(Foto di Ansa) 

La staffetta di Yair Lapid, gran promotore del dialogo in una politica di porte chiuse

Claudia Cavaliere

Il leader del partito di centro e liberale subentrerà al primo ministro Naftali Bennet, nella gestione della transizione fino alla formazione del prossimo esecutivo

Quando il presidente americano Joe Biden visiterà Israele a metà luglio, ad accoglierlo ci sarà quello che fino a lunedì è stato tra i principali promotori e il ministro degli Esteri dell’alleanza di governo più eterogenea della storia del paese, Yair Lapid. Questo ambizioso progetto di coalizione di otto partiti – di destra, centro, sinistra e uno arabo – voterà lo scioglimento del Parlamento entro la fine di giugno poiché non è riuscito a superare lo stallo politico degli ultimi mesi. I dissapori interni sono culminati, due settimane fa, nell’incapacità di rinnovare la legge sull’applicazione delle leggi israeliane agli abitanti degli insediamenti della Cisgiordania, anche a causa dell’ex premier Benjamin Netanyahu che aveva come obiettivo proprio la caduta del governo. 


Lapid, leader del partito di centro e liberale Yesh Atid (C’è un futuro) fondato nel 2012 e che nelle elezioni dell’anno successivo divenne a sorpresa il secondo partito dopo il Likud di Netanyahu, subentrerà al primo ministro, Naftali Bennett, nella gestione della transizione fino alla formazione del prossimo esecutivo. Dopo una carriera da attore, giornalista e scrittore, Lapid ha scelto la politica attiva, seguendo le orme del suo celebre padre, Yosef Lapid, sopravvissuto all’Olocausto, capo di un partito centrista e ministro della Giustizia, mentre sua madre Shulamit Lapid  è una nota scrittrice.  “Anche se andremo alle urne tra pochi mesi, le nostre sfide come paese non possono aspettare. Dobbiamo affrontare l’aumento del costo della vita, portare avanti la lotta contro Iran, Hamas e Hezbollah, affrontare le forze che minacciano di rendere Israele uno stato non democratico. Mi complimento con Bennett per la responsabilità che rivela, per il fatto che antepone l’interesse di Israele al proprio”, ha scritto Lapid sul suo profilo Twitter dopo la conferenza stampa congiunta con Bennett, durante la quale in uno sforzo di continuità hanno elencato gli obiettivi raggiunti in questo anno di governo: approvazione di un bilancio dopo tre anni, nuove nomine amministrative, consolidamento dello stato nella regione e all’estero.

 

Il mandato di formare il nuovo governo a Lapid – coi suoi 17 seggi dopo le elezioni di marzo 2021 – è arrivato nel maggio scorso dopo l’ultimo tentativo fallito di Netanyahu di trovare la quadra: ciò che ha mosso il leader del partito moderato è stato rimettere al centro il concetto di unità israeliana, dopo la longeva esperienza di Netanyahu. In un’intervista, spiegando la sua politica interna, Lapid ha detto: “Dobbiamo essere una democrazia occidentale: vibrante, vitale, intelligente, tecnologica, totalmente pro globalizzazione e ottimista in termini di capacità di cambiare le cose. Ciò di cui abbiamo bisogno è un governo che pensi che il suo compito non sia descrivere in modo eloquente i problemi che abbiamo, ma andare là fuori e risolverli”. Ma questo disegno si è scontrato con le sue stesse contraddizioni: un governo la cui principale intenzione era quella di estromettere dalla vita politica di Israele Netanyahu avrebbe avuto difficoltà a trovare un terreno comune partendo da programmi contrastanti e visioni opposte. Nonostante le intenzioni di Lapid, un leader convinto della forza del dialogo e dell’occasione storica che si è perduta. 

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