Piccola Posta

Kazakistan, una rivolta che doveva succedere

Adriano Sofri

Ci sono tutti gli ingredienti per cambiare la storia di un paese incentrato da anni sul culto di Nursultan Nazarbayev

La gelida capitale kazaka inventata per sostituire, nel 1997, Almaty, l’antica Alma Ata, la città delle mele, si chiamava Astana (“capitale”), poi, nel 2019, è diventata Nur-Sultan, dal nome del padre della patria, Nursultan Nazarbayev, oggi 81enne. Ora probabilmente sta di nuovo per cambiare nome.

E’ uno scherzo urbanistico. I più celebri architetti del mondo furono convocati a realizzarvi i loro faraonici progetti, uno accanto all’altro, alla rinfusa, grattacieli temerari e teatri in forma di fiore sbocciato e templi neoclassici, colonnati e cupole e piramidi politeiste, yurte di granito e cristallo, fontane e marmi bianchi di Carrara e statue efferate, e donne e uomini chini sulle spianate di pavimenti per strappare a mano l’erba che insiste a spuntare fra una lastra e l’altra. Al centro sorge la favolosa torre Bayterek, 105 metri di albero della vita con in cima l’uovo della felicità, una palla dorata di 22 metri di diametro. Da tutto il Kazakistan, che è grande dieci volte l’Italia per neanche 20 milioni di popolazione, la gente viene, fa la fila per il biglietto, prende uno degli ascensori e sale fin dentro la sfera d’oro, e posa la mano – specialmente i bambini, la manina – dentro l’impronta di bronzo dorato della mano di Nazarbayev ed esprime un desiderio: “E’ come stringerla a lui”, dice estatica la guida. Per ragioni di spazio, mi limito a ricordare questo dettaglio per aiutarvi ad avere un’idea di che cosa voglia dire la statua colossale di Nazarbayev ripresa dai telegiornali: con una corda al collo e altre attorno alle braccia e al torso, per essere trascinata giù dal piedistallo e fatta a pezzi.

Doveva succedere. Sta succedendo, e nessuno può dire che cosa ne verrà. I classici ingredienti ci sono tutti: la voglia coraggiosa di libertà personali, specialmente di donne, una rivolta sociale di lavoratori più volte esplosa e schiacciata, i disegni islamisti, le rivalità e le congiure di palazzo, l’amicizia “fraterna” delle truppe russe e di altre repubbliche ex-sovietiche, Bielorussia e Ucraina in prima fila.

Mi ha lasciato senza fiato una notizia: che alla crisi economica del gigante petrolifero e del gas kazako, e all’aumento delle tariffe che ha fatto da scintilla, ha contribuito pesantemente il consumo di elettricità di decine di migliaia di compagnie internazionali di criptovalute. Il mondo nuovo: esprimete un desiderio.

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