentimento anti francese alimentato da Mosca attraverso la propaganda sui social. Per Jauffret, il putsch in Niger costituisce un boulevard per l’avanzata di Wagner e i russi nelle settimane a venire. “Il Sahel è ora a disposizione dei mercenari di Wagner. Siamo in un buco nero, che avrà conseguenze nefaste per l’Europa”, dice  Jauffret: “Attaccare la Francia attraverso questa guerra indiretta, per Putin, significa anche contrastare una potenza nucleare che fornisce aiuti militari e a livello di intelligence alla nemica Ucraina. Ma i maliani, i burkinabé e i nigerini non si rendono conto che è una potenza coloniale, la Russia, a fare un processo per colonialismo alla Francia. Cos’è l’invasione dell’Ucraina se non è un tentativo di ricostituzione dell’impero sul modello degli imperi coloniali?”. Tra le ragioni della collera anti francese diffusa tra i nigerini, tuttavia, c’è anche una questione su cui, secondo Jauffret, “non ci si sofferma abbastanza: il Niger ha una disponibilità di uranio che interessa la Francia. L’uranio nigerino rappresenta il 15 per cento delle importazioni necessarie per far funzionare le centrali nucleari francesi. Ma i nigerini hanno l’impressione di subìre le conseguenze negative dell’estrazione di uranio”.

Di più su questi argomenti: