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profondo russo

L'economia russa crolla, ma meno del previsto

Federico Bosco

Le sanzioni colpiscono duro l’industria come aveva previsto ad aprile la governatrice della Banca centrale russa Elvira Niabullina. Con il calo delle esportazioni soffre anche il settore dell'energia 

All’inizio di questa settimana il Fondo monetario internazionale ha pubblicato le nuove previsioni di crescita per il 2022, stimando per la Russia una contrazione del Pil del 6 per cento, due punti e mezzo percentuali meno profonda rispetto all’8,5 stimato ad aprile. La revisione al rialzo del crollo dell’economia russa ha dato qualche argomento a chi sostiene che le sanzioni non stiano funzionando, e a chi vuole parlare di “guerra di logoramento economico” mettendo sulle stesso piano l’economia russa e quelle occidentali.

 

Le due realtà però non sono paragonabili, né per l’entità della crisi, né per le possibilità di superarla. Nelle previsioni dell’Fmi le economie dell’Unione europea cresceranno: l’Italia del 3 per cento, la Francia del 2,3 e la Germania dell’1,2. A crescere anche Stati Uniti (+2,3) e Regno Unito (+3,2); e dall’altra parte del mondo la Cina (+3,3) alle prese con le restrizioni della politica zero Covid, e l’India (+7,4). Al contrario, secondo i dati del ministero dell’Economia russo già a giugno il pil ha segnato un -4,9 per cento, dopo il -4 di maggio e il -3 di aprile, un dato che se osservato partendo dal +6 per cento di gennaio – prima cioè dell’invasione dell’Ucraina – mostra un crollo di 11 punti in sei mesi. Nello stesso periodo anche l’Italia ha subito un rallentamento rispetto alle previsioni ante guerra, ma di meno di un punto. La Germania, alle prese con una crisi più incisiva, di 2-3 punti. La realtà dell’eurozona e delle economie occidentali non ha niente a che vedere con quella della Russia.

 

Era aprile quando la governatrice della Banca centrale russa Elvira Niabullina disse alla Duma che l’economia doveva prepararsi a tempi duri, e a una “profonda trasformazione strutturale” causata dall’esaurimento delle scorte. Le cose stanno andando effettivamente così. Alcuni analisti stimano che ad aprile le importazioni in alcuni settori sono diminuite fino all’80 per cento rispetto all'anno precedente, segno che l’economia sta letteralmente soffocando. Ciò ha ripercussioni dirette sulla produzione industriale. Mercoledì l’istituto di statistica russo Rosstat ha presentato i dati di giugno 2022, con numeri che offrono una visione più chiara di cosa significhino mancanza di componenti e strozzature nella logistica. Rispetto all’anno precedente la produzione di auto segna -89 per cento, lavatrici -58, autocarri -40, frigoriferi -52. In crisi anche la produzione di prodotti chimici come l’ammoniaca (-21 per cento) e il potassio (-32). Non va meglio nell’elettronica, con un -39,6 per cento nella produzione di semiconduttori, senza i quali è impossibile produrre quel che serve a un’economia avanzata.

 

Il percorso della “trasformazione strutturale” verso il “nuovo modello” di cui parlava Nabiullina ad aprile non è neanche iniziato. A soffrire anche il settore dell’energia, che per Mosca rimane altamente proficuo grazie ai prezzi di mercato alti. Secondo le stime del Cremlino viste dal quotidiano russo Vedomosti, a giugno le esportazioni di petrolio e gas sono calate in modo significativo. In termini fisici i volumi dell’export di petrolio sono diminuiti del 13 per cento rispetto a maggio, mentre le esportazioni di gas si sono ridotte di circa un quarto rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (ma con utili più che triplicati). 

 

Tuttavia, la domanda sull’efficacia delle sanzioni rimane, ma la risposta dipende da cosa si intenda per “efficacia”. La Russia è in recessione, con un’economia stritolata che vedrà declinare la qualità, la quantità e l’efficienza delle produzioni di alta tecnologia, meccanica avanzata, e anche la sua capacità di produrre armamenti e portare avanti la guerra in Ucraina e altre attività di destabilizzazione. Da questo punto di vista le sanzioni sono efficaci, con effetti non solo immediati ma anche di lungo periodo. Se invece si misura il risultato delle sanzioni con la capacità di far cambiare idea a Vladimir Putin, la risposta è negativa. Ma ciò comunque vuol dire che ridurne le risorse a disposizione e la capacità offensiva attraverso sanzioni e isolamento diplomatico è ancora più necessario.

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