Il presidente kazako Tokayev (LaPresse) 

Il Kazakistan dei tre volti di Tokayev, che le prova tutte per sbarazzarsi di Nazarbayev

Davide Cancarini

A un anno dalle grandi proteste e dalla repressione il presidente kazako vuole ricostruire la nazione e aumentare il potere, mentre gioca con Putin e con Xi

Il 2022, complice anche l’invasione russa dell’Ucraina, ha messo in luce tutta la fragilità dei regimi dell’Asia centrale e in particolare di quello che guida il Kazakistan. Nella repubblica centro asiatica, l’inizio dell’anno scorso è stato infatti caratterizzato da enormi proteste popolari, che hanno attirato l’attenzione internazionale anche a causa della durissima repressione governativa che ne è seguita. Una risposta a cui ha contribuito anche la Russia, in quel momento ancora un alleato di ferro del Kazakistan, considerato che all’apice dei disordini il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha richiesto l’intervento delle truppe della Csto, organizzazione di sicurezza di cui proprio il Cremlino è deus ex machina.

  
Riprese saldamente in mano le redini del potere, Tokayev ha proposto una serie di modifiche costituzionali, approvate dopo un referendum tenutosi la scorsa estate, con l’obiettivo dichiarato di accogliere almeno parzialmente le richieste di apertura in senso democratico e iniziare il percorso verso la nascita di un “nuovo Kazakistan”. In generale le riforme dovrebbero ridurre il potere del governo e dare maggiore autonomia al Parlamento nazionale e ai rappresentanti locali. In realtà, come sottolineato anche da numerosi osservatori, si tratta solamente di un tentativo di rendere più efficiente alcuni processi decisionali, senza però incidere sulla natura autocratica del regime. Le modifiche costituzionali hanno riguardato anche il mandato presidenziale, portato da cinque a sette anni e reso, almeno ufficialmente, non rinnovabile. Tokayev ha poi indetto elezioni anticipate, tenutesi a fine novembre, che l’hanno visto trionfare con oltre l’80 per cento delle preferenze. Obiettivo del leader kazako: ottenere un mandato forte, per procedere con ulteriori riforme di tipo economico e chiudere definitivamente i conti con l’ingombrante eredità del suo predecessore, Nursultan Nazarbayev.

  

  

Quest’ultimo ha profondamente inciso sulla forma assunta dal Kazakistan nell’epoca post sovietica, plasmandolo a sua immagine e somiglianza, a tutto vantaggio della sua famiglia e dei membri della nomenklatura a lui più vicini. Dopo il passo indietro compiuto a sorpresa nel 2019 e la salita al potere di Tokayev, Nazarbayev ha inizialmente mantenuto un grande potere, progressivamente indebolito dal nuovo leader. La presa dell’attuale presidente sul sistema politico nazionale è ormai totale, con una parallela caduta verticale del predecessore, al punto che il parlamento di Astana (rinominata in questo modo dopo che nel 2019 il nome era stato modificato in Nur-Sultan in onore di Nazarbayev) starebbe per approvare una legge che ridurrebbe  l’immunità finora concessa all’ex presidente e alla sua famiglia.


Il 2022 è stato particolarmente turbolento anche sul fronte internazionale, con la definitiva presa di coscienza in Kazakistan dell’imprevedibilità e dell’inaffidabilità della Russia e il tentativo di innescare un progressivo distanziamento da Mosca e la ricerca di nuovi partner. Un percorso che sta proseguendo ma che rende evidente, considerando le accelerazioni e le improvvise battute d’arresto che lo contraddistinguono, il delicato equilibrio che Tokayev deve cercare. Troppo forte, infatti, sono l’influenza della Russia in Asia centrale e la volontà di Vladimir Putin di non alienarsi gli storici alleati nella regione. L’ultimo contatto diretto risale a pochi giorni fa quando, nel corso di un colloquio telefonico, il leader kazako e l’inquilino del Cremlino hanno discusso della sfera energetica e dei possibili sviluppi, inclusa  la volontà kazaka di iniziare a rifornire di petrolio la Germania utilizzando l’oleodotto russo Druzhba. Pechino sta ovviamente alla finestra, dopo però che Xi Jinping ha ribadito, durante l’ultimo vertice dell’Organizzazione di Shanghai per la Sicurezza, l’impegno cinese di supportare il governo di Tokayev nella difesa dell’indipendenza, sovranità e integrità territoriale kazaka. Un chiaro monito a Mosca.


Tornando alla situazione attuale a un anno dalla scossa che ha fatto tremare fin dalle fondamenta il regime di Astana, se sul fronte internazionale Tokayev ha gioco facile a ergersi a fautore della pace e a mantenere un atteggiamento perlomeno neutrale nei confronti del conflitto in corso in Ucraina, molto meno semplice è fare i compiti a casa e implementare quelle riforme per aprire in senso democratico le istituzioni del paese. Una contraddizione che prima o poi potrebbe diventare troppo evidente per essere ignorata.