svolte epocali

Il Cremlino è preoccupato per le nuove armi francesi e tedesche a Kyiv

Micol Flammini

Come cambia la guerra con le forniture di veicoli corazzati che arrivano anche da Francia e Germania. Una ricognizione militare e politica

Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ogni giorno riceve i giornalisti e gli incontri sono importanti perché tra le minacce, più o meno velate si percepiscono le paure della Russia riguardo alla guerra. La regola generale è interpretare le frasi di Peskov al contrario, guardarle in controluce. Ieri ha detto che le forniture di armi occidentali all’Ucraina non cambieranno nulla sul campo di battaglia ma  prolungheranno la guerra e le sofferenze. La prima osservazione, scontata, è che non ci sarebbero state  sofferenze senza l’invasione dell’Ucraina, la seconda è che la Russia teme molto le nuove armi occidentali in arrivo a Kyiv. Il commento di Peskov rispondeva a  una domanda sulla decisione della Francia di mandare veicoli blindati all’Ucraina, alla quale sono seguiti anche gli annunci americani e tedeschi per la consegna di carri armati. 

La Russia sta concentrando i suoi sforzi nel Donbas, il tentativo di prendere la città di Bakhmut si sta rivelando sanguinoso e lento. Se il Cremlino aveva puntato   su una guerra estenuante che rendesse sempre più complessi  gli invii di nuove armi occidentali, ha ottenuto l’effetto contrario e anche la trasformazione di  uno dei paesi che all’inizio della guerra erano  tra i più restii a fornire aiuti militari all’Ucraina: la Germania. Mercoledì il presidente francese, Emmanuel Macron, ha annunciato l’invio di veicoli corazzati Amx-10 Rc e giovedì, il cancelliere tedesco Olaf Scholz  ha comunicato che Berlino avrebbe fornito a Kyiv veicoli Marder e una batteria di missili Patriot.  Il governo della Germania ha perso molti dei tentennamenti iniziali, anche per la determinazione della sua componente verde. La scorsa settimana in Finlandia è stata avviata una campagna di sensibilizzazione rivolta al governo tedesco e chiamata “Liberate i Leopard”, dal nome di un altro carro armato prodotto dalla Germania. Sono stati i Verdi a rispondere in modo possibilista e l’apertura ha riesumato le critiche di alcuni analisti tedeschi che accusano la Germania di agire sempre dietro la guida o il consiglio di altri. 
Le critiche e le divisioni spesso entusiasmano il Cremlino, ma Mosca non ha fatto in tempo a deliziarsi dei possibili attriti dentro alla maggioranza tedesca oppure tra Berlino e Parigi – pare che Macron non abbia avvertito Scholz prima di annunciare la consegna degli Amx-10 Rc – perché guarda con attenzione a quanto la guerra potrebbe cambiare con questa nuova fornitura di armi, dal punto di vista militare e da quello politico. Il think tank Atlantic Council ha raccolto le opinioni di quattro esperti in un articolo dal titolo “Le nuove armi francesi e tedesche possono cambiare la situazione in Ucraina?”. La risposta generale è sì: la cambiano, eccome. 

 

Marie Jourdain è tra gli esperti consultati, ha lavorato a lungo presso la Direzione generale per le relazioni internazionali e la strategia del ministero della Difesa francese e ha definito l’annuncio della consegna degli  Amx-10 Rc “sorprendente”. “Dallo scorso febbraio, la Francia ha sostenuto l’Ucraina in tutte le sue dimensioni ma, secondo molti osservatori, la componente militare era insufficiente. C’è stata poca comunicazione sulle questioni di difesa e le consegne sono state limitate, anche se la Francia ha inviato obici Caesar di importanza cruciale e ha contribuito a finanziare il Fondo europeo per la pace, che ha sostenuto le forze armate ucraine”. Parigi ha deciso di procedere con la consegna del nuovo equipaggiamento militare senza consultare altri occidentali intestandosi una decisione che, secondo Jourdain, potrebbe anche non essere cruciale per consentire all’Ucraina di affrontare l’offensiva russa in primavera. L’inverno è visto come una fase di stallo e si aspetta il primo caldo per vedere una nuova strategia. Per i russi l’importante è accumulare uomini, per gli ucraini è colpire i nuovi arrivati. La strategia di Mosca è dichiarata e prevedibile e gli ucraini per l’inverno sono concentrati nel rimanere solidi e colpire le linee russe. Se la mossa di Macron non è decisiva dal punto di vista militare, potrebbe esserlo però dal punto di vista politico: l’annuncio arriva “poche settimane prima di un  vertice franco-tedesco e non è positivo per le relazioni tra i due paesi”. Macron, rispetto a Scholz, ha capito in anticipo il ruolo storico del sostegno a Kyiv  e ha capito che “dimostrare la propria affidabilità come partner dell’Ucraina è un prerequisito per far sentire la propria voce quando verrà il momento di progettare una nuova architettura di sicurezza europea”. La decisione della Germania di inviare i Marder e una batteria di Patriot è stata accolta in modo positivo, ma vista come tardiva. Non sfugge neppure a Jörn Fleck, direttore dell’Atlantic Council, la portata politica della nuova consegna. Fleck infatti scrive che la decisione di mandare  armi risponde al principio “meglio tardi che mai”, che ha accompagnato la leadership tedesca  dall’inizio della guerra.

 

Scholz ha definito l’invasione di Mosca “una svolta epocale”, una Zeitenwende, e ha impiegato del tempo prima che epocale fosse anche la svolta della Germania. “Scholz può dire che il suo governo si è attenuto al principio tanto ripetuto che la Germania non si muove da sola ma solo in collaborazione con gli alleati. Ma con l’annuncio di giovedì, Berlino ha dato ancora una volta l’impressione di essere stata forzata da Washington e Parigi e di aver fatto la cosa giusta  solo quando non aveva altre opzioni”. I cambiamenti strategici e di mentalità che una Zeitenwende di successo richiederà non si sono ancora pienamente concretizzati, scrive Fleck, e la leadership di Scholz, per quanto cambiata, è lontana da essere quella necessaria. Sul ritardo dell’annuncio ragiona anche John Herbst, ex ambasciatore americano in Ucraina, che non scarica la responsabilità soltanto sulla Germania. “Un passo gradito ma tardivo”, che segue lo stesso ritmo che gli  aiuti hanno seguito fino a oggi.  E questa lentezza, la pagherà Kyiv ma anche i suoi alleati. “La buona notizia è che le forniture stanno diventando più sofisticate  (…)  L’Amministrazione Biden deve dichiarare che il suo chiaro obiettivo è aiutare l’Ucraina a rendere insostenibile la presenza russa. Il modo intelligente per farlo è fornire a Kyiv l’artiglieria, i missili e i droni a più lungo raggio (fino a trecento chilometri), i carri armati e gli aerei (F-16) che permettano a Kyiv di interrompere il ponte terrestre verso la Crimea e quindi costringere i russi a ritirarsi dall’Ucraina meridionale, rendendo estremamente difficile per la Russia rifornire le proprie forze armate in Crimea”. Più che sui mezzi corazzati, Justin Conelli, dello Scowcroft Center for Strategy and Security’s Forward Defense practice dell’Aeronautica militare americana, si concentra sulla batteria di Patriot. Verranno mesi di scelte, Kyiv dovrà decidere le sue priorità: quale città salvare dai bombardamenti. La mancanza di difesa aerea creerà una divisione in aree più o meno vulnerabili, più o meno sacrificabili e “la batteria di missili Patriot fornita dalla Germania, insieme a quella degli Stati Uniti, sarà fondamentale per Kyiv per proteggere le sue città e assicurare i guadagni di posizione duramente conquistati, difendendosi contemporaneamente dalle operazioni offensive localizzate delle forze russe.

 

Per tutti gli esperti il timore è uno solo: allungare la guerra. Ma sono i rifornimenti a singhiozzo a renderla lunga, esattamente il contrario di quanto detto da Peskov.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.