sicurezza e diplomazia

Perché l'Uzbekistan occhieggia all'Italia, e viceversa. Gli interessi di Meloni

Davide Cancarini

Mosca non è più un partner affidabile per i paesi dell’Asia centrale, mentre il governo italiano sembra intenzionato a mantenere un ruolo di primo piano nella regione

In continuità rispetto a quanto accaduto a partire almeno dal 2019, il governo guidato da Giorgia Meloni sembra intenzionato a mantenere un ruolo di primo piano in Asia centrale. Ne è una prova l’ultimo viaggio in Uzbekistan del ministro della Difesa Guido Crosetto, durante il quale ha avuto modo di tenere incontri ad altissimo livello, anche con il presidente Shavkat Mirziyoyev. La trasferta è stata preparatoria rispetto al viaggio ufficiale in Italia che il leader uzbeco compirà a giugno: in programma colloqui con il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, la premier Meloni e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. 

 

Il fatto che sia stato Crosetto a compiere il volo in direzione Tashkent  lascia pensare che la sfera militare e della sicurezza sarà al centro delle interlocuzioni che Mirziyoyev terrà a Roma. Nelle intenzioni vi è che la visita segni la nascita di un partenariato di lungo periodo tra l’Italia e l’Uzbekistan. Quest’ultimo, con quasi 40 milioni di abitanti, è la repubblica centro asiatica più popolosa ed è in una fase di grande apertura economica. Non solo: il fatto che confini con tutti gli altri stati dell’area, compreso  l’Afghanistan, ne fa un attore fondamentale per il mantenimento della stabilità regionale. Anche la questione ucraina gioca  un ruolo significativo: attualmente Tashkent è alla ricerca di partner, visto che Mosca si è dimostrata totalmente inaffidabile se non potenzialmente pericolosa per la sovranità nazionale. Il presidente uzbeco arriverà  a Roma forte dell’approvazione di modifiche costituzionali  che gli consentiranno di candidarsi nuovamente per due mandati da 7 anni ciascuno, che gli potrebbe garantire la permanenza al potere fino al 2040. Sarebbe così in grado di accelerare ulteriormente l’apertura economica del paese.

 

Dal punto di vista diplomatico, l’Italia ha messo in campo una politica centro asiatica particolarmente aggressiva dal dicembre 2019, quando a Roma si è tenuta la prima Conferenza Italia-Asia centrale, con la partecipazione dell’allora ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e dei ministri degli Esteri di Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan e dei viceministri degli Esteri kazaco e turkmeno. Obiettivo dell’incontro, che ha portato l’Italia a essere il primo paese europeo a interfacciarsi contemporaneamente con tutti gli attori dell’area a così alto livello, era definire gli interessi italiani e una strategia nazionale rispetto alla regione. 

Una strategia di cui si stanno raccogliendo i frutti, anche dal punto di vista economico. Come riportato a margine dell’ultimo Business Forum tra Italia e Kazakistan, l’Italia è ad esempio il principale partner commerciale europeo del Kazakistan e il terzo nel mondo. Tornando alla sfera della sicurezza, l’Italia è presente nell’area  da prima del 2019: ha rappresentato circa l’11 per cento del valore totale dei trasferimenti di armi alle repubbliche locali nel periodo 2015-2019. Secondo invece i dati pubblicati dall’Unione europea, tra il 2007 e il 2017 il Turkmenistan ha acquistato dagli stati membri armi per un valore di 340 milioni di euro, il 76 per cento dei quali è stato pagato ad aziende italiane. Nonostante inscindibili legami geografici, politici ed economici, la situazione in Ucraina sta portando le repubbliche regionali, perlomeno quelle più proiettate verso l’esterno come Uzbekistan e Kazakistan, a provare a guardare al di là di Mosca. Anche, perché no, in direzione di Roma.