Visite parallele

Il fattore Taiwan mobilita il centrodestra italiano

La prima volta di un ministro degli Esteri di Taipei in Italia

Giulia Pompili

Il ministro Joseph Wu sbarca a sorpresa a Milano e incontra meloniani e leghisti. Il vicepresidente del Senato stringe la mano alla presidente taiwanese Tsai. Guai in vista per i cheerleader della Via della seta

Sabato scorso, a sorpresa, il ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu è atterrato a Milano. E’ la prima volta nella storia democratica del paese che un membro del governo taiwanese viene in visita in Italia per degli incontri istituzionali – c’è un precedente all’inizio degli anni Duemila, quando l’allora ministro taiwanese venne in Italia in vacanza. Wu ha incontrato quattro membri del Parlamento italiano – due della Lega e due di Fratelli d’Italia – in una missione delicata e dal profondo impatto sul piano della politica internazionale. Eppure la visita ha avuto poca risonanza sui media, come quella del vicepresidente del Senato, il leghista Gian Marco Centinaio, a Taipei, che ieri ha incontrato e stretto la mano alla presidente progressista Tsai Ing-wen.


Wu era da qualche giorno impegnato in una missione diplomatica in Europa, e come spesso succede il suo itinerario e i suoi impegni istituzionali sono stati poco pubblicizzati: si tratta di una cautela di prassi comprensibile, per un rappresentante delle istituzioni di un paese che non è riconosciuto ufficialmente dalla maggior parte dei governi del mondo, e che ogni volta che si muove scatena le proteste delle rispettive ambasciate cinesi. A Milano, Wu ha incontrato due deputati della Lega, Paolo Formentini, che è anche vicepresidente della Commissione esteri della Camera, e Igor Iezzi, e poi il deputato Emanuele Pozzolo e il senatore Gianpietro Maffoni, entrambi di Fratelli d’Italia.  Milano è la città dove il ministero degli Esteri di Taipei ha annunciato l’apertura di un nuovo ufficio di rappresentanza di Taiwan, un gesto di apertura da parte italiana (sebbene il paese non sia formalmente riconosciuto e quindi la procedura non segue le stesse regole burocratiche di un nuovo consolato) e anche di intensificazione delle relazioni tra Italia e Taiwan, che va di pari passo con l’attenzione, soprattutto da parte americana, della sicurezza nel Pacifico. Ma non si tratta solo di diplomazia: a metà aprile il ministero del Made in Italy guidato da Adolfo Urso ha inviato una delegazione a Taiwan per parlare di microchip. Quella taiwanese “è una questione delicata ma che va affrontata”, spiega al Foglio Pozzolo, “ciò che spesso l’opinione pubblica italiana fatica a comprendere, e questo poi si tramuta in una prudenza generale anche della politica, è che Taiwan è centrale non solo come simbolo di libertà ma anche perché è da lì che passa tutto ciò che ci serve per mantenere il nostro stile di vita”. E quindi dialogare, su tutti i punti di vista, è una “garanzia di pace”.

 

Una presa di posizione forte anche da parte del vicepresidente del Senato, che ha detto: “L’Italia continuerà a essere amica di Taiwan”, ha detto ieri Centinaio alla presidente Tsai. “Come gli altri paesi del G7, speriamo che sull’isola si possa mantenere lo status quo e ci impegniamo per conservare la pace e la sicurezza in quest’area”. E sembra essere perdonata quindi l’assenza di parlamentari italiani a Taiwan per lungo tempo, e anche la generale propensione delle istituzioni italiane a privilegiare i rapporti con la Repubblica popolare cinese. Ma altrove, in Europa, in realtà il fattore Taiwan è molto più presente, anche ad altissimi livelli. Mercoledì scorso, a Praga, il ministro Wu ha pronunciato un discorso di fronte al presidente della Repubblica ceca Petr Pavel – che un membro del governo taiwanese e il leader di un paese della Nato fossero nella stessa stanza a un evento pubblico non era mai avvenuto prima, ed era quasi impossibile da immaginare fino a qualche mese fa: “Il popolo di Taiwan è grato per le azioni che non ci fanno sentire soli e che ci danno coraggio e forza per rimanere liberi”, ha detto Wu. Poi il ministro è volato a Varsavia, dove sono riusciti a mantenere il segreto sui suoi incontri, e poi a Bruxelles, dove Wu ha incontrato un gruppo di parlamentari europei compresa la vicepresidente Nicola Beer. 


La brevissima visita italiana di Joseph Wu è un segnale significativo, anche se la questione Taiwan continua a “essere ignorata dai partiti di centrosinistra”, dice al Foglio una fonte diplomatica. Nel frattempo, si attende a Roma domenica prossima l’arrivo della missione guidata da Liu Jianchao, a capo del dipartimento per le relazioni internazionali del Partito comunista cinese, il cui obiettivo è tentare di convincere il governo Meloni a restare nella Via della seta, il cui memorandum è in scadenza a dicembre. “Credo che chiunque, come me, si riconosca nella visione del mondo improntata alla libertà personale non possa che valutare in modo approfondito e decisamente critico quel savallo di Troia che è la Via della seta”, commenta al Foglio il meloniano Pozzolo. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.