La visita di Stoltenberg a Kyiv ha agitato Mosca

Micol Flammini

Il Cremlino parla di minaccia mentre il segretario generale della Nato è con Zelensky e discute di aiuti e del vertice dell'Alleanza a Vilnius 

Il volto di una donna con un fazzoletto in testa e l’indice davanti alla bocca è diventato celebre dai tempi sovietici accanto a una frase: stai attento, a volte anche i muri hanno le orecchie. L’immagine era un chiaro riferimento alla rete di spie e di delatori, alla mancanza di una zona di riservatezza anche dentro alle pareti domestiche. La confusione tra pubblico e privato, la sensazione che un vicino potrebbe essere la persona che fa la spia sul tuo conto, l’ansia delle pareti troppo sottili e troppo invadenti è tornata nella Russia che ha invaso l’Ucraina. La lista delle azioni considerate crimini per Mosca si è allungata dal 24 febbraio del 2022, mentre la voglia e la propensione dei russi a manifestare il loro dissenso si è ristretta. Tutto è diventato più pericoloso e anche il confine tra quello che è considerato un reato e quello che non lo è si è fatto più labile. L’azione del Cremlino però non sarebbe così capillare senza il sostegno di una rete di delatori interna, di persone che, proprio come un tempo, senza retribuzione ma soltanto con zelo, decidono di riferire alle autorità dei comportamenti di vicini, conoscenti e sconosciuti. 
Il sito Mediazona, che conduce delle inchieste molto interessanti sfidando le limitazioni di cui soffre la stampa in Russia, ha cercato di contattare alcuni cittadini che si dedicano alla delazione e ne è venuto fuori il ritratto di una parte di popolazione convinta di dovere molto al presidente Vladimir Putin e che spesso rivendica di svolgere un servizio per il bene della Russia. 

 

Ksenia Krotova, nome di fantasia, ha intrattenuto una lunga conversazione con i giornalisti di Mediazona e ha raccontato di aver inviato alle autorità più di mille denunce in questo anno di guerra, è un’ex insegnante, non ha mai lavorato per le forze dell’ordine  e nel suo tempo libero si dedica a osservare chi infrange le leggi russe. Si è definita un’informatrice professionale non pagata, annota in un taccuino i suoi sospetti e le sue denunce e lo fa senza che qualcuno le abbia chiesto di farlo. Osserva i vicini e setaccia i social alla ricerca di persone che si esprimono contro la guerra. Tra le sue segnalazioni ci sono soprattutto professori e studenti, persone che utilizzano YouTube, un tempo rifugio dell’opposizione russa, per informarsi e informare e che non sempre sono consapevoli del fatto che se non c’è la polizia russa o la Roskomnadzor, l’agenzia che controlla le comunicazioni, in ascolto potrebbe esserci qualche cittadino-delatore. Ksenia Krotova ha raccontato a Mediazona che la sua è una storia di famiglia, di aver osservato suo nonno che prima di lei svolgeva lo stesso compito, in un’epoca diversa, ma con gli stessi risultati. 

 

La paura di parlare e  il ritorno dei muri pronti ad ascoltare stanno paralizzando la Russia. Chi ha potuto lasciare il paese lo ha fatto, i social che per anni sono stati il centro del dissenso non soltanto sono tenuti sotto osservazione dalle autorità ma anche dai cittadini. I confini del dissenso si sono ristretti.  Anche tra gli studenti è frequente fare la spia. Le direttive scolastiche hanno imposto  che le classi diventassero  centri della propaganda. I manuali sono stati modificati da alcuni anni, la militarizzazione è un fenomeno che si è fatto più rapido dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina e per molti ragazzi i compagni di banco sono persone da cui guardarsi. Alcuni studenti sono stati denunciati da altri studenti per un disegno, un post  o una scritta sul diario personale. Gli stessi insegnanti sono stati denunciati o dai colleghi, o dai genitori o dagli allievi. La sensazione di insicurezza è entrata in un anno nella vita di tutti i giorni.  La rete di delatori volontari che aiutano le autorità si muove soprattutto contro chi dice di essere contrario alla guerra, l’ossessione del Cremlino contro chi viene accusato di screditare le forze armate è costata il carcere a oppositori e cittadini che si erano tenuti ben lontani dalla politica. Nello stesso tempo la propaganda è molto attiva a condannare la Nato e a presentarla come una minaccia esistenziale nei confronti della Russia. 

 

Ieri il Cremlino ha detto che l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica è una vera preoccupazione, il portavoce Dmitri Peskov lo ha ammesso proprio nel giorno in cui il segretario Jens Stoltenberg era a Kyiv per una visita a sorpresa in cui non soltanto ha portato la sua solidarietà, ma anche date per le consegne di armi. Al fianco del presidente Volodymyr Zelensky, Stoltenberg ha poi detto che durante il prossimo vertice a Vilnius, i paesi della Nato discuteranno dell’adesione dell’Ucraina. Il processo sarà lento, ma più la Russia minaccia, più sembra accelerare. Prima che Mosca invadesse l’Ucraina, i paesi  dell’Alleanza a favore di un’adesione di Kyiv erano pochi. Ora gli equilibri stanno cambiando e se Mosca può proteggere le sue verità con la rete di delatori interni, all’esterno c’è poco che possa fare. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.