Angela Merkel, durante un evento sull'integrazione promosso dal governo tedesco (LaPresse)

l'esempio

Da profugo siriano a sindaco. La storia di Alshebl e la promessa mantenuta di Merkel

Daniel Mosseri

“Ce la faremo”, disse l'ex cancelliera nel 2016, quando il numero di migranti sfiorò 1,5 milioni. Il percorso del primo cittadino di Ostelsheim, piccolo centro di 2.700 abitanti, è la testimonianza degli sforzi della Germania nell'accoglienza e nell'integrazione dei migranti. Tra corsi professionali, di formazione e di lingua

Berlino. La storia è nota: Angela Merkel aprì le porte della Germania ai profughi mediorientali nell’estate del 2015 ma mesi dopo i governi dell’Austria e dei paesi dei Balcani strozzarono la via balcanica di risalita. Eppure il flusso di arrivi non è mai cessato. Al contrario: solo negli ultimi 15 mesi sono arrivati in Germania 1,07 milioni di rifugiati ucraini, in grande maggioranza donne, giovani e anziani. I Comuni si sono lamentati con il governo chiedendo più risorse per l’accoglienza ma il paese ha fatto tesoro dell’esperienza del 2015-2016, quando il numero dei profughi sfiorò 1,5 milioni. Merkel assicurò: “Ce la faremo” e da allora molte cose sono cambiate, panorama politico incluso.

 

In questi giorni lo sforzo della Germania per integrare i profughi è tornato di grande attualità grazie all’elezione ad aprile del 29enne Ryyan Alshebl, già profugo siriano, a sindaco di Ostelsheim, 2.700 anime nel ricco, meridionale e piuttosto conservatore Baden-Wurttemberg. Martedì Alshebl, insediato da pochissimo, ha incontrato la stampa estera a Berlino, colpendo gli ascoltatori non solo per la sua storia – una fuga avventurosa e spaventosa dalla Siria in guerra attraverso Libano e Turchia, e da lì in gommone di notte verso Lesbo e poi ancora risalendo la rotta balcanica, “e nelle zone di frontiera ci spostavamo soprattutto a piedi” – ma anche per il suo tedesco, parlato con una padronanza e una mancanza di accento che hanno provocato l’aperta invidia di tanti corrispondenti stranieri. Ma come ha fatto Aslhebl, arrivato otto anni fa, a padroneggiare così bene la lingua di Goethe? “Beh, da un lato non è che avessi tanta scelta: mica sono arrivato a Berlino dove si vive bene anche solo con l’inglese. Io mi sono trovato in una zona rurale dove la scelta era fra parlare il tedesco o il dialetto svevo”.

Un giovane con uno spiccato senso per le lingue, si dirà. “No, io devo il mio tedesco ai corsi di integrazione”, si schermisce spiegando di averne frequentati due. Aslhebl è diventato cittadino tedesco in tempi brevi: “Ho fatto domanda dopo sei anni dalla ricezione del permesso di soggiorno”. Il sindaco la fa facile ma affinché un profugo possa presentare la domanda di cittadinanza deve dimostrare di essere “ben integrato” ossia di andare a scuola o lavorare, di potersi sostenere (non vivere, perciò, di soli sussidi), di parlare il tedesco a livello almeno B1, avere una fedina penale pulita e superare il test di cittadinanza. Per le persone “mediamente integrate” ci vogliono otto anni di residenza. Così nel 2022 i siriani diventati tedeschi sono stati 48.300 (ma solo un quarto ce l’ha fatta in sei anni), ossia il 153 per cento in più rispetto ai 19,100 naturalizzati l’anno prima. E ancora nel 2022 sono diventati tedeschi 6.800 iracheni (+54 per cento sul 2021) e 5.600 ucraini (+191 per cento) arrivati anni prima dell’invasione. Mediendienst integration (Mi), osservatorio pubblico-privato sulle migrazioni, spiega al Foglio che dal 2015 al 2022 le prime richieste di asilo sono state 2,136 milioni e che i profughi riconosciuti come tali a tutto il 2022 sono 1,5 milioni.

 

Poiché la maturazione dei requisiti richiede tempo le richieste sono in netto aumento, e si accumulano: “Una nostra ricerca presso le 23 più grandi città tedesche indica in 115.000 le domande ancora pendenti”, spiega un portavoce di Mi. Quando è giunto in Germania Alshebl aveva in tasca un diploma siriano di maturità che l’amministrazione del Baden-Wurttemberg ha riconosciuto solo in parte. “Potevo decidere di integrarlo oppure scegliere la formazione professionale: mi sono iscritto a un corso per assistenti amministrativi”. Per Alshebl si è trattato della scelta giusta visto che alle lezioni è seguito un tirocinio in Comune. Da stagista a sindaco in pochi anni, il brillante 29enne ringrazia il Land che gli ha pagato il corso. Chi aspetta di maturare i requisiti cosa fa? A febbraio 2023 i rifugiati con un lavoro erano 521 mila, e 574 mila quelli coperti dai sussidi, spiega l’Agenzia federale per il lavoro. Ai corsi di lingua e integrazione, scuola, formazione professionale vanno poi aggiunti alloggio, cibo, vestiti, sanità: chi scende da un gommone è nelle mani di chi lo accoglie e la Germania si è dimostrata molto generosa. Secondo una tabella dell’Istat tedesco nel 2021 lo stato ha speso 21,6 miliardi per l’accoglienza e 22,2 l’anno successivo. Le stime per il 2023 e gli anni successivi sono intorno ai 16 miliardi/anno. All’aumentare delle naturalizzazioni i costi sono destinati a scendere.
 

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