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in germania

I Verdi sono stanchi del liberale Lindner e prendono le distanze. Intervista al politologo Probst

Daniel Mosseri

I Grünen sono frustrati: da quando sono al governo le loro proposte più trasformative sono state respinte. Ora inizia la fase del contrattacco, anche per ricucire con gli eco attivisti (che intanto pensano a un possibile debutto in politica)

Berlino. Sono stanchi. No, sono divisi; anzi, sono frustrati. La Germania si interroga sui Verdi: con cinque ministri, di cui due di primissimo piano come il vicecancelliere e ministro dell’Economia Robert Habeck e la titolare degli Esteri Annalena Baerbock, i Grünen sono visti come il pungolo del cambiamento, la formazione che assieme ai molto più piccoli Liberali spinge verso un’economia più digitale e sostenibile. “Noi abbiamo il mandato di fare qualcosa per il popolo, per la Germania, ma al momento non stiamo facendo abbastanza”: è stato lo stesso Habeck a segnalare che i Grünen non sono contenti. 

Rivolto alle telecamere di Ard, l’ex numero uno dei Verdi ha espresso l’auspicio che molti nodi e veti recenti si possano superare presto “per tornare a un’ottima performance, ma al momento non è certo così”. Un messaggio con un destinatario chiarissimo: i Liberali (Fdp). Il partito del ministro delle Finanze Christian Lindner si oppone sistematicamente alle proposte più trasformative avanzate dagli ecologisti – dalla graduale eliminazione delle caldaie a quella dei motori a scoppio – anche di quelle già previste dal patto di coalizione siglato a tre con la Spd del cancelliere Olaf Scholz. 

La Fdp non si stanca di ricordare che quelle misure erano state pensate e disegnate per una situazione di “normalità” e non per un anno di guerra, crisi energetica e alta inflazione. Ma l’atteggiamento da bastian contrario di Lindner ha stancato i Verdi che contrattaccano. Prendere le distanze dal partito più conservatore fra i tre della coalizione ha un duplice scopo: fa guadagnare visibilità e disinnesca le accuse di chi, proprio da destra, immagina una rottura insanabile fra i Grünen di governo e i movimenti degli eco attivisti come Extinction Rebellion e Letzte Generation. E’ stata la Welt a parlare per prima della possibile nascita di un partito dell’ambientalismo radicale, poco incline al compromesso. 

Per meglio capire la traiettoria dei Verdi e degli eco attivisti abbiamo parlato con Lothar Probst, politologo emerito dell’Università di Brema e attento osservatore dell’ambientalismo tedesco. Probst dice di comprendere la frustrazione di Habeck: “Si ha l’impressione che i Verdi siano l’unico partito del governo a voler attuare i progetti concordati nell’accordo di coalizione”. Dalla frustrazione alla scissione il passo però è lungo. A gennaio la polizia mandata anche da Habeck ha sgomberato con la forza gli eco attivisti che occupavano il borgo abbandonato di Lützerath destinato a diventare una miniera di carbone. Anche Greta Thunberg è stata portata via di peso. “Lützerath non è stata facile per i Verdi, ma a mio avviso non porterà a una scissione perché – spiega l’accademico – i compromessi raggiunti servono a eliminare le energie fossili, anche se con un certo ritardo, e lo ammettono anche gli esperti della comunità scientifica”. Probst argomenta poi che i fatti di Lützerath sono stati già dimenticati mentre adesso “domina la disputa tra Habeck e l’Fdp sui piani ambiziosi di protezione del clima. I Verdi tornano così a guadagnare credito”

Restituire le critiche a Lindner serve, insomma, anche a recuperare visibilità fra gli eco attivisti, che tuttavia non sono la stella polare dei Grünen. Quanto alla possibilità che nasca una nuova formazione ambientalista Probst è scettico perché, osserva, al di là della difficoltà di darsi strutture interne, associazioni nazionali e risorse finanziarie sufficienti, “non mi sembra che i membri di Extinction Rebellion godano di molta simpatia fra l’opinione pubblica”. E se l’uscita della Welt, che Probst attribuisce a qualche liberale intento a seminare zizzania, diventasse comunque realtà, “un partito ambientalista radicale potrebbe al massimo rubare voti alla frangia estrema dei delusi dei Verdi. Fra gli elettori degli altri partiti, vedo poca risonanza con gli attivisti climatici radicali”. Verniciare le opere d’arte e incollarsi sull’autostrada, insomma, non paga.

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