Nursultan Nazarbayev e Vladimir Putin (LaPresse)  

EDITORIALI

Il Kazakistan è molto arrabbiato

Redazione

Da una protesta per il prezzo del Gpl sono partiti slogan politici. Echi per Putin

Ieri è stato il terzo giorno di proteste in Kazakistan, ex repubblica sovietica ancora fortemente legata a Mosca. I cittadini, che non sono soliti scendere in piazza, hanno incominciato manifestando contro l’aumento del prezzo del gas di petrolio liquefatto (Gpl) e piano piano, gli slogan per le strade hanno iniziato a diventare sempre più politici. Il Kazakistan è stata l’ultima repubblica sovietica a diventare indipendente, ma non sono stati compiuti grandi progressi democratici, tanto che il Parlamento è privo di opposizione. A capo della nazione, dal 1990, cioè da prima della fine dell’Unione sovietica, c’è Nursultan Nazarbayev, che soltanto nel 2019 ha fatto un passo indietro: ha ceduto la carica di presidente a Qasim-Jomart Tokayev, ma il potere rimane nelle sue mani. Nazarbayev ha un rapporto molto stretto con il presidente russo Vladimir Putin, tanto che, quando Putin annunciò una riforma della Costituzione che gli consentisse di rimanere in carica oltre i due mandati consecutivi, molti si sarebbero aspettati una manovra al presidente kazako, ma Putin scelse altre strade.

 

I confini della Russia si fanno sempre più irrequieti e quanto accade in Kazakistan sembra una situazione da tenere d’occhio anche per la Russia, fosse solo perché i manifestanti oltre a gridare slogan anti Nazarbayev gridano slogan anti Putin. La protesta era legata al prezzo del Gpl, dietro al quale gli analisti vedono anche una responsabilità di Putin, che in questi ultimi mesi ha influito sui prezzi dell’energia e ha contribuito a rendere instabile la situazione economica internazionale,  e si è trasformata in qualcosa di politico, e per controllare  la rabbia, per prima cosa, le autorità kazake hanno rallentato internet. Il Cremlino guarda con attenzione quanto succede nel paese amico, e non è la prima volta che Putin si inquieta per i confini che si agitano: basti pensare alla Bielorussia. Anche in Russia la situazione economica sta diventando sempre più difficile: è aggravata dalla pandemia e il Cremlino non sta fornendo molte soluzioni.

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