Sergei Guriev (GettyImages)

I progetti di Sergei Guriev, economista bandito da Putin ora a Sciences Po

Mauro Zanon

L'economista russo incaricato di sviluppare l’offerta di ricerca e di formazione sulle transizioni ambientale e digitale, ma anche di portare avanti la politica di internazionalizzazione e di diversificazione delle discipline, per avvicinare la superscuola ai grandi atenei americani come Harvard

Parigi. È il 30 aprile del 2013 quando Sergei Guriev decide di prendere un biglietto di sola andata per Parigi. Alcuni fedelissimi di Vladimir Putin consigliano all’economista russo di fama internazionale ed ex speech writer di Dmitri Medvedev di andarsene: il capo del Cremlino lo ha messo nel mirino. I motivi? Guriev si era espresso pubblicamente contro la repressione politica e l’autoritarismo putiniano, aveva manifestato il suo sostegno all’oppositore Alexei Navalny e aveva fatto parte di una commissione indipendente nell’ambito dell’affaire Yukos che sostenne l’innocenza dell’imprenditore Mikhail Khodorkovski. “Tutti i suoi amici lo sostenevano come fanno i veri amici; ma avere degli amici influenti e degli oligarchi dalla propria parte non bastava”, ha detto al Monde l’economista americano Barry Ickes. “La sua partenza da Mosca è stata simbolica. E’ stato tra i primi decision maker ad aver indicato il pericolo rappresentato da Putin”, ha aggiunto Bill Browder, uomo d’affari britannico. Parigi, nel 2013, lo ha accolto a braccia aperte, offrendogli una cattedra nel dipartimento di Economia di Sciences Po, la fornace delle élite francesi, e lo scorso anno, per volere del nuovo direttore dell’istituto di rue Saint-Guillaume Mathias Vicherat, è stato promosso direttore della formazione e della ricerca con il titolo di “provost”, ossia numero due dell’organigramma.

     
“Sciences Po mi ha dato rifugio e vorrei sdebitarmi”, ha detto a Libération Guriev, incaricato da Vicherat di sviluppare l’offerta di ricerca e di formazione sulle transizioni ambientale e digitale, ma anche di portare avanti la politica di internazionalizzazione e di diversificazione delle discipline, per avvicinare la superscuola ai grandi atenei americani come Harvard. Sposato con l’economista e insegnante all’Ehess Ekaterina Zhuravskaya, costretta all’esilio in Francia anche lei, Guriev tiene molto alla libertà accademica, sparita progressivamente in Russia. “E’ una cosa molto personale. Ho visto quanto può costare”, dice Guriev, che è stato rettore della New Economic School di Mosca, la più importante scuola di economia russa, prima di essere oggetto di pressioni e minacce da parte del regime putiniano.

   
Durante il mandato di Medvedev (2008-2012), Guriev, oggi 51enne, credeva assieme ad altri intellettuali in una modernizzazione della Russia. “Medvedev dava l’impressione di prestare ascolto alle persone come me. Mi sono comportato di conseguenza”, ricorda il numero due di Sciences Po. Oltre a essere stato una delle plume di Medvedev, all’epoca partecipava alle riunioni con il presidente e con l’allora primo ministro Putin. “Dicevo loro le stesse cose che dicevo ai miei studenti: c’è bisogno di concorrenza, dello stato di diritto, della lotta contro la corruzione, altrimenti, viene meno la crescita. Per me, era una questione di integrità. Ci sono le trascrizioni di queste discussioni. Putin mi diceva che avevo ragione”, rivela oggi Guriev, che Libération soprannomina “il mago di Sciences Po”, in riferimento al bestseller Gallimard di Giuliano da Empoli, “Le Mage du Kremlin”. A proposito del vero mago del Cremlino, ossia Vladislav Surkov, eminenza grigia ed ex spin doctor di Putin a cui lo scrittore italiano si è ispirato per il personaggio di Vadim Baranov, Guriev, che lo ha conosciuto in prima persona, dice questo: “E’ molto più malvagio nella realtà che nel libro”. 

   
 Nel suo ufficio parigino, Guriev, che ha fatto i suoi studi a Kyiv, ha una foto accanto a Barack Obama
, scattata nel 2009 in occasione della tournée moscovita dell’ex presidente americano. L’ultima volta che ha messo piede a Mosca è stata nel 2019, per il suo ruolo di economista capo presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ma non esclude di ritornarci per ricoprire funzioni governative quando l’èra Putin sarà terminata: “Never say never. La mia vita è imprevedibile”.

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