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gli effetti della guerra

La crisi ucraina e russa a confronto. La differenza la fanno gli alleati

Giorgio Arfaras

La diversità fra le due economie risiede nel rapporto con l’estero. L'occidente continua a sostenere Kyiv, permettendo al paese di andare avanti nonostante le ingenti spese e le scarse entrate, e al contempo usa le sanzioni per indebolire il Cremlino. Le prospettive di Putin e quelle di Zelensky

Non sono pochi quelli che pensano che l’impatto sulla Russia della guerra in corso sia di modesto tenore. Secondo il loro ragionamento, la Russia non sta, nonostante le sanzioni, soffrendo troppo, mentre l’Europa, a causa della sua dipendenza dalle materie prime importate, sta soffrendo fin da subito per il loro costo crescente, ma forse soffrirà di più quest’inverno, quando verranno tagliate le forniture di gas. Non sono pochi, anzi spesso sono le stesse persone, quelli che pensano che la guerra non ha avuto ancora un vincitore, ma che questo non sarà, per l’evidente disparità di mezzi, l’Ucraina. La quale si è imbarcata in una lotta militare ed economica impari. Il suo vero interesse, di conseguenza, dovrebbe essere la ricerca della pace. Questo punto di vista condiviso non da pochi ha una qualche ragionevolezza non fosse che, al di là delle considerazioni politiche dubbie, perché trova lecita l’aggressione di uno stato sovrano per non limitare il nostro benessere, è debole sotto il profilo di come sono messe davvero le cose.

Nel caso della Russia le statistiche veritiere sull’economia, che in passato erano sia ricche sia trasparenti, lo sono sempre meno da quando c’è la guerra. Accade però che ad avere la capacità di cercarle e di elaborarle le si trova. Lo Yale Chief Executive Leadership Institute le ha appena pubblicate. Un inciso: le battaglie di Aleksei Navalny contro la corruzione erano un tempo possibili anche perché poteva frugare in un catasto completo e trasparente.

 

Emerge dalle prime pagine del lavoro di Yale una sottile differenza rispetto a quanto dichiarano le fonti ufficiali russe e a quanto affermano quelli convinti che le sanzioni non mordono. Qual è l’origine della differenza? Le previsioni ufficiali sono estrapolate a partire dai primi tempi della guerra quando le sanzioni non erano state ancora decise nella loro interezza. Facendo così, si ha una stima di un andamento smussato dell’economia, perché nei primi mesi nessun grande impatto negativo si era manifestato. Partendo, al contrario, dai dati dei mesi seguenti, da quelli che mostrano gli effetti delle sanzioni e delle imprese occidentali che si ritirano, i risultati cambiano, e, come immaginabile, decisamente in peggio.

Chi va in Russia e gira per Mosca, va al ristorante, dove si mangia bene, dorme in un albergo di alta qualità trova che il benessere dei russi, ma solo di quelli che incontra, è circa lo stesso del passato. Il che è vero. Forse non gli capita di avere a che fare con i prezzi dei beni tecnologici e dei servizi ospedalieri i cui prezzi sono saliti del 50 per cento. Forse non osserva la caduta delle costruzioni immobiliari, che si sono dimezzate, perché vive in immobili già costruiti. Così come non gli capita di comprare un’auto di nuova produzione priva di cinture di sicurezza, e neppure si chiede quanto costa un’auto usata. Ignora anche l’impatto delle imprese estere che si sono ritirate: sono mille e occupavano cinque milioni di persone. Andando sulle cose che non si osservano con gli occhi, il nostro ignora che il Cremlino – per tenere in piedi il sistema – sta svuotando il cospicuo fondo statale che aveva accumulato in vista dei giorni peggiori. Eppure il rublo non risente delle molte vicende negative svalutandosi, anzi si rafforza, ma questo avviene perché chi incassa valuta pregiata deve cederla contro rubli e chi vuole comprarla non può. Dunque la sua forza è fittizia perché il mercato dei cambi non è libero.

 

La Russia è molto mal messa, ma lo è altrettanto, e per ragioni diverse, l’Ucraina. Allo scoppio dell’aggressione il suo pil è crollato, poi si è ripreso appena si è visto che Kyiv non era stata occupata in pochi giorni. Pur riprendendosi, è rimasto ben al di sotto il livello ante guerra. Da un pil disastrato le imposte che si possono trarre sono ben poche, intanto che la spesa militare è esplosa, con le altre uscite dello stato, come la sanità, che sono rimaste invariate. Da questa combinazione – molte spese e poche entrate – è sorto un gran deficit, pari al 20 percento del pil. Per inciso, la crescita delle entrate legate alla ripresa delle esportazioni di grano non copre il deficit se non in minima parte.

 

Ovunque il deficit può essere finanziato emettendo delle obbligazioni comprate dai privati, oppure comprate dalla banca centrale. E’ difficile che i privati vogliano il debito di un paese povero e pure in guerra, mentre la Banca centrale, che non ha vincoli di redditività, può farlo. La Banca centrale che compra i titoli di nuova emissione crea moneta, e questa moneta si aggiunge a quella in circolazione. Se, invece, i privati comprano le obbligazioni, la loro moneta va al Tesoro, e non si crea nuova moneta. Si ha quindi un limite agli acquisti di titoli di nuova emissione da parte della Banca centrale, che è quello di alimentare l’inflazione. Al problema del finanziamento interno si aggiunge in Ucraina quello del finanziamento estero. La Banca centrale sta esaurendo le riserve, e quindi in pochi mesi non avrà più abbastanza valuta per finanziare le importazioni.

 

Segue che i conti in Ucraina si chiudono solo con l’intervento estero. A oggi su 40 miliardi di aiuti deliberati sono arrivati poco meno di 15 miliardi. Ultimamente il pagamento del debito estero acceso in passato è stato di comune accordo posposto. Da quanto fin qui detto emerge l’importanza massima, oltre all’invio di armi, dell’aiuto finanziario da parte dell’estero. Senza il quale l’Ucraina non saprebbe, oltre a come poter combattere, anche a come chiudere il bilancio dello stato in deficit e del commercio estero privo di finanziamento. Senza l’aiuto dell’estero l’Ucraina si troverebbe, per mancanza di mezzi, a dover scegliere fra condurre la guerra con armi proprie e la sanità. Potrebbe non arrendersi e  andare avanti con una guerra partigiana.

 

La differenza fra l’economia russa e quella ucraina è nel rapporto con l’estero. Nel caso russo l’estero cerca di indebolirla, nel secondo cerca di aiutarla. E’ un negoziato politico. Indebolita in modo strutturale per mancanza di tecnologie, per la fuga di cervelli, e per il futuro taglio all’importazione di materie prime, la Russia potrebbe rinunciare ai sogni imperiali. Rafforzata, invece, con le armi e con l’aiuto finanziario, l’Ucraina diventerebbe, grazie allo sviluppo economico e civile, sia un membro a pieno titolo dell’occidente sia il magnete che attrae la Russia fuori dall’autocrazia. L’Ucraina come magnete è forse la vera ragione dell’aggressione. Questa strategia – in linguaggio finanziario la si etichetterebbe come “corti” di Russia e “lunghi” di Ucraina – può funzionare solo se in occidente non si manifesta un periodo di minor tensione politica che spingerebbe ad allentare la presa sulla Russia e l’aiuto all’Ucraina.

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