Zelensky a Londra ringrazia “in anticipo” per gli aerei. La leadership inglese spiegata dai suoi ministri

Paola Peduzzi

L’effetto persuasivo del Regno Unito si sente nel posto più improbabile: Parigi. L'incontro con Sunak, poi Macron e Scholz

Roma. Il Regno Unito  è al nostro fianco “dal primo giorno”, “dai primi secondi, i primi minuti” dell’invasione russa, “ha teso la sua mano per aiutarci quando il resto del mondo ancora non aveva capito come reagire”, ha detto grato Volodymyr Zelensky ieri a Westminster, nella sua visita a sorpresa che arriva dopo l’esordio all’estero del presidente ucraino, a Washington (e dove sennò?) a dicembre, ed è la prima tappa di un tour europeo che passa per Parigi e Bruxelles. Londra ha un ruolo particolare nel sostegno all’Ucraina: in sincrono con gli Stati Uniti ha spinto gli europei a prendere consapevolezza di che cosa c’era  e c’è in gioco nella guerra – la difesa della democrazia – e lo ha fatto con una modalità che non si vedeva da tempo: con l’esempio. Il ministro degli Esteri britannico, James Cleverly, intervenendo al Forum di Pontignano organizzato dall’ambasciata britannica in Italia, ha citato “il discorso personale e potente” di Zelensky per ribadire che bisogna “keep up the pressure”, non perdere tempo né determinazione. 

 

Cleverly ha detto che cosa c’è in gioco, “la tenuta di un ordine internazionale” che garantisce il rispetto dello stato di diritto e la libertà contro un’aggressione ingiustificata e, senza perdersi nell’infinito e noioso dibattito sui dettagli di un negoziato che la Russia non vuole, ha aggiunto: “L’aggressione di Vladimir Putin deve essere fallimentare”, e in questo “unsuccessful” c’è tutta l’urgenza di rifornire Kyiv dei mezzi di cui ha bisogno. “E’ tutto molto chiaro, bianco e nero – ha detto Cleverly – Gli ucraini non meritavano questa invasione”, e ha spiegato un altro elemento, politico e inglese: il ministro ha raccontato che l’auto di Zelensky a Londra aveva i vetri oscurati ma molti sapevano che c’era dentro lui e sono scesi nelle strade per salutare e ringraziare. “Se abbandonassimo gli ucraini – ha detto Cleverly – gli elettori inglesi non ce lo perdonerebbero mai”.    

 

A Londra,  Zelensky non ha soltanto ringraziato il governo inglese – con un riferimento esplicito a Boris Johnson, l’ex premier che è appena stato in visita privata a Kyiv e che in Ucraina gode di un’enorme popolarità: il ringraziamento non deve essere piaciuto molto a Rishi Sunak, ma il compito dell’attuale premier è proprio maneggiare il lascito di Johnson – e ha aggiunto rapido: “Vi ringrazio in anticipo per i potenti aerei inglesi”. Kyiv chiede di proteggere il paese dagli attacchi dal cielo di Putin fin dal primo giorno, ma ora siamo arrivati al momento in cui è crollato anche il tabù degli F-16, e in questo gli inglesi sono stati ancora una volta pionieri: Sunak ha dato a Ben Wallace, il ministro della Difesa anche lui presente al Forum di Pontignano e in colloquio con i vertici della Difesa italiana, l’incarico di valutare quali jet Londra è in grado di inviare in breve tempo in Ucraina. E’ stato annunciato l’allargamento della formazione dei militari ucraini anche all’utilizzo degli aerei, cosa che fa ben sperare sulla prossima fornitura, anche se tale formazione inizierà  in primavera.  

 

Zelensky ringrazia in anticipo e Londra anticipa gli altri alleati: questa è la forza e l’unicità della Gran Bretagna. La settimana scorsa, Johnson era negli Stati Uniti e ha fatto lobby per l’invio di F-16. Prima ancora che l’invasione di Vladimir Putin fosse realtà, Londra lavorava diplomaticamente per provare a frenare il presidente russo (senza nutrire troppe speranze) e rendeva pubblici i report di intelligence, proprio come gli americani, in cui si dimostrava l’imminenza dell’aggressione. Intanto riforniva già di armi l’Ucraina – i celebri Nlaw, i lanciamissili anticarro portatili e leggeri, arrivarono con un ponte aereo a Kyiv nel gennaio del 2022 – e Wallace introduceva una precisazione che sarebbe diventata dirimente e che nelle sue chiacchiere informali il ministro rivendica e ribadisce: le armi leggere che stiamo consegnando servono a difendersi, “non rappresentano una minaccia” per la Russia. Da lì in poi l’aiuto degli inglesi è stato costante e incrementale, un passo avanti agli altri alleati:  in termini numerici il paese è secondo solo agli Stati Uniti, ma ha spesso giocato d’anticipo anche rispetto a Washington, come si è visto di recente con l’invio dei carri Challenger, mezzi di una sofisticazione assoluta, deciso senza tentennamenti prima di tutti. Ma quel che conta, soprattutto in una leadership inglese che ha fatto dell’isolamento il suo carattere, è che Londra non vuole un primato solitario, anzi, vuole con l’esempio persuadere tutti gli alleati – compresi gli europei: non era scontato –  a dare tutto quel che è necessario all’Ucraina per respingere l’invasore russo. La collaborazione è stata così convinta e naturale che alcuni hanno addirittura pensato che fosse il segnale di un riavvicinamento antiBrexit (la ministra  del Commercio internazionale, Kemi Badenoch, al Forum di Pontignano l’ha escluso perentoria). Ma Cleverly ha detto: “Se qualcuno aveva dubitato del fatto che abbiamo a cuore la sicurezza europea, ora ha la dimostrazione che ci interessa”, e questa è la cosa più europeista che si sentiva da esponenti britannici (e thatcheriani) da molto tempo.  

 

L’effetto della persuasione inglese ora s’intravvede nel posto più improbabile di tutti: Parigi. Zelensky ieri sera è arrivato da Emmanuel Macron, che ha abbandonato la sua ambizione invero pericolosa di costruire ponti (telefonici almeno) con la Russia e quindi di fare il gran diplomatico con Putin, e che anzi negli ultimi giorni dice che sull’invio di aerei a Kyiv “nulla è escluso”. Zelensky è andato a ringraziare anche Macron, dopo qualche esplicito dissapore (l’ironia ucraina s’è scatenata contro il presidente francese), e poiché s’è trovato lì anche Olaf Scholz, arrivato da Berlino, ha ringraziato anche lui. Peserà, in futuro, la scelta di Zelensky di andare a Parigi e non a Berlino. Cleverly ha curato bene anche il malumore romano nell’essere esclusi dal tour di Zelensky, elogiando l’alleanza con l’Italia, dal punto di vista della difesa ma anche dal dei valori e di come ci si muove nel mondo. Oggi in ogni caso, al di là di equilibri e insofferenze, con Zelensky ci si vede a Bruxelles. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi