Un anno fa a Bucha ci fu lo svelamento del terrore russo

Paola Peduzzi

La scala ampia della guerra di Putin: gli orrori, la destabilizzazione nei paesi vicini, il progetto anti occidente e l'arresto del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich

Milano. Per le strade di Bucha “il mondo ha visto il male russo, il male smascherato”, ha detto ieri il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ricordando, assieme ad altri leader europei, la liberazione della cittadina alla periferia di Kyiv avvenuta un anno fa. Da lì cominciò lo svelamento dell’orrore dell’esercito russo sui civili ucraini: c’erano già stati attacchi atroci, come quello contro il teatro di Mariupol, ma a Bucha furono ritrovati centinaia di cadaveri lungo le strade, nei cortili, nei boschi, nelle fosse comuni, e i segni delle torture furono drammaticamente visibili a tutti. La propaganda russa non si fermò  davanti a quello svelamento, così come anche in Italia continuò il coro di chi sosteneva che i cadaveri fossero stati messi lì apposta dagli ucraini. 

 

Ma Bucha, con la sua ricostruzione e i suoi cimiteri, è memoria viva di come Vladimir Putin e i suoi soldati fanno la guerra: torturando, affamando, terrorizzando, uccidendo. Non solo: è anche la testimonianza di quel che accade nei territori occupati dai russi, come si è visto durante le altre liberazioni, tutte simili per quel che riguarda la scia di sangue e orrore lasciata dai soldati in ritirata. Questo elemento è due volte importante perché conferma la spietatezza indiscriminata del Cremlino e perché mostra cosa vuol dire “lasciare ai russi le zone che già occupano”, uno dei ritornelli di chi chiede la pace alle condizioni di Putin. L’occupazione russa è terrore, fame, tortura, morte, e costringe i sopravvissuti alla pena di recuperare corpi dovendo soltanto immagine lo strazio delle ultime ore dei loro cari. “Trentatré giorni di occupazione, più di 1.400 morti, di cui 37 bambini. Più di 175 persone sono state trovate in fosse comuni e camere di tortura. Novemila crimini di guerra russi”, ha scandito Zelensky dicendo che non ci sarà mai perdono e che il ricordo di quel che è avvenuto nelle città ucraine devastate dai russi è la premessa per poter pensare alla ricostruzione e al futuro.   

 

La liberazione di Bucha ha portato lo svelamento del metodo Putin e il primo anniversario ha coinciso con la pubblicazione delle nuove linee guida della dottrina Putin nelle relazioni internazionali, che più che uno svelamento è l’esplicitazione di un progetto che era già ben visibile nei fatti. La guerra in Ucraina vuole sottomettere il paese attraverso crimini e disumanità ed è l’espressione della determinazione putiniana a sovvertire l’ordine globale: secondo il  documento del Cremlino, la politica degli Stati Uniti è “la principale fonte di rischi per la  sicurezza e la pace internazionale” e l’obiettivo della Russia è rimuovere il “dominio americano nel mondo” approfondendo i rapporti con la Cina e con l’India. Per farlo le Forze armate russe possono essere utilizzate conformemente all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, “la base giuridica” di quel che Putin definisce guerre di difesa (dal dominio americano). Il presidente russo brandisce le regole della convivenza internazionale e le stravolge, come dimostrano la guerra in Ucraina, la destabilizzazione nei paesi vicini, i crimini di guerra e, da ultimo, l’arresto del giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, accusato di spionaggio. Washington ha chiesto il rilascio immediato, ma da oggi Putin ha un altro ostaggio a cui dare il prezzo che decide lui. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi