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Risultati e proteste

In Nigeria vince “il Padrino”, ma in molti denunciano i brogli

Maurizio Stefanini

Tinubu Bola Ahmed, delfino del presidente uscente, avrebbe ricevuto il 36 per cento dei voti. Ma gli sfidanti, tra cui l'outsider Obi denunciano le scorrettezze alle urne e le violenze 

“Tinubu Bola Ahmed dell’Apc, avendo soddisfatto i requisiti di legge, viene dichiarato vincitore ed eletto”, ha annunciato nella notte di martedì il presidente della Commissione elettorale nazionale indipendente (Inec) Mahmood Yakubu. Alle elezioni in Nigeria del 25 febbraio Bola Tinubu, detto “il Padrino”, candidato del conservatore Congresso di tutti i progressisti e delfino di quel presidente uscente Muhammadu Buhari cui la Costituzione impediva di ricandidarsi per un terzo mandato, secondo i dati avrebbe ricevuto 8.794.726 voti, pari al 36,61 per cento dei 24.025.940 voti espressi. Che poi, assieme a 939.278 voti bianchi e nulli, sarebbero appena il 26,71 per cento dei 93.469.008 aventi diritto. Rappresenta anche il 25 per cento dei voti in almeno due terzi dei 36 stati della federazione e nel territorio della capitale Abuja: altra condizione necessaria per essere dichiarato vincitore senza bisogno di un ballottaggio. 

 

6.984.520 voti, il 29,07 per cento, sono andati ad Atiku Abubakar, esponente del socialdemocratico Partito democratico del popolo, che è l’altro dei due partiti del bipolarismo dominante. 6.101.533 voti, il 25,40 per cento, sono andati all’outsider Peter Obi, del Partito laburista: candidato dei giovani, ma anche cristiano di fronte ai due principali concorrenti musulmani e igbo che sfidava la tradizionale presa sul potere di haussa-fulani e yoruba. 1.496.687 voti, il 6,23 per cento, ha ottenuto Rabiu Kwankwaso, del New Nigeria peoples party. Il resto si è disperso tra altri 14 candidati.

 

Mentre Kwankwaso ha vinto in un solo stato, i primi due si sono aggiudicati ognuno 12 stati, e Obi 11 più il distretto della capitale federale, oltre alla principale metropoli, Lagos. Della stessa Lagos Tinubu era stato  governatore e senatore, dopo una laurea in Management ottenuta pagandosi gli studi negli Stati Uniti con un  lavoro di tassista.  

 

Ma già martedì sia Abubakar che Obi hanno invocato l’annullamento delle elezioni, per i troppi brogli e violenze. I due hanno reclamato anche le dimissioni di Yakubu, che aveva continuato imperterrito a divulgare i dati malgrado le loro ammonizioni. “Chiediamo che questa finta elezione venga immediatamente annullata”, ha dichiarato Julius Abure, presidente del partito di Obi. “Abbiamo perso completamente la fiducia nell’intero processo”.

 

“Accuse infondate e irresponsabili”, ha risposto l’Inec, ribattendo che comunque  i candidati erano “liberi di andare in tribunale” se si ritenevano lesi. Il tempo per i ricorsi è di tre settimane, ma un’elezione può essere invalidata solo se si dimostra che l’organo elettorale nazionale non ha seguito la legge e ha agito in modi che avrebbero potuto cambiare il risultato, e la Corte suprema della Nigeria non ha mai annullato un’elezione presidenziale. Anche nel 2019 Abubakar era arrivato secondo e aveva presentato ricorso contro i risultati, ma senza esito.

 

“Colgo l’occasione per fare un appello ai miei compagni di gara: facciamo squadra insieme. È l’unica nazione che abbiamo. È un solo paese e dobbiamo costruire insieme”, ha provato a dire Tinubu ringraziando i sostenitori. Ovviamente ha l’appoggio del presidente uscente, che si è congratulato: “Ora lavorerò con lui e la sua squadra per garantire un passaggio ordinato del potere”.

 

In effetti dal team di osservatori internazionali guidati dall’ex presidente del Malawi Joyce Banda è arrivata una dura critica ai ritardi delle aperture dei seggi che avrebbero spesso limitato il tempo per votare, mentre la missione europea ha rilevato una diffusa riduzione della fiducia nella correttezza del voto. “Se la Nigeria deve avere una democrazia funzionante, ha bisogno della trasparenza elettorale”, ha reclamato con un duro commento sul New York Times la nota scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, già Commonwealth Writers’ Prize e premio internazionale Nonino.

 

“Immagina di stare pazientemente in fila, in attesa di votare, e improvvisamente uomini armati arrivano in motocicletta e iniziano a sparare. Immagina uomini che si precipitano nel tuo seggio, portando via con la forza le urne. Immagina che altre urne vengano distrutte. Immagina di essere picchiato per impedirti di votare un particolare candidato. Immagina una folla di persone che canta ‘Dobbiamo votare! Dobbiamo votare!’ quando gli scrutatori sono in ritardo. Immagina che la polizia faccia molto poco. Tutte queste cose sono successe sabato durante le elezioni presidenziali nigeriane”, questa è la sua denuncia.