(foto Ap)

Zelensky, l'influencer della libertà

Claudio Cerasa

A Bruxelles, un grande presidente ucraino celebra la forza dello stile di vita europeo e ricorda quanto sarebbe costoso non combattere per difendere la società aperta. Una lezione da incorniciare contro il partito del pacifismo farlocco

Non ci affidiamo alle parole, ma agiamo. Non ci rannicchiamo davanti al nemico, ma restiamo in piedi. Non perdiamo tempo: cambiamo noi stessi e attuiamo i cambiamenti. L’Europa rimarrà sempre libera. Finché saremo insieme e finché avremo a cuore la nostra Europa”. E’ un discorso di una potenza infinita quello fatto ieri al Parlamento europeo da Volodymyr Zelensky. E’ un discorso con cui il presidente di un paese aggredito, un paese che da quasi un anno combatte per difendere la sua integrità e la sua libertà, è riuscito a mettere di fronte agli occhi dell’opinione pubblica, forse non quella sanremese ma certamente quella europea, ciò che l’Ucraina rappresenta oggi per il mondo libero. Zelensky, con parole asciutte, ha ricordato ai suoi interlocutori perché la battaglia che sta conducendo il suo paese non è solo in difesa dei propri confini ma è in difesa di uno stile di vita che si trova non da oggi al centro delle violente mire espansionistiche della Russia di Putin: lo stile di vita europeo. Ha detto proprio così Zelensky. Ha detto che, in questa guerra, “c’è un tentativo di distruggere lo stile di vita europeo degli ucraini con una guerra totale”.

Ha detto che il nemico che l’occidente sta combattendo insieme con l’Ucraina è “la forza più anti europea del mondo moderno”. E ha ricordato che per difendere tutto quello che gli europei amano, un’Europa moderna, un’Europa pacifica, un’Europa dove comanda la legge, e non la forza, dove la diversità è un valore, dove i confini sono inviolabili e dove le persone credono nel domani e sono disposte a scendere in piazza per lottare per il loro futuro, occorre continuare a fare quello che l’Europa, negli ultimi dodici mesi, ha fatto contro ogni aspettativa più rosea: restare unita per difendere i confini dell’Ucraina, che sono i confini dell’Europa, da una brutale “forza antieuropea che cerca di rubare l’Europa a noi, a tutti noi”. Difendere l’Ucraina, dunque, significa difendere anche lo stile di vita europeo, e non sorprende che i sopraccigli alzati in Europa nei confronti del presidente ucrainosiano proprio di tutti coloro che l’europeismo riescono a difenderlo solo quando questo si traveste da bancomat.

 

In questo senso, il tour di Zelensky nel cuore dell’Europa non è il tour di un leader che cerca di elemosinare aiuti per il suo paese assediato ma è il tour di un leader che nel giro di un anno è divenuto tutto quello che l’Europa spesso fatica a vedere quando pensa a quello che è. Ci ha portato a scegliere da che parte stare, Zelensky. Ci ha portato a ricordare cosa vuol dire difendere la pace. Ci ha portato ad aprire gli occhi su quello che siamo. Ci ha portato a ricordare cosa vuol dire difendere fino in fondo la società aperta. E ci ha ricordato il modo in cui si può essere sovranisti e si può essere nazionalisti senza essere degli anti europeisti. Diceva Piero Calamandrei, padre costituente, che la libertà è come l’aria: “Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai”.

 

Zelensky, da formidabile influencer della società aperta, da un anno ci offre buone ragioni per attualizzare la vecchia lezione di Calamandrei e per capire che la battaglia a difesa della società aperta è una battaglia che ha un costo infinitamente più piccolo rispetto al costo che saremmo costretti a pagare se non combattessimo quella battaglia. E sotto questa prospettiva, il suo tour in giro per l’Europa, la sua presenza assidua sui media, la sua capacità di portare in tutto il mondo il messaggio di lotta per la libertà veicolato dal suo popolo, continua a essere  un’arma straordinaria contro i finti pacifisti, contro i professionisti della resa, contro i cavalli di Troia del putinismo e contro tutti coloro che cercano di trovare un modo per fare quello che Zelensky ci ha ricordato anche ieri. Non affidarsi solo alle parole, ma agire. Non rannicchiarsi davanti al nemico, ma restare in piedi. E ricordare che, come diceva Calamandrei, la libertà è come l’aria: “Ci si accorge di quanto vale solo quando improvvisamente comincia a mancare”.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.