israele contro israele

Netanyahu prende tempo sulla giustizia e cede di nuovo alle richieste dell'estremista Ben-Gvir

Gerusalemme in piazza ha collezionato prime volte e lo shekel risponde in modo positivo

Micol Flammini

Il ministro della Sicurezza nazionale rappresenta il contrario delle politiche portate avanti dal premier in questi anni, ma è l'appiglio rischiosissimo per la riforma contestata e non per tornare al voto. L'ex ministro della Difesa Gantz si fa avanti per dialogare 

Israele ha bisogno di una riforma della giustizia, e su questo ogni partito è d’accordo. Israele però ha bisogno di arrivare a questa nuova legge in un clima di dialogo, collaborazione e fiducia, e su questo non tutti sono d’accordo, ma di fronte a un paese immobilizzato dalle proteste e con due cortei pronti a fronteggiarsi, anche il premier Benjamin Netanyahu si è deciso ad annunciare che la riforma sarà rinviata, che è necessaria una pausa per dialogare. Non ha parlato di compromessi, ma di una pausa, non è stato conciliante, non ha cercato di unire e tessere la società. Durante il discorso pronunciato con quasi dieci ore di ritardo non ha tranquillizzato né il presidente Isaac Herzog, né i politici del suo partito.

 

Sono settimane in cui Israele colleziona prime volte: prima volta di un capo della polizia che si unisce alla piazza, prima volta di uomini del Mossad che fanno altrettanto, prima volta che il Likud, il partito del premier che da anni è una sua fortezza, dissente non tanto dalla riforma in sé, ma dalla volontà di portarla avanti nonostante tutto. Oggi Israele era immobile, erano in sciopero l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, le scuole, i sindacati, il corpo diplomatico, i centri commerciali. Come reazione, la moneta israeliana, lo shekel, ha risposto in maniera inaspettata, anziché perdere rispetto al dollaro, è cresciuta di due punti percentuali,  a significare che i mercati non temevano le proteste, anzi, sembravano benedire l’arresto della riforma della giustizia. 

 

Netanyahu ha cercato di guadagnare tempo anche dentro alla sua stessa maggioranza, se il Likud era d’accordo con la decisione di rimandare, il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit, ha gestito la trattativa, concedendo al premier la possibilità di un rinvio soltanto dopo essersi assicurato la possibilità di gestire una milizia privata. Netanyahu gliel’ha concessa, la costituzione di questa squadra risulta fumosa, non per questo meno pericolosa: Ben-Gvir è un estremista che non è interessato a nessuna forma di convivenza pacifica in Israele. Prima che il premier parlasse, il ministro della Sicurezza nazionale aveva anche annunciato una contro manifestazione, esortando i suoi sostenitori a  far vedere di quanti  numeri consta l’Israele a favore della riforma. Le persone sono scese in strada, con la polizia in allerta e con un timido tweet da parte del premier che esortava tutti i manifestanti a rimanere pacifici. 

 

Il primo ad accogliere l’offerta e la sfida di dialogo di Netanyahu è stato Benny Gantz, l’ex ministro della Difesa, leader del partito Kahol Lavan, che con il premier ha  anche  formato  un governo. Ha detto che invierà una squadra di esperti per dialogare e trovare una soluzione comune. Bibi teme le elezioni, se uno dei gruppi che sostengono la sua maggioranza si sfilasse, Israele andrebbe incontro al suo sesto voto in meno di tre anni e uno dei partiti che potrebbe raccogliere gli elettori del Likud è proprio quello di Gantz.  

 

Il problema non è stato risolto, ma rimandato. Netanyahu è riuscito a evitare uno scontro forte, ha preso il tempo che pensa gli serva, ma che non indebolirà  la determinazione della piazza. Chi manifesta contro la riforma è quell’Israele che il premier ha contribuito a crescere, e sembra un paradosso che oggi lui, come risposta, si stia  mettendo  sotto la protezione di un politico come Ben-Gvir che rappresenta invece il suo contrario. In un incontro organizzato dall’associazione Eipa, a cui il Foglio ha partecipato, la professoressa Tamar Herman dell’Israel democracy Institute ha sottolineato quali sono i rischi di questo cambiamento: Ben-Gvir rappresenta gli interessi di quella parte di popolazione che sta diventando più numerosa ma che contribuisce meno agli interessi dello stato tra pagamento delle tasse ed esenzioni del servizio militare. All’incontro era presente anche il  premio Nobel per l’Economia, Robert Yisrael Aumann, che ha  sollevato  una domanda che interesserà Bibi, i futuri governi, le prossime riforme e decisioni cruciali: si può invertire questo cambiamento sociale che sta stravolgendo la politica?

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.