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L'intervista

Come può evolvere il contagio della colère di Nanterre. Parla il condirettore del Figaro

Mauro Zanon

Quanto è concreto il rischio di assistere a un altro 2005, con le banlieue francesi in fiamme? “È possibile che la scintilla della morte di Nahel possa provocare una situazione simile", dice Vincent Tremolet de Villiers

“Dopo Nanterre, l’esecutivo cerca di evitare il contagio”, ha titolato ieri in prima pagina il Figaro. Ma quanto è concreto il rischio di assistere a un altro 2005, quando la morte di due adolescenti, fulminati all’interno di una cabina elettrica dopo un inseguimento con la polizia, incendiò le banlieue francesi? “E’ possibile che la scintilla della morte di Nahel (ucciso durante un controllo di polizia martedì scorso, ndr) possa provocare una situazione simile, ma non è affatto sicuro, perché, rispetto al 2005, il numero di violenze e quartieri colpiti è molto inferiore rispetto a diciotto anni fa. Ma ci sono sicuramente degli elementi che possono destare preoccupazione”, dice al Foglio Vincent Tremolet de Villiers, condirettore del Figaro. “Anzitutto, il momento dell’anno in cui siamo: l’estate. Ossia la stagione in cui le attività scolastiche sono finite, i giorni durano di più e offrono dunque una maggiore possibilità di uscire rispetto al 2005 (le rivolte iniziarono in ottobre, ndr). Il secondo punto è la diffusione dei social network che possono creare una forma di mimetismo tra i quartieri. E infine c’è il timore di un secondo episodio che vada ad aggiungersi al dramma fondatore della crisi e che potrebbe aggravarla e moltiplicarla. Nel 2005, va ricordato, è anzitutto la morte di Zyed e Bouna a provocare  manifestazioni e  sommosse, ma c’è anche l’episodio della granata di gas lacrimogeno nella moschea Bilal di Clichy-sous-Bois. A partire da quel momento, il fenomeno assunse un’altra dimensione. Ora non siamo a quel punto, ma se ci fosse una nuova scintilla la situazione potrebbe degenerare”. 

Analizzando la sociologia della Francia che in questi giorni grida la propria rabbia, ci sono quelli che conoscevano Nahel, i suoi familiari, i suoi amici, il suo quartiere, ma anche “quelli che trovano ogni pretesto possibile per destabilizzare l’ordine pubblico, per provocare disordini, sono gli opportunisti della rivolta”, secondo Vincent Tremolet de Villiers. “Si verificano regolarmente dei momenti di grande violenza nelle banlieue per le grandi partite di calcio, per la Festa nazionale del 14 luglio, per Capodanno. Protagonisti sono certi quartieri, i ‘territori perduti della Repubblica’ di cui parlava lo storico George Bensoussan in un libro del 2001”, aggiunge il condirettore del Figaro. Il tema centrale nel dibattito francese è quello delle “violenze della polizia”. Una formula usata soprattutto dall’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon e che Vincent Tremolet de Villiers disapprova. “Ci sono dei poliziotti che commettono delle violenze che non dovrebbero commettere, è evidente, ma non c’è una violenza sistemica della polizia – dice – Lo stato è depositario della violenza legittima. Il lavoro di quelli che attaccano la polizia è quello di rovesciare questa idea, dicendo che la polizia è illegittima nelle violenze che commette perché protegge uno stato che è esso stesso illegittimo e discutibile, e dunque ogni atto commesso contro la polizia è un atto legittimo. Questa idea emerge nelle dichiarazioni di Mélenchon e altri membri del suo partito”. C’è una contro-società, nelle banlieue, che non obbedisce più alle regole della società francese, “quartieri dove”, secondo Tremolet de Villiers, “i rappresentanti dello stato, a partire dai poliziotti, sono mal visti”.

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