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L'Fbi a casa di Trump riporta i riflettori dell'America su di lui

Stefano Pistolini

Le perquisizioni delle ultime ore nella residenza del tycoon a Mar-a-Lago hanno lo scopo di cercare documenti che l'ex presidente avrebbe portato via dalla Casa Bianca. Gli Stati Uniti guardano al leader repubblicano in vista del 2024

La morale è che la prima volta, nel 2016, Donald Trump imboccò la pista di decollo che lo depositò nello Studio Ovale cogliendo tutti di sorpresa e che quando gli avversari lo presero sul serio, ormai era tardi. Stavolta è differente: sebbene Trump non abbia mai ufficializzato la volontà di correre nuovamente per la presidenza, tutti i riflettori sono su di lui e su ciò che gli avversari di ieri e di oggi sono pronti a mettere in atto per rendere vane le sue aspirazioni. In questa diatriba, destinata a montare fino a diventare la principale, se non l’unica, narrativa della politica americana, ci finiscono anche gli avvenimenti delle ultime ore, a cominciare dal raid dell’Fbi nella sua residenza di Mar-a-Lago, mentre Trump si trovava a New York City, dov’è rientrato dopo il lungo esilio successivo alla sconfitta elettorale.

 

Le motivazioni della perquisizione non sono ancora note e non è chiaro se siano legate all’inchiesta del dipartimento di giustizia sul ruolo di Trump nella rivolta del 6 gennaio. Le fonti parlano di una ricerca di documentazioni che Trump avrebbe portato con sé dalla Casa Bianca e che avrebbero dovuto essere secretate. Eric, il figlio di Donald, ospite di “Hannity” su Fox News l’ha messa così: “Ci hanno detto che i National Archives volevano capire se mio padre fosse in possesso di certi documenti”. Nel suo comunicato l’ex-presidente ha drammatizzato l’irruzione: “Sono tempi bui per la nazione se la mia bella casa è stata posta sotto assedio, invasa e occupata da un plotone di agenti dell’Fbi. Dopo aver collaborato con le agenzie governative, questo raid non era né necessario né appropriato. È una condotta persecutoria, che strumentalizza il sistema giudiziario, un attacco della sinistra radicale che cerca di fermare la mia corsa per la presidenza nel 2024”.

 

Concludendo: “Mi hanno perfino scassinato la cassaforte!”. Se l'atmosfera era calda per via dell’inchiesta sul ruolo di Trump nel tentativo di ribaltare gli esiti del voto elettorale, adesso si può parlare di guerra aperta. Kevin McCarthy, leader repubblicano alla Camera, si è incaricato di raccogliere la sfida: “Ho visto abbastanza”, ha dichiarato. “Siamo arrivati a livelli intollerabili di aggressione politica”. E ha annunciato I molti temi su cui i repubblicani, se a novembre dovessero tornare maggioranza, apriranno inchieste parlamentari, dalle modalità del ritiro delle truppe in Afghanistan alle malefatte di Hunter Biden: “Guarderemo sotto ogni pietra”.

 

Del resto, per giustificare un’azione senza precedenti come questa, serve un giudice federale che autorizzi la perquisizione. Il che significa che nel corso delle indagini è emersa la possibile esistenza di un crimine commesso dall’ex-presidente le cui prove fossero nascoste a Mar-a-Lago. Jim Jordan, membro repubblicano della commissione Giustizia della Camera, ha annunciato un’interrogazione sui fatti per venerdi, ma ormai il dado è tratto e dagli scranni repubblicani si invoca il taglio dei finanziamenti all’Fbi, accusata di agire a fini politici. Ron DeSantis ha ironizzato: “Il prossimo passo sarà scatenare contro di noi gli ispettori fiscali. Siamo diventati una repubblica delle banane”. In questa atmosfera surriscaldata cala come sale sulla piaga l’annuncio dell’ennesimo libro-scandalo su Trump: “Confidence Man: The Making of Donald Trump and the Breaking of America", della corrispondente dalla Casa Bianca del New York Time Maggie Haberman, uscirà solo il 4 ottobre, ma le anticipazioni l’hanno già trasformato in un’arma impropria contro le ambizioni dell’ex-presidente.

 

Tra le molte cattive abitudini di Trump nei suoi anni alla Casa Bianca, il libro della Haberman dedica infatti ampio spazio al suo vizio di distruggere impropriamente documenti destinati agli archivi, liquidandoli vecchio stile, ovvero buttandoli nel water senza peritarsi che lo scarico li facesse sparire per sempre. La Haberman ha messo in circolazione alcune foto in cui si vedono manoscritti presidenziali sul fondo di un gabinetto.

 

“Bisogna essere disperati, se si cerca pubblicità pubblicando foto di un cesso”, ha commentato Taylor Budowich, portavoce di Trump. Ma l’episodio è solo l’ennesima spia del fatto che i prossimi due anni della politica americana ruoteranno tutti attorno al ciuffo del tycoon, alle sue mosse e all’ossessione che il paese nutre per lui. Comunque sotto il segno della preoccupazione: sono angosciati gli avversari di fronte alla prospettiva del suo riaffiorare. E sono affranti i compagni di partito, vicini a realizzare come l’America non riesca, o non possa, stare senza Trump.

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