Lo schermo degli ayatollah

Il regime iraniano soffoca le proteste nelle celle e frugando nelle vite online dei manifestanti

Paola Peduzzi

La durata, la resistenza, la determinazione di queste manifestazioni sono straordinarie. Non esibire la ferocia è una strategia precisa che scommette sulla nostra distrazione

Pensi che uscirai viva di qui? Ti uccideremo, la tua sentenza è scritta: pena di morte, abbiamo le prove, sappiamo tutto. Nagin (nome di fantasia) ha detto alla Cnn che quando è stata arrestata dal regime iraniano subito, a settembre, all’inizio delle proteste (novantasette giorni fa: la durata, la resistenza, la determinazione di queste manifestazioni sono straordinarie), è stata messa in isolamento, gli occhi sempre bendati, e un giorno, durante gli interrogatori improvvisi e continui, le sono stati letti i suoi messaggi Telegram, le è stato chiesto di identificare con nome, cognome, indirizzo e account sui social tutti i suoi interlocutori: è accusata di aver creato una rete contro il regime – non uscirai viva di qui.

 

La repressione delle forze dell’ordine della Repubblica islamica continua, il numero dei morti è una stima, circa 500 si dice, ma quel che accade fuori dalle piazze, nelle celle, nelle case, nella vita online passata al setaccio di migliaia di iraniani non è quantificabile, però è enorme. Un dato che circola da un po’, quindi sarà di certo aumentato: 18 mila arresti. Finire in galera significa: torture, stupri, botte, umiliazioni, minacce, istigazione al suicidio – significa: non esci vivo di qui. Il regime hackera i canali Telegram, entra nelle vite e nei contatti di ognuno, ricostruisce le relazioni, riconosce i volti, li collega e poi reprime e punisce: è un metodo molto meno spettacolare delle pistolettate per strada, della violenza esibita, ma funziona bene sulle opinioni pubbliche internazionali e sulle cancellerie – se la brutalità puoi solo immaginarla, puoi anche nasconderla.  

 

Per ogni uccisione che il regime considera esemplare ci sono centinaia di vittime che non vediamo, che il regime stesso non vuole mostrarci non perché abbia a cuore la nostra indignazione ma perché così, nella penombra, guadagna tempo, soffoca la rivolta, approfitta della nostra cautela. E anzi, condanna “l’approccio dei paesi occidentali a sostegno dei rivoltosi e l’imposizione di sanzioni illegali sotto il falso pretesto di proteggere i diritti umani”, come ha detto il ministro degli Esteri del regime rivolgendosi all’Unione europea in un primo vertice internazionale in Giordania. Rovescia le parti, Teheran,  fruga nelle vite degli iraniani mettendo in atto un lungo processo di repressione e intanto testa la reazione dell’occidente per capire se è determinata come quella dei manifestanti. La scommessa dei regimi è sempre la stessa: gli altri si stuferanno, si distrarranno, si disuniranno.  Sta a noi fargliela perdere.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi