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Le relazioni di Bruxelles

La Cina per l'Ue è sempre meno partner e sempre più minaccia. Un documento inedito

David Carretta

Una nota riservata del Servizio europeo di azione esterna (Seae) diretto da Josep Borrell considera il colosso asiatico un pericolo per “il futuro economico e la sicurezza geostrategica" dell'Unione europea. La convergenza con Putin ha portato Pechino "a contestare in modo più diretto le democrazie occidentali”

Bruxelles. La nuova Cina di Xi Jinping per l’Unione europea è sempre meno un partner con cui dialogare e sempre di più un pericoloso concorrente economico e rivale sistemico. I leader dei ventisette stati membri hanno avuto una lunga discussione sulla politica cinese durante il Consiglio europeo di venerdì. Il messaggio che ne è uscito è di non ripetere lo stesso errore fatto con la Russia, continuando però a fare affari con Pechino. Occorre evitare le dipendenze nelle catene di approvvigionamento, che esporrebbero l’Ue al ricatto di un regime ostile. Al contempo la Cina è troppo integrata nell’economia europea per pensare a un disaccoppiamento come quello si sta facendo con il gas russo. Dietro a questa linea ufficiale, c’è un profondo cambiamento della visione strategica dell’Ue sulla Cina. 

 

Appena tre anni fa, nel marzo del 2019, la Commissione aveva definito il suo approccio sulla base di tre definizioni: la Cina è “partner per la cooperazione e il negoziato”, “concorrente economico” e “rivale sistemico”. All’epoca, segnata dall’unilateralismo di Donald Trump, l’accento era stato messo soprattutto sul dialogo con Pechino per difendere il multilateralismo e l’ordine internazionale basato sulle regole, per portare avanti gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, per lottare contro il cambiamento climatico e per difendere la pace e la sicurezza internazionale. Oggi tutto è cambiato. Un documento riservato del Servizio europeo di azione esterna (Seae) diretto dall’Alto rappresentante Josep Borrell – che il Foglio può rivelare – mostra che la Cina è considerata un pericolo per “il futuro economico e la sicurezza geostrategica dell’Ue”.

 

Il documento intitolato “Guardare avanti nelle relazioni Ue-Cina” era stato preparato per la riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue del 17 ottobre. Cioè prima del Congresso del Partito comunista cinese, dei discorsi aggressivi di Xi Jinping e della doppia rimozione di Hu Jintao dalla Grande sala del popolo e dei tecnocrati pragmatici dai vertici del Pcc. “E’ probabile che il Congresso confermerà le politiche di ripiegamento all’interno (la chiusura politica; l’autosufficienza economica e tecnologica). E’ probabile che queste tendenze amplino la divergenza tra le scelte e le posizioni politiche della Cina e nostre”, si legge nel documento. 

 

All’estero “le attività e le posizioni della Cina nelle organizzazioni multilaterali mostrano la sua determinazione a promuovere in modo sistematico una visione alternativa dell’ordine mondiale”. Non è solo il sistema globale attuale a essere contestato: la sfida all’Ue è diretta. Il Seae ricorda che l’Ue e i suoi stati membri subiscono “coercizione economica da parte della Cina, la concorrenza più agguerrita nelle tecnologie chiave, minacce cyber e ibride e manipolazione delle informazioni”. A questo si aggiungono “le politiche più assertive” nell’Indo-Pacifico e la messa in discussione dello status quo a Taiwan. L’amicizia senza limiti tra Xi Jinping e Vladimir Putin prima della guerra in Ucraina è “uno sviluppo preoccupante”: la convergenza con la Russia “ha portato la Cina a contestare in modo più diretto le democrazie occidentali”. Secondo il Seae, “la gestione delle relazioni Ue-Cina sarà una chiave determinante del futuro economico e della sicurezza geostrategica dell’Ue”. 

 

Come rispondere? I settori su cui dialogare si sono ridotti a clima, sanità, sicurezza alimentare, assistenza umanitaria, finanze sostenibili e “se possibile” ristrutturazione del debito dei paesi poveri. Sull’economia la priorità deve essere la “vulnerabilità strategica” dell’Ue dovuta alla sua dipendenza da tecnologie e minerali cinesi. L’Ue dovrebbe anche “intensificare gli sforzi per ridurre le vulnerabilità legate a cyber, marittimo, digitale, spazio, innovazione e ricerca, disinformazione e influenza”. A livello globale, l’Ue vuole approfondire il dialogo con il resto del mondo per contenere l’influenza cinese. Il piano prevede di fare concorrenza alla  Via della seta con il Global Gateway dell’Ue e di sviluppare “partnership economiche e politiche” con Giappone, Corea del sud, Australia, Nuova Zelanda, India e Asean. Ma il pilastro per gestire la “competizione con la Cina” è la “cooperazione Ue-Usa”. Prima l’Ue deve risolvere il suo problema interno, con alcuni stati membri che continuano a corteggiare Pechino. “L’Ue e gli stati membri devono prevenire e isolare i tentativi della Cina di applicare le sue tattiche ‘divide et impera’” ed “evitare iniziative isolate o non coordinate che indebolirebbero la nostra posizione unita”, avverte il documento del Seae.

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