Cosa vuole ottenere lo stato francese dal controllo di Edf

Mauro Zanon

La nazionalizzazione del colosso dell'energia fondato nel 1946 a Parigi per “avere il pieno controllo dell’elettricità e della sua performance”. Un asset fondamentale nel pieno della crisi energetica scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina

Parigi. Diciassette anni dopo il suo ingresso in Borsa, Électricité de France (Edf), il colosso dell’energia francese presente in Italia con il controllo di Edison, torna alle origini. Ieri, attraverso un comunicato del ministero dell’Economia, lo stato francese ha annunciato un’offerta pubblica di acquisto per nazionalizzare Edf: 9,7 miliardi di euro, pari a 12 euro per azione. Il prezzo dell’Opa per il controllo totale della società rappresenta un premio del 53 per cento rispetto alle quotazioni registrate lo scorso 5 luglio, il giorno prima che il primo ministro Élisabeth Borne confermasse l’intenzione di nazionalizzarla, e del 34 cento rispetto al prezzo dei dodici mesi precedenti. “Questa operazione fa seguito al discorso di politica generale pronunciato al Parlamento dal primo ministro”, ha commentato Bruno Le Maire, ministro dell’Economia francese, prima di aggiungere: “Rafforza l’indipendenza energetica della Francia, dà a Edf i mezzi necessari per accelerare l’attuazione del nuovo programma nucleare voluto dal presidente della Repubblica e lo sviluppo delle energie rinnovabili in Francia. Edf può contare sul pieno sostegno dello stato per questo progetto industriale senza precedenti da 40 anni a questa parte”. Più volte rinviata durante il precedente quinquennio, la nazionalizzazione di Edf, attualmente controllata all’84 per cento dallo stato francese, è diventata una necessità impellente dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. 

 

Il premier Borne, lo scorso 6 luglio, aveva già insistito molto nel suo discorso all’Assemblea nazionale sul bisogno per lo stato di “avere il pieno controllo dell’elettricità e della sua performance”, sottolineando che “questa evoluzione permetterà a Edf di rafforzare la sua capacità di realizzare nel più breve tempo possibile dei progetti ambiziosi e indispensabili per il nostro futuro energetico”. Borne aveva anche utilizzato a più riprese la formula “energia sovrana” per evidenziare quanto Edf fosse fondamentale come asset nel pieno della crisi energetica scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina. Sottrarre Edf dalle logiche di mercato, riconsegnandola alle mani pubbliche, permetterà inoltre a Parigi di ristrutturare con meno difficoltà un gruppo fortemente indebitato (entro il 2022, il debito potrebbe raggiungere i 65 miliardi di euro), decidere liberamente nuove misure per contenere l’aumento dei prezzi e proteggere dunque il potere d’acquisto dei francesi, e infine accelerare lo svecchiamento del parco nucleare nazionale. 

 

L’inquilino dell’Eliseo, lo scorso febbraio, aveva annunciato la costruzione di sei reattori di nuova generazione Epr, che potrebbero progressivamente salire a quattordici, per la “rinascita dell’industria nucleare francese”. I lavori inizieranno nel 2028, secondo le stime dell’esecutivo, con l’obiettivo di rendere operativi i primi sei reattori entro il 2035. Attualmente, più della metà dei cinquantasei reattori francesi sono fermi per lavori di manutenzione o problemi di corrosione apparsi di recente, e Edf ha dovuto far fronte anche a ritardi e aumenti dei costi nella costruzione delle nuove strutture (il caso più eclatante è quello del reattore Epr di Flamanville, non ancora terminato: è già costato 12,7 miliardi di euro rispetto ai 3,3 previsti, e ha accumulato più di undici anni di ritardo). La nazionalizzazione di Edf, fondata nel 1946 a Parigi, permetterà inoltre all’esecutivo di rimettere sui binari il progetto di riforma della compagnia, messo in sordina durante lo scorso quinquennio dinanzi alla vigorosa opposizione dei sindacati. Ribattezzato inizialmente “Hercule”, e in seguito “Grand Edf”, il piano prevedeva la separazione delle attività del gruppo in diverse entità, una delle quali integralmente dedicata al nucleare. Come riportato dal quotidiano economico Les Echos, la nazionalizzazione permetterebbe infine a Parigi di essere in una posizione più favorevole nella trattativa con Bruxelles per la riforma del prezzo regolamentato dell’elettricità nucleare (dispositivo Arenh).