La strategia di Putin è rendere l'Ucraina un paese invivibile. La riunione del G7

Micol Flammini

Il Cremlino dà l’assalto alla rete elettrica e idrica degli ucraini e conta sull’arrivo dell’inverno. Le mediazioni e gli incontri 

Roma. Missile dopo missile, l’obiettivo di Vladimir Putin è allearsi con l’inverno. Ieri le sirene hanno suonato in tutte le regioni dell’Ucraina, nel pomeriggio erano stati lanciati trenta missili da crociera e decine di droni suicidi contro infrastrutture critiche. La città di Zaporizhzhia è stata colpita da dodici razzi che hanno centrato diversi edifici residenziali, negozi e un gasdotto. Leopoli, la città più grande dell’Ucraina occidentale, è stata bombardata anche ieri e l’elettricità si è interrotta. A Vinnytsia i droni  hanno danneggiato la centrale termoelettrica, altri attacchi ci sono stati a Khmelnytskyi, Dnipro, Odessa, Mykolaïv. Tutta l’Ucraina è di nuovo sotto i bombardamenti e secondo le intelligence occidentali non sono molti i missili ad alta precisione rimasti negli arsenali russi. La capacità di produrne di nuovi non è nelle potenzialità di una Russia sanzionata che importa la maggior parte delle sue componenti elettroniche adatte anche alla produzione di armi. 

 

Questi attacchi martellanti e diretti contro le infrastrutture energetiche di Kyiv   sono il segnale della fretta del Cremlino di rendere l’Ucraina un posto invivibile, soprattutto in vista dell’inverno. La foga missilistica contro Zaporizhzhia   e la minaccia contro la centrale nucleare iniziata nei mesi estivi erano la prima fase di questo ricatto: tagliare a una parte dell’Ucraina la corrente elettrica e costringerla ad attingere alle risorse della Russia. Mosca vorrebbe usare a suo favore il freddo, che nella prima fase della guerra è stato un alleato di Kyiv, e invece ora potrebbe rallentare la controffensiva ucraina che va avanti a sud e a est per cacciare le truppe russe e potrebbe inasprire le condizioni di vita dei cittadini, lasciati al buio, senza riscaldamenti, senza acqua calda. Il modello Mariupol, applicato a tutta l’Ucraina. Non fu facile per Mosca l’operazione brutale dell’assedio di Mariupol, ancora meno facile sarà farlo con l’intero paese che ha imparato a combattere, a difendersi e al quale gli alleati occidentali stanno mandando nuove armi, inclusi i sistemi antimissile: ieri c’è stata una riunione di emergenza del G7 – è stato il presidente Volodymyr Zelensky a chiedere al cancelliere tedesco Olaf Scholz l’incontro in videoconferenza – e i leader hanno promesso all’Ucraina un sostegno finanziario e militare “imperterrito e deciso” e hanno sottolineato “gravi conseguenze” per la Russia se dovesse utilizzare armi chimiche, biologiche o nucleari.

 

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha annunciato per la prossima settimana  esercitazioni di deterrenza militare. Putin, che secondo l’intelligence americana potrebbe aver pianificato i bombardamenti di questi giorni prima dell’attacco al ponte che collega la Crimea alla Russia, ha deciso di martoriare l’Ucraina fino a quando non arriveranno condizioni più favorevoli per la Russia tra qualche mese. Vede nell’inverno   un alleato per tre ragioni: pensa che possa alienare la solidarietà dei paesi occidentali nei confronti di Kyiv, i problemi economici dell’Europa potrebbero causare problemi sociali che, nell’ottica del Cremlino, costringerebbero i governi ad allentare le sanzioni; ritiene che possa mettere in difficoltà a livello militare la resistenza ucraina; attende che i nuovi soldati mobilitati siano pronti per essere mandati sul campo di battaglia e anche se non saranno professionisti, spera possano fare la differenza a livello numerico. Putin è convinto di poter vincere. 

 

L’attacco di lunedì ha ricompattato gli alleati dell’Ucraina, ha messo Kyiv nelle condizioni di chiedere più aiuti. La Germania, di solito restia a inviare armi  ha mandato  il suo sistema di difesa antimissile Iris-T, che da solo può proteggere una città della grandezza di Kyiv da qualsiasi attacco. Alla difesa dei cieli ucraini potrebbero contribuire anche Italia e Francia con i sistemi Samp/T. Una delle preoccupazioni di Washington è far finire la guerra prima che il Cremlino possa arrivare davvero alle armi nucleari: prima che Putin si senta con le spalle al muro. Il presidente americano Joe Biden ha deciso quindi di mostrare che gli Stati Uniti prendono sul serio la minaccia nucleare del Cremlino e, prima dell’attacco feroce di lunedì contro tutta l’Ucraina, aveva lasciato intendere che sarebbe stato disposto a incontrare il presidente russo a Bali in occasione del G20. Dal Cremlino è arrivata ieri la conferma che Putin andrà al vertice e che non è escluso un colloquio con Biden: l’Indonesia ha fatto sapere che ci sarà anche Zelensky, ma non ci sono state conferme da parte dell’Ucraina. Ai leader del G7, il presidente ucraino ha detto di non avere opportunità diplomatiche perché il capo del Cremlino crede solo nel terrore. Chi invece rimane convinto della possibilità di una mediazione è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che giovedì incontrerà Putin ad Astana e la guerra sarà uno degli argomenti dei colloqui.    

 

L’analista russo Alexander Gabuev in un articolo pubblicato sul Financial Times non ha escluso che le opportunità migliori per  la diplomazia potrebbero venire fuori proprio nel momento più drammatico, ma la parte più interessante del suo commento è anche la  più disillusa: dei colloqui futuri, anziché a una soluzione globale, potrebbero portare soltanto un armistizio.
 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.