Satelliti e bombe

Protetta da Russia e Cina, la Corea del nord è sempre più aggressiva

Giulia Pompili

Il regime di Kim sta per lanciare in orbita un satellite spia. La destabilizzazione globale è uno dei motivi per cui Seul è pronta a unirsi alla coalizione occidentale e armare l'Ucraina

Ieri il leader nordcoreano Kim Jong Un e sua figlia di dieci anni Kim Ju Ae – ormai sempre più spesso presente agli eventi ufficiali del padre – hanno fatto visita all’Agenzia spaziale di Pyongyang, la Nada, e hanno dichiarato completo lo sviluppo del primo satellite spia del regime nordcoreano. Secondo quanto riportato dalla Kcna, l’agenzia di stampa ufficiale, Kim avrebbe dato il via libera al lancio del satellite. Ma per mandare in orbita un sistema simile c’è bisogno di un razzo lanciatore la cui tecnologia è pressoché identica a quella di un missile balistico intercontinentale. A breve, quindi, ci sarà un nuovo test missilistico  nordcoreano, in violazione delle regole imposte dalla comunità internazionale a Pyongyang.


Il 13 aprile scorso, la Corea del nord ha effettuato per la prima volta il test di un missile balistico intercontinentale a propulsione solida – che richiede meno tempo per il lancio ed è più difficile da rilevare per i sistemi di difesa missilistica rispetto ai missili  a propulsione liquida usati finora – che era anche uno degli ultimi obiettivi dichiarati dalla leadership per lo sviluppo degli armamenti nordcoreani. Nelle ultime settimane il regime ha detto di aver testato anche un drone sottomarino che può equipaggiare con missili con testate nucleari: in base alle immagini diffuse dai media ufficiali, gli analisti internazionali non possono escludere che le dichiarazioni di Pyongyang non corrispondano al vero.  Secondo la leadership di Kim, il satellite-spia servirà a fornire alla Corea del nord le informazioni per “un eventuale attacco preventivo” contro “i nemici”, primi fra tutti l’America, la Corea del sud e il Giappone, che lunedì hanno iniziato delle esercitazioni navali congiunte per rispondere alla minaccia nordcoreana e stanno intensificando la loro presenza militare nell’area della penisola per deterrenza. Pyongyang ha già lanciato due satelliti di “osservazione terrestre” in orbita, nel 2012 e nel 2016, ma sembra che entrambi non siano in grado di inviare indietro immagini. La tecnologia di quest’ultimo satellite, che dovrebbe essere lanciato in orbita a breve, secondo gli osservatori potrebbe essere di molto superiore. 
Negli ultimi mesi, e soprattutto da quando è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, il regime nordcoreano ha intensificato le minacce nei confronti dell’America e dei suoi alleati e gli show di forza con test e lanci missilistici. Anche se finisce sempre più di rado sulle prime pagine internazionali, la Corea del nord e la sua aggressività sono state al centro di diverse discussioni, nei giorni scorsi, al vertice dei ministri degli Esteri in Giappone. Soprattutto per i paesi dell’Asia orientale la minaccia nordcoreana è concreta: per esempio i suoi test missilistici – annunciati alle autorità internazionali competenti con sempre minore preavviso – aumentano i fattori di rischio per gli aerei di linea. Pyongyang è un agente del caos, e può esserlo anche perché la Repubblica popolare cinese e la Russia proteggono in tutte le sedi internazionali la Corea del nord e la sua leadership aggressiva e sempre più armata.

 

Una fonte diplomatica dice al Foglio che in questo momento Pyongyang è  “senza freni né redini”. Lunedì scorso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, su richiesta di paesi come Francia, Regno Unito e Stati Uniti, si è svolto un briefing pubblico sul test missilistico nordcoreano del 14 aprile scorso, che ha costretto a una procedura d’emergenza alcune aree dell’Hokkaido, l’isola più a nord del Giappone. La Cina si è opposta alla discussione pubblica, e ha richiesto delle consultazioni a porte chiuse per evitare “l’atmosfera politicizzata”. Secondo quanto riportato dalle minute della discussione, anche la Russia, presidente di turno del Consiglio di sicurezza, ha appoggiato la mozione cinese. Il dibattito pubblico è avvenuto lo stesso, e mentre gran parte dei paesi presenti ha condannato le azioni belligeranti della Corea del nord, il delegato cinese ha detto che “le recenti esercitazioni militari condotte dagli Stati Uniti nei pressi della penisola coreana hanno aumentato le minacce alla sicurezza di Pyongyang”. L’America, per Pechino, è “il principale fattore scatenante delle attuali tensioni nella penisola”. Il delegato russo, ha detto che certe riunioni del Consiglio hanno “scopi propagandistici”. Sia Pechino sia Mosca sono contrarie e usano il loro potere di veto per bloccare qualunque risoluzione che implementi, in sede Onu, nuove sanzioni contro Pyongyang e il suo programma di armamenti. 
E non a caso, ieri, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, Dmitri Medvedev, ha scritto su Telegram che se Seul è disposta “ad aiutare i nostri nemici”, allora presto i cittadini sudcoreani dovranno vedersela con “gli ultimi progetti di armi russe che avranno i loro vicini, cioè i nostri partner della Corea del nord. E’ quello che si chiama quid pro quo”, un’espressione che nei paesi anglosassoni ha il significato di “avere qualcosa in cambio” e non di malinteso. Dopo aver a lungo negato la possibilità di fornire direttamente a Kyiv assistenza con armi offensive, il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, in un’intervista a Reuters, ha aperto l’altro ieri alla possibilità di fornire armamenti alla Difesa ucraina. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.