fratelli del cremlino

Cosa pensano di Putin gli amici di un tempo

Micol Flammini

In Ucraina arrivano le iurte dell'invincibilità kazake e il premier armeno dice che Mosca lo preoccupa. Tutti i modi per dire alla Russia: non sei un buon alleato

Per decine e decine di testate che chiudono in Russia, una ne apre e appartiene al servizio di intelligence estero, Svr. Da dicembre l’agenzia ha deciso di pubblicare una rivista. Il nome è Razvedchik, parola che indica l’ufficiale delle forze speciali che si occupa di ricognizioni, e tutti i mesi si propone di raccontare la posizione della Russia nel mondo. L’editoriale del primo numero è di Sergei Naryshkin, direttore dell’Svr diventato noto ai più dopo essere stato umiliato dal presidente Vladimir Putin durante il Consiglio di sicurezza trasmesso in diretta per  discutere il riconoscimento dell’indipendenza  di Luhansk e Donetsk. La guerra sarebbe stata dichiarata tre giorni dopo, era il preludio. La rivista Razvedchik ha l’obiettivo di raccontare la Russia come una potenza assediata dall’occidente, cullare il vittimismo alimentato dai discorsi politici, rafforzare l’idea che il resto del mondo, tranne Mosca, è vicino al collasso. In copertina c’è ovviamente Putin rappresentato in una foto di un paio di anni fa, nelle pagine finali compaiono indovinelli e cruciverba. Uno degli articoli principali è dedicato all’Unione economica eurasiatica, il progetto di integrazione commerciale che comprende Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan, che viene presentato sulle pagine della rivista come una solida alternativa al sistema occidentale. 

 

I componenti dell’Unione eurasiatica dovrebbero essere tra di loro tutti alleati, ma l’invasione dell’Ucraina, che pure stava per far parte del gruppo per volere dell’ex presidente Viktor Yanukovich, ha raffreddato i rapporti tra alcuni dei suoi membri e Mosca. Due in particolare non si riconoscono più nel progetto e hanno iniziato a prendere le distanze: l’Armenia e il Kazakistan. La prima è rimasta delusa dalla gestione russa delle violenze nel Nagorno Karabakh, il territorio conteso tra armeni e azeri in cui la guerra va avanti da trent’anni e continua a essere devastante. Per Erevan, Mosca era la garanzia di sicurezza  e quando nel 2022 sono iniziate nuove ostilità con l’Azerbaigian, il premier Nikol Pashinyan chiese l’intervento della Csto, l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva che rappresenta una Nato dell’est. La Russia ha risposto in modo evasivo. Al rifiuto Pashinyan ha reagito infastidito, per poi mutare il fastidio in una  minaccia. Il premier armeno ha detto di essere molto preoccupato per la Csto in generale ma soprattutto per le truppe russe che in Nagorno Karabakh sono impegnate in una missione di pace e ha suggerito che forse potrebbe arrivare il momento di sostituirle con una missione internazionale. Pashinyan sa di avere bisogno di protezione e ha lanciato un ultimatum al Cremlino: o mi aiuti o te ne vai. La portavoce del ministero degli Esteri russo, la sempre esplicita Maria Zakharova, ha definito assurde le parole di Pashinyan e ha lodato l’amicizia che lega russi e armeni. Le amicizie finiscono, se non vengono curate, e Erevan sente che Mosca non è più disposta a occuparsi della sua sicurezza. Anche l’Azerbaigian se ne è accorto e infatti percepisce  la debolezza della Russia nel Caucaso come un'opportunità. Più che a intervenire in favore di Erevan, secondo alcune fonti citate dalla stampa russa, Mosca starebbe pensando di sostituire Pashinyan, senza rendersi conto che la democrazia armena già in passato ha dimostrato di avere anticorpi più forti delle interferenze del Cremlino. 

 

L’altro alleato disamorato è il Kazakistan. Questa settimana a Bucha, la cittadina fuori Kyiv dove sono stati scoperti i primi massacri compiuti dall’esercito russo, è comparsa una iurta, l’abitazione mobile tipica delle montagne dell’Asia centrale. Altre iurte chiamate “dell’invincibilità” sono poi comparse nella capitale per accogliere gli ucraini che hanno bisogno di calore o  di ricaricare i telefoni. Alla richiesta di spiegazioni da parte di Mosca, il Kazakistan  ha risposto che l’iniziativa è privata e non c’è nulla di male nell’aiutare un’altra nazione. E’ un passo importante, i kazaki avevano preso le distanze dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, ma finora non avevano fornito aiuti a Kyiv. 

L’Unione eurasiatica è legata da un’amicizia che sembra non funzionare più, al di là delle lodi dell’Svr, ogni componente ha i suoi motivi per non fidarsi di Mosca. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.